a_gricolo ha scritto:
Non ci siamo capiti. Non ne faccio una questione di etnia, ma di INTEGRAZIONE. Non me ne frega niente che siano rom, sinti o quello che vuoi, a me interessa che chi sta sul suolo del mio paese non viva a spese della collettività. Se sono CITTADINI ITALIANI come dici tu restano qua e basta, posto che vivano secondo le regole della società civile italiana. E se è vero quello che i loro difensori affermano, quelli da mandare FUORI DAI COGLIONI dovrebbero essere un'esigua minoranza.... O no?
Circa altrettanti. In pratica una deportazione di massa, specialmente considerando che moltissimi (pur formalmente stranieri) sono residenti di seconda o terza generazione.
E verso dove, poi?
Da Wiki (con tutti i limiti di Wiki, of course):
"A partire dal 2005 il razzismo nei confronti delle popolazioni gitane è diventato oggetto di attenzione istituzionale, a livello europeo, con l'adozione di una risoluzione del Parlamento europeo, il primo testo ufficiale che parla di "Anti-Gypsyism/Romaphobia" (in lingua inglese) e "antitsiganisme/romaphobie/tsiganophobie" (in lingua francese). Le conferenze internazionali OSCE/EU/CoE di Varsavia (Ottobre 2005) e Bucarest (maggio 2006), hanno confermato il termine «anti-Gypsyism» a livello internazionale. [15]
Secondo il Consiglio d'Europa [16] in Europa vive un gruppo di circa 10-12 milioni di gitani, ed in alcuni paesi del centro e dell'est europa (Romania, Bulgaria, Serbia, Turchia, Slovacchia) arrivano a rappresentare fino al 5% della popolazione. In base alle stime del Consiglio d'Europa, la Romania è il paese con il maggior numero di cittadini gitani, nel 2002 ne sono stati censiti un numero compreso tra il milione e 200.000 ed i due milioni e mezzo. Bulgaria, Spagna e Ungheria hanno ognuna una popolazione di circa 800 mila gitani, Serbia e Repubblica Slovacca circa 520 mila, Francia e Russia tra i 340 e 400 mila; ma secondo il rapporto Dominique Steinberger del 2000 in Francia vivrebbero almeno un milione di gitani. Nei restanti paesi le presenze maggiori si contano in Regno Unito (300 mila unità), Macedonia (260 mila unità), Repubblica ceca (300 mila), Grecia (350 mila). [17]"
In Italia la popolazione romaní si divide in:
Rom italiani (con cittadinanza): circa 90.000, di cui:
30.000 residenti nel Sud Italia, distinguibili in:
Rom abruzzesi e molisani: giunti in Italia al seguito dei profughi arbëreshë dall?Albania dopo la battaglia di Kosovo Polje nel 1392, parlano romanì oltre ai dialetti locali e praticano l?allevamento e il commercio di cavalli, oltre che, nel caso delle donne, la chiromanzia (romnìa), diversi nuclei sono emigrati in vari centri del Lazio a partire dal '900
Rom napoletani (napulengre): ben integrati, fino agli anni ?70 si occupavano principalmente della fabbricazione di attrezzi da pesca e di spettacoli ambulanti
Rom cilentani: comunità di 800 persone residente ad Eboli, con punte di elevata alfabetizzazione
Rom pugliesi
Rom calabresi: uno dei gruppi più poveri, con 1550 ancora residenti in abitazioni di fortuna
Camminanti siciliani:
Rom harvati: 7.000 persone giunte dalla Jugoslavia settentrionale dopo la seconda guerra mondiale. I khalderasha ne costituiscono un sottogruppo.
Rom lovari: circa 1.000 persone, si occupano principalmente dell'allevamento di cavalli (la parola viene dall'ungherese ló, che significa appunto cavallo).
Rom balcanici: circa 70.000
Rom jugoslavi: presenti principalmente in campi del Nord Italia. Meno del 10% dei minori frequenta le scuole pubbliche e bassissimo è il tasso d?impiego degli adulti.
Khorakhanè ("lettori di Corano"): caratterizzati dalla religione musulmana e provenienti da Kosovo e Bosnia-Erzegovina, sono il gruppo più numeroso di rom stranieri presente nel Bresciano. La migrazione è avvenuta dalla seconda metà del 1991 fino all?estate del 1993, in concomitanza con l?aggravarsi della situazione bellica nella ex Jugoslavia
Dasikhané: caratterizzati dalla religione ortodossa, provenienti da Romania o Bulgaria.
