Quella certa paura di diventare minoranza.........
Quella certa paura di diventare minoranza.........
E' la stessa paura che chiede 2 Stati etnicamente e religiosamente divisi e sovrani in Terra Santa (Israele e Palestina).
E' la stessa paura che pervade il Sud-Ovest degli Stati Uniti d'America, quando parlano degli Ispanici e dei Chicanos (Caraibici, Sud-Americani e Messicani), che potrebbero diventare maggioranza e far secedere il Sud-Ovest degli Stati Uniti d'America per unirsi al Messico.
E' la stessa paura che interessa quegli Stati oggetto di importanti flussi immigratori.
La paura irrazionale che viene instillata per guadagnare un ritorno politico ed un appoggio elettorale, sia sul piano semplicemente nazionale, di ogni singolo paese, che sul piano internazionale all'interno di una comunita' di paesi.
La paura di venir soverchiati dal numero era una paura tipicamente Israeliana, che si e' irragionevolmente trasmessa in tutti i paesi che sono interessati da flussi immigratori piu' o meno importanti.
I flussi immigratori vanno naturalmente a diminuire e cessare nel corso degli anni, generalmente. Gli immigrati ed i loro figli tendono ad acquisire gli usi e costumi dei paesi dove vanno a risiedere arricchendoli con la propria cultura e tradizione, rimanendo nostalgicamente legati ad una patria fatta di usi e costumi che e' il loro passato, ma che e' anche un paese che non esiste piu', perche' e' modificato dal corso del tempo e dalle mutazioni del progresso, o regresso, che nel frattempo sono intervenute.
Piccolo pensiero sulla irragionevole paura degli stanziali nei confronti dei migranti, siano essi persone che partono o che arrivano, comunque la diffidenza che suscitano nel paese di arrivo e' pari a quella che suscitano nel paese che lasciano.
Il migrante diventa straniero nel momento stesso in cui decide di partire, ed ancor prima probabilmente, perche' diventa diverso, perche' esprime un'azione che pochi altri mettono in atto, o sognano realmente.
Il migrante quando parte perde la cittadinanza del suo proprio paese, non la cittadinanza politica, ma quella che lo lega al suo ambito natale, alla comunita' locale a cui appartiene, una famigliarita' che diverra' sempre piu' lontana nel corso del tempo, anche se continuera' a tornare al luogo di origine per periodi piu' o meno lunghi.
Il migrante e' sempre stato nel corso della storia straniero 2 volte, si e' sempre ritrovato solo all'interno di comunita' di migranti come lui medesimo, esprimendo la stessa Saudade.
Il migrante e' un marinaio che insegue sogni e realta' possibili e migliori, un sognatore che crede nella possibilita' di cambiare non solo la propria vita, ma anche il mondo.
Qualche volta stranieri si nasce, qualche volta lo si diventa.
20-28/2/2004
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Dittatura e Democrazia.
Partendo dall'assioma che la Democrazia non e' esportabile, e' evidente che vi deve essere un desiderio nascente ed originario, in quei paesi che esprimono delle Dittature, per poter parlare di esportazione di Democrazia. La Democrazia non puo' essere imposta muovendo guerra ad uno Stato tramite violenti atti bellici che colpiscono la popolazione del paese oggetto di tale aggressione. Il sentimento popolare da ostile alla dittatura muta in indifferenza, sia verso il regime politico, che verso l'esportatore/aggressore. Susseguentemente, data la permanenza dell'esportatore/occupante sul territorio, dati i problemi che un occupazione militare e le problematiche post-belliche comportano, il sentimento naturale di opposizione alla Dittatura, che esprimeva un nascente desiderio, se non di Democrazia, di cambiamento, si dirige contro l'occupante. L'occupante viene visto come un nemico allo stesso modo del Dittatore se permane nel territorio non dando seguito velocemente ai desideri di cambiamento, se non di Democrazia compiuta, che il popolo aveva espresso sotto il precedente regime. L'istanza di Democrazia sul breve e medio periodo viene sostituita da una istanza di indipendenza rispetto alla occupazione militare, dando origine ad una guerra di liberazione dall'occupante, che di fatto vanifica tutti i progetti di breve permanenza sul territorio. La velocita' con cui un esercito vittorioso riesce a ripristinare il sistema civile, istituzionale, di un paese occupato, e' la condizione che determina lo spartiacque tra una guerra finita ed una ancora da concludere. Se il popolo del paese occupato da origine ad una guerra di liberazione, anche con forme non violente, e' evidente che con quel paese permarranno, o si ripeteranno, condizioni di ostilita' sul medio o lungo periodo.
