<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Poesia | Page 17 | Il Forum di Quattroruote

Poesia

Dovunque vai con teco porti il cesso,
oi buggeressa vecchia puzzolente,
che quale-unque persona ti sta presso
si tura il naso e fugge inmantenente.
Li dent'i-le cengie tue mènar gresso,
chè li taseva l'alito putente;
le selle paion legna d'alcipresso
inver' lo tuo fragor, tant'è repente.
Ch'è par che sapran mille monimenta
quand'apri il ceffo: perchè non ti spolpe
o ti rinchiude, si ch'om non ti senta?
Però che tutto il mondo ti paventa:
in corpo credo figlinti le volpe,
ta.lezzo n'esce fuor, sozza giomenta.

I poeti giocosi del Ducento.
 
Piangete, amanti, poi che piange Amore,
udendo qual cagion lui fa plorare.
Amor sente a Pietà donne chiamare,
mostrando amaro duol per li occhi fore,
perchè villana Morte in gentil core
ha miso il suo crudel adoperare,
guastando ciò che al mondo è da laudare
in gentil donna sovra de l'onore.
Audite quanto Amor le fece orranza,
ch'io 'l vidi lamentare in forma vera
sovra la morta imagine avvenente;
e riguardava ver lo ciel sovente,
ove l'alma gentil già locata era,
che donna fu di si gaia sembianza.

Dante Aligheri
 
E in questo thread di poesia ,poteva forse mancare il sommo teatrante e irresistibile poeta ,nonchè affabulatore e mattatore
alias
William Shakespeare?
Che molto sapendo di teatro e di commedia e usando l'"ipocrisia" per mestiere era ben consapevole del carattere onirico della vita ,la cui interpretazione è la base per la buona letteratura e la credibile finzione.

dal
"Macbeth" :

La vita non è altro che un'ombra vagante:
un povero attore
che si pavoneggia
e si agita per la sua ora
sul palcoscenico,
e poi tace;
è un racconto recitato
da un idiota
gonfio di suono e di furia
che non significa nulla.
 
Dicendolo in maniera più sintetica l'idiota è un .... .... ....

Le Paon

En faisant la roue, cet oiseau,
Dont le pennage traine à terre,
Apparait encore plus beau,
Mais se découvre le derriére.

Guillaume Apollinaire

Il Pavone

Facendo la ruota, questo uccello,
Dalle penne che strascicano a terra
Appare ancor più bello;
Ma mostra il deretano.
 
Le Hibou

Mon Pauvre coeur est un hibou
Qu'on cloue, qu'on décloue, qu'on recloue,
De sang, d'ardeur, il est à bout,
Tous ceux qui m'aiment, je les loue.

Guillaume Apollinaire

Il Gufo

Il mio povero cuore è un gufo
Che s'inchioda, si schioda, si richioda,
Sangue e ardore non ha quasi più,
Tutti quelli che m'amano, li lodo.
 
Ibis

Oui, J'irai dans l'ombre terreuse.
O mort certaine, ainsi soit-il!
Latin mortel, parole affreuse,
Ibis, oiseau des bordes du Nil.

Guillaume Apollinaire

Ibis

Si, andrò nell'ombra terrosa.
O morte certa, così sia!
Latino mortale, parola spaventosa,
Ibis, uccello delle rive del Nilo.
 
Il grande
Pedro Calderón de la Barca

Sono dunque tanto simili ai sogni le glorie, che quelle reali sembrano false, e quelle simulate, vere ? Così poca differenza c'è tra le une e le altre, che si deve discutere per sapere se ciò che si vede e si gode è verità o menzogna?...................Ma sia questa realtà o sogno, una sola cosa importa: agire bene; se è realtà, perché lo è, e se no, per acquistare amici per il momento del risvegli..............Che è mai la vita? Una frenesia. Che è mai la vita? Un'illusione, un'ombra, una finzione... E il più grande dei beni è poi ben poca cosa, perché tutta la vita è sogno, e gli stessi sogni son sogni!o. ...........................Il delitto più grave dell'uomo è quello d'essere nato............................
Forse tutta la vita non è che un sogno continuo, e il momento della morte sarà un risveglio improvviso.....................Siamo in un mondo tanto singolare che il vivere in esso è sognare; e l'esperienza mi insegna che l'uomo che vive, sogna ciò che è sino al risveglio....................Adesso che dormo credo di sognare di essere sveglio.

Che ovviamente s'intitola :
La vita è sogno
La vita è sogno, una commedia filosofica divenuta oggetto di numerose interpretazioni .La principale:
SIGISMONDO: Ma, sia realtà o sogno, una sola cosa importa: agire bene...(III, 4 p.57).
 
