kaponord ha scritto:
...ritorna l'annoso concetto del rispetto delle regole che è difficile digerire...
Sul fatto che sia "annoso" non piove. Per me è uno dei punti chiave in assoluto.
Come tutte le questioni annose,
non è di facile soluzione e non può essere affrontata a suon di posizioni estremiste, sempre che la soddisfazione non stia proprio in queste ultime.
Ipotizzare una società priva di regole, in cui ciascuno sia sempre e comunque libero di esercitare come meglio crede il proprio arbitrio, è ovviamente insensato, per lo meno fino a quando parliamo di una società di esseri umani.
L'approccio opposto, ossia il dogma secondo cui la brava e onesta persona sempre e comunque diligentemente rispetta qualsivoglia regola [equa o iniqua, sensata o assurda, onesta o spudoratamente "di parte", leale o sleale, nata nell'interesse della collettività o nell'interesse (economico, ideologico ...) di questa o quella parrocchia], non mi sembra molto migliore, in quanto a sensatezza.
Quindi, estremismi ed esaltazioni a parte, si viaggia in una posizione intermedia, cercando con più o meno impegno e convinzione un compromesso tra quello che ci fa(rebbe) personalmente comodo e quello che sappiamo (o dovremmo sapere) che è giusto.
Credo che nessuno ami essere castigato o penalizzato, ma credo anche che l'accettazione di un castigo sia tanto più verosimile quanto più il castigo è percepito come sensato e ragionevole e quanto più è degna la persona che tale castigo appioppa.
Più ci si allontana da questo, meno "rispettabili" diventano le regole e i loro inventori, con le ovvie conseguenze.
Ecco, a me piacerebbe che questa consapevolezza esistesse e facesse visibilmente parte degli ingredienti fondamentali di qualsiasi legge e anche del modo in cui le persone si comportano e parlano e scrivono nella vita di tutti i giorni. Mi pare invece che quell'ingrediente venga usato sempre meno, quasi togliesse alle pietanze il loro sapore più appetitoso.