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Il processo attualmente in atto, che trova la sua formulazione nel terrorismo, ha come obbiettivo la distruzione delle istituzioni di controllo statali, in qualunque ambito territoriale esse si esprimano. Da una parte (Europa, Caucaso) si ricerca la parcellizzazione dello stato attraverso la conquista od il raggiungimento di autonomie locali sempre piu' spinte, fino alla completa indipendenza di regioni o province. In ambito Musulmano si ricerca il raggiungimento di una unita' sovranazionale vastissima, incapace attraverso le sue istituzioni di esercitare la potesta' giuridica, su estensioni territoriali troppo grandi ed etnicamente differenti. E' un processo che mischia Anarchia e nazionalismo, avendo come obbiettivo la distruzione dell'entita' statale, ma anche la distruzione del nazionalismo e dell'anarchismo, essendo riconducibile, in ultima istanza, a parcellizzazioni a livello di clan e tribu', che sono l'opposto dell'anarchia e del nazionalismo classici. La spinta e' verso un neo-feudalesimo egoista e settario che consenta di raggiungere i massimi vantaggi particolari possibili in un mondo che globalizza a livello tecnologico e finanziario. E' un processo molto piu' pericoloso di quello che porta alla formazione del capitalismo selvaggio, in quanto e' espressione di un Liberal-capitalismo deviato e spinto sulla strada della ricerca dell'indebolimento dello stato che e' concorrente, antagonista e regolatore del mercato-capitalista. Si assiste allo scontro fra lo stato ed il capitale in quanto entita' antagoniste. Il capitale vuole far regredire le istituzioni di controllo ad un livello feudale garantendosi la completa supremazia planetaria.
La entita' territoriale piccola non ha potere contrattuale rispetto al grande capitale, quindi diviene succube e sottomessa.
La entita' territoriale troppo vasta e' impossibilitata ad esercitare la potesta' giuridica necessaria senza diventare un peso economico eccessivo per i cittadini, deve quindi lasciare il campo quasi totalmente libero alla libera iniziativa, anche in questo caso il grande capitale acquisisce la liberta' d'azione che ricerca.
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C'e' latente un sentimento di paura che non ha alcuna ragione d'esistere, almeno per quel che riguarda la penisola italiana. Le linee strategiche dell'espansionismo arabo-islamico prevedono, come nei secoli passati, di chiudere il BACINO DEL MEDITERRANEO ad OVEST ed a NORD della penisola italiana. Questo significa che la penisola italiana non e' considerata un fronte principale, ma solo un area secondaria o di retrovia su cui alloggiare in attesa di aver completato l'accerchiamento ad OVEST (penisola Iberica e Francia), proiettandosi poi lungo le pianure settentrionali per chiudere la partita. Chi ha studiato un po' la storia, seguito le gesta dei pupi, ricordera' Roncisvalle sui Pirenei. Neanche durante la Seconda Guerra Mondiale la penisola italiana e' stata il fronte principale dello scontro con le forze Nazi-Fasciste che dominavano l'Europa. Quando gli Alleati Anglo-Americani hanno voluto sconfiggere la Germania sono sbarcati prima in Normandia, poi nei pressi di Marsiglia, per quello che era la parte occidentale di loro competenza. La penisola italiana non ha alcun valore strategico se si considera una manovra a largo raggio che porti ad una vittoria globale e non parziale. Non troverete documenti relativi ad organizzazioni che si occupano di predisporre la pianificazione della strategia, in quanto tutto nelle linee principali e' gia' nei libri di storia da centinaia di anni. La penisola italiana viene considerata come un caco che, quando sara' completato l'accerchiamento, cadra' dall'albero, l'unico sforzo sara' quello di raccoglierlo.