A Silvia

Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
Un affetto mi preme
Acerbo e sconsolato,
E tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
Perchè non rendi poi
Quel che prometti allor? perchè di tanto
Inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella. E non vedevi
Il fior degli anni tuoi;
Non ti molceva il core
La dolce lode or delle negre chiome,
Or degli sguardi innamorati e schivi;
Nè teco le compagne ai dì festivi
Ragionavan d'amore.
Anche peria fra poco
La speranza mia dolce: agli anni miei
Anche negaro i fati
La giovanezza. Ahi come,
Come passata sei,
Cara compagna dell'età mia nova,
Mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti: e con la mano
La fredda morte ed una tomba ignuda
Mostravi di lontano.

Giacomo Leopardi
 
FIRENZE (CANZONE TRISTE)
(I. Graziani)
Ivan Graziani (Italy) - 1980

Firenze lo sai non è servita a cambiarla
La cosa che ha amato di più è stata l'aria
Lei ha disegnato ha riempito cartelle di sogni
Ma gli occhi di marmo del colosso toscano guardano troppo lontano

Caro il mio Barbarossa, studente in filosofia
Con il tuo italiano insicuro certe cose le sapevi dire
Oh lo so, lo so, lo so, lo so bene, lo so
Una donna da amare in due in comune fra te e me
Ma di tempo c'è ne, in questa città
Fottuti di malinconia e di lei

Per questo canto una canzone triste triste triste
Triste triste triste, triste triste triste, triste come me
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei

Ricordo i suoi occhi strano tipo di donna che era
Quando gettò i suoi disegni con rabbia giù da Ponte Vecchio
"Io sono nata da una conchiglia" diceva
"La mia casa è il mare e con un fiume no, non la posso cambiare"

Caro il mio Barbarossa, compagno di un avventura
Certo che se lei se n'è andata no, non è colpa mia
Oh lo so, lo so, lo so, la tua vita non cambierà
Ritornerai in Irlanda con la tua laurea in filosofia
Ma io che farò in questa città?
Fottuto di malinconia e di lei

Per questo canto una canzone triste triste triste
Triste triste triste, triste triste triste, triste come me
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei

E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei
 
L' INVERNO E LA PRIMAVERA
Favola di esopo
La Primavera e l'Inverno sono due stagioni completamente opposte che non sono mai riuscite a trovare la corretta armonia per andare d'accordo. Fortunatamente esse non devono convivere, infatti, quando compare una deve umilmente ritirarsi l'altro.

Un giorno il signor Inverno si trovò faccia a faccia con la giovane signorina Primavera. L'anziana stagione, con quella sua aria sapiente prese a dire: "Mia cara amica, tu non sai essere decisa e determinata. Quando giunge il tuo periodo annuale, le persone e gli animali ne approfittano per precipitarsi fuori dalle loro case o dalle loro tane e si riversano in quei prati che tu, con tanta premura, hai provveduto a far fiorire. Essi strappano i giovani arbusti, calpestano senza pietà l'erba e assorbono ogni sorso di quel sole splendente che, col tuo arrivo diventa più caldo. I tuoi frutti vengono ignobilmente raccolti e divorati e infine, con il baccano e la cagnara che tutti fanno, non ti permettono neppure di riposare in pace. Invece io incuto timore e rispetto con le mie nebbie, il freddo e il gelo. La gente si rintana in casa e non esce quasi mai per paura del brutto tempo e così mi lascia riposare tranquillo".

La bella e dolce Primavera, colpita da quelle parole, rispose: "Il mio arrivo è desiderato da tutti e le persone mi amano. Tu non puoi nemmeno immaginare cosa significhi essere tanto apprezzati. E' una sensazione bellissima che non potrai mai provare perché con il freddo che porti al tuo arrivo anche i cuori più caldi si raggelano". L'inverno non disse più niente e si fermò a riflettere. Forse, essere ammirati ed amati dagli altri, poteva anche essere una bella sensazione.

Per ottenere rispetto ed amore non serve utilizzare la forza ed incutere paura invece i migliori risultati si ottengono con la bontà a la sensibilità.

favola Esopo
 
Esopo (in greco: &#913;&#7988;&#963;&#969;&#960;&#959;&#962;?Ais&#333;pos; in latino Aesopus) (ca 620 a.C. ? ca 560 a.C.) è stato uno scrittore greco antico.

Esopo visse nel VI secolo a.C., nell'epoca di Creso e Pisistrato. Le sue opere ebbero una grandissima influenza sulla cultura occidentale: le sue favole sono tutt'oggi estremamente popolari e note. Della sua vita si conosce pochissimo, e alcuni studiosi hanno persino messo in dubbio che il corpus di favole che gli viene attribuito sia opera di un unico autore
 
favole esopo.

E in un forum 4ruote non poteva certo mancare questa , anche se molti continuano a non volerne cogliere il segno :

LA LEPRE E LA TARTARUGA
La lepre un giorno si vantava con gli altri animali: Nessuno può battermi in velocità - diceva - Sfido chiunque a correre come me.
-La tartaruga, con la sua solita calma, disse: - Accetto la sfida.
-Questa è buona! - esclamò la lepre; e scoppiò a ridere.
-Non vantarti prima di aver vinto replicò la tartaruga. - Vuoi fare questa gara? -Così fu stabilito un percorso e dato il via.

La lepre partì come un fulmine: quasi non si vedeva più, tanto era già lontana. Poi si fermò, e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraiò a fare un sonnellino. La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l'altro, e quando la lepre si svegliò, la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara.

La tartaruga sorridendo disse: "Non serve correre, bisogna partire in tempo."

favola Esopo
 
birillo21 ha scritto:
FIRENZE (CANZONE TRISTE)
(I. Graziani)
Ivan Graziani (Italy) - 1980

Firenze lo sai non è servita a cambiarla
La cosa che ha amato di più è stata l'aria
Lei ha disegnato ha riempito cartelle di sogni
Ma gli occhi di marmo del colosso toscano guardano troppo lontano

Caro il mio Barbarossa, studente in filosofia
Con il tuo italiano insicuro certe cose le sapevi dire
Oh lo so, lo so, lo so, lo so bene, lo so
Una donna da amare in due in comune fra te e me
Ma di tempo c'è ne, in questa città
Fottuti di malinconia e di lei

Per questo canto una canzone triste triste triste
Triste triste triste, triste triste triste, triste come me
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei

Ricordo i suoi occhi strano tipo di donna che era
Quando gettò i suoi disegni con rabbia giù da Ponte Vecchio
"Io sono nata da una conchiglia" diceva
"La mia casa è il mare e con un fiume no, non la posso cambiare"

Caro il mio Barbarossa, compagno di un avventura
Certo che se lei se n'è andata no, non è colpa mia
Oh lo so, lo so, lo so, la tua vita non cambierà
Ritornerai in Irlanda con la tua laurea in filosofia
Ma io che farò in questa città?
Fottuto di malinconia e di lei

Per questo canto una canzone triste triste triste
Triste triste triste, triste triste triste, triste come me
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei

E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' : di lei

Ivan Graziani ,forte ,quasi meglio leggerlo :D
Però questa ragazza in due a Firenze ,certo cose da teen-ager , ma era l'amore e non l'abbiamo riconosciuto e i suoi occhi nei nostri ancora li abbiamo impressi in qualche fottuta sinapsi ,magari stampata sull'Arno tremolante a ponte Vecchio. Occhi color turchese ,nati da una chiara conchiglia e spalancati sul futuro che non sarebbe stato nostro ,ma solo di passaggio -accidenti- verso .........il mare.Rimane indelebile come un cristallo raccolto in qualche gita e ormai obliquo e muto e indistruttibile.Ma forse qualcuno c'è che ti parla un po' di lei.Magari Ivan Graziani........
 
key-one ha scritto:
birillo21 ha scritto:
FIRENZE (CANZONE TRISTE)
(I. Graziani)
Ivan Graziani (Italy) - 1980

Firenze lo sai non è servita a cambiarla
La cosa che ha amato di più è stata l'aria
Lei ha disegnato ha riempito cartelle di sogni
Ma gli occhi di marmo del colosso toscano guardano troppo lontano


Caro il mio Barbarossa, studente in filosofia
Con il tuo italiano insicuro certe cose le sapevi dire
Oh lo so, lo so, lo so, lo so bene, lo so
Una donna da amare in due in comune fra te e me
Ma di tempo c'è ne, in questa città
Fottuti di malinconia e di lei

Per questo canto una canzone triste triste triste
Triste triste triste, triste triste triste, triste come me
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei

Ricordo i suoi occhi strano tipo di donna che era
Quando gettò i suoi disegni con rabbia giù da Ponte Vecchio
"Io sono nata da una conchiglia" diceva
"La mia casa è il mare e con un fiume no, non la posso cambiare"


Caro il mio Barbarossa, compagno di un avventura
Certo che se lei se n'è andata no, non è colpa mia
Oh lo so, lo so, lo so, la tua vita non cambierà
Ritornerai in Irlanda con la tua laurea in filosofia
Ma io che farò in questa città?
Fottuto di malinconia e di lei

Per questo canto una canzone triste triste triste
Triste triste triste, triste triste triste, triste come me
E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' di lei

E non c'è più nessuno che mi parli ancora un po' di lei
Ancora un po' : di lei

Ivan Graziani ,forte ,quasi meglio leggerlo :D
Però questa ragazza in due a Firenze ,certo cose da teen-ager , ma era l'amore e non l'abbiamo riconosciuto e i suoi occhi nei nostri ancora li abbiamo impressi in qualche fottuta sinapsi ,magari stampata sull'Arno tremolante a ponte Vecchio. Occhi color turchese ,nati da una chiara conchiglia e spalancati sul futuro che non sarebbe stato nostro ,ma solo di passaggio -accidenti- verso .........il mare.Rimane indelebile come un cristallo raccolto in qualche gita e ormai obliquo e muto e indistruttibile.Ma forse qualcuno c'è che ti parla un po' di lei.Magari Ivan Graziani........

O forse la memoria delle cose passate.

Forse si chiamava Italia ed era amata da indigeni e forestieri.
 
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