L'unica salvezza per la penisola italiana e' diventare la sponda occidentale dei Balcani, sviluppando con i paesi ad EST dell'Adriatico stretti rapporti di collaborazione, una fitta rete di comunicazioni e mutuo soccorso.
Non c'e' in atto nessuna invasione della penisola italiana, perche' essa non rappresenta un elemento importante compreso nella strategia di arabizzazione del bacino del Mediterraneo. La penisola italiana non ha, nel processo in atto, quel ruolo strategicamente importante che aveva all'epoca della guerra fredda, in quanto si trova esattamente al centro del bacino Mediterraneo.
La penisola assume su di se solo un valore logistico secondario nell'economia della strategia messa in atto. Dalla parte EST del bacino Mediterraneo le uniche strade percorribili sono lo sbarramento del Caucaso e l'attraversamento della Turchia proiettandosi fino a Vienna. Anche in quest caso la penisola italiana non assume un valore strategicamente importante. I luoghi ove si combatte questo tipo di scontri sono e saranno tutti periferici rispetto ad una visione italocentrica tipica degli abitanti della penisola legati a concetti tattici tipici della 2.a G.M./W.W. e della Guerra Fredda. Non e' un caso che le piu' forti correnti migratorie si dirigano verso le zone Ovest e Nord dell'Europa.
La paura ed il terrore che alcuni spargono tra la popolazione servono solo a stressarla, agitarla, non permettendo una lucida e serena analisi di quanto in realta' accade, consentendo di vivere con la necessaria tranquillita' e serenita' il momento presente. Puo' sembrare follia, ma chiudere il bacino e' l'unico modo che hanno per arabizzarlo, ieri come oggi. Il Nazi-Fascismo ha perso la 2.a G.M./W.W. quando si e' fermato ai Pirenei, evitando di chiudere la porta di Gibilterra.
Detto questo spererei che la gente vivesse all'interno della penisola in modi piu' tranquilli e sereni, evitando di inseguire fantasmi ed incubi che non le appartengono. La componente filo-israeliana della penisola e' legata ad una visione strategica italocentrica che non ha alcun senso quando l'obiettivo e' quello di conquistare per intero il bacino Mediterraneo, possibilmente senza realizzare uno scontro nucleare. La partita e' soprattutto politica e non militare. Le rotte che da Israele portano agli U.S.A. e viceversa passano attraverso la penisola Iberica, la Francia e la Gran Bretagna; chiudere sulla penisola italiana non raggiunge nessuna vittoria tattica o strategica anche se si guarda solamente alle sole problematiche Israelo-Palestinesi. Statteme buoni tutti quanti e nun scucciate che tanto almeno stavolta nun e' affare nostro.
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Le dittature, vivendo in uno stato di quarantena rispetto al resto della comunita' internazionale, si trovano ad essere in un costante stato difensivo.
Nel momento in cui cessano di essere dittature e diventano dei paesi liberi, cessano di essere isolate dal resto della comunita' internazionale.
Cambiando l'orientamento politico delle leadership, i punti di attrito con altri membri della comunita' internazionale rimangono costanti quando sono uno orientamento popolare, determinato dalla appartenenza etnica e culturale ad un gruppo sovranazionale.
Di conseguenza il paese che riconquista la liberta' non cessa di rappresentare un pericolo per coloro che con esso hanno in corso controversie, diviene, semmai, uno antagonista piu' pericoloso, in quanto non piu' al bando rispetto alla comunita' internazionale.