Rom romeni: sono il gruppo in maggior crescita; hanno comunità a Milano, Roma, Napoli, Bologna, Bari, Genova, ma si stanno espandendo anche nel resto d?Italia.
Sinti: circa 30.000, residenti principalmente in Nord e Centro Italia e occupati principalmente come giostrai, mestiere che sta scomparendo e che li costringe ultimamente a reinventarsi in nuovi mestieri, da rottamatori a venditori di bonsai.
A questi si aggiungono i clandestini, il cui numero non è stabilito ufficialmente.
Suddivisioni e presenza, regolamentazione
Francia: si stimano 340/400 mila presenze Rom/Sinti/Manouches [19] [21]. La legge Besson del 5 luglio 2000 [22] (preceduta da una regolamentazione già attiva con la legge 69-3 del 3 gennaio 1969) prevede che ogni città con più di 5.000 abitanti deve obbligatoriamente allestire uno spazio a disposizione per gli itineranti ai quali vengono riservate particolari condizioni di stazionamento e fornitura acqua ed elettricità a patto che gli stessi abbiano "les carnets de voyage" rilasciati e vidimati dalle prefetture e suddivisi in 3 categorie (vedi pagina Sinti) - La legge Besson prevede anche un programma immobiliare di case da dare in affitto agli zingari stanziali e terreni familiari su cui poter costruire case per alcune famiglie semistanziali. Con Sarkozy come ministro dell?interno, nel febbraio 2003, sono state inserite una serie di sanzioni per chi non rispetta le regole dei campi. Chi occupa abusivamente un?area pubblica può essere arrestato e il mezzo sequestrato [21] [20] .
Germania: si stimano 130 mila presenze che la legge considera «minoranza nazionale» dando loro diritti e doveri. A partire dagli anni '60, la Germania ha accolto gran parte di rom in fuga con un progetto di welfare, dando loro possibilità di lavorare e sostenendoli sia con case popolari sia con sussidi per il vitto [23].
Grecia: si stima una presenza di 200.000 su una popolazione di 10.000.000 di abitanti [19].
Spagna: con la stima è di cira 800 mila presenze rom/sinti/kalè [19], la Spagna ha una delle comunità nomadi più popolose, occupando, in Europa, il terzo posto dopo Romania e Bulgaria. Dalla fine degli anni '80 ha elaborato un programma di sviluppo stanziando annualmente circa tre milioni di euro ai quali si aggiungono i finanziamenti delle singole regione e delle ONG. È stato istituito un ufficio che coordina le politiche sociali per gli zingari [23].
La prima notizia che si ha degli zingari in Spagna - di etnia Kalé - risale al 1415, quando attraversarono i Pirenei e si stanziarono nella penisola iberica. Probabilmente la comunità dei Kalè spagnoli rappresenta uno degli esempi più proficui di convivenza ed integrazione storicamente verificata tra popolazioni europee e popolazioni romaní, avendo prodotto un sostanziale adattamento culturale della seconda (in questo caso del tutto stanziale) alla realtà sociale ed economica locale senza che si sia verificata completa assimilazione.
Condizioni abitative in Italia
Gente romaní in Spagna, dipinto di Yevgraf Sorokin, 1853Nel decidere la propria collocazione abitativa, gli zingari tendono a preservare l'unità della famiglia estesa (comprendente fino a 60 persone), cercando allo stesso tempo di non mescolarsi con altri gruppi.
La maggior parte degli zingari in Italia è stanziale e vive in aree attrezzate [24], o in case popolari e alloggi costruiti dai comuni o enti pubblici in aree specifiche o in case di proprietà o in affitto.
Esistono numerosi campi nomadi autorizzati dai comuni, dove le abitazioni sono costituite da container, roulotte, tende e baracche. Le condizioni igieniche e di sicurezza abitativa sono talvolta precarie, e non sono rari gli incendi e gli incidenti mortali dovuti all'utilizzo di candele (mancanza di elettricità). Oltre ai campi autorizzati, esistono diversi campi abusivi, abitati principalmente da rom dell'est Europa.
Tra le problematiche italiane vi è il fatto che in Italia esiste ancora il concetto di residenza e domicilio, mentre in alcuni Stati europei non vi è questa distinzione. Problematiche logistiche secondarie subentrano quindi anche per l'intestazione dei libretti di circolazione, delle assicurazioni e delle pratiche amministrative in genere e la mancanza di strutture del tipo Campo caravan
Sono stati compiuti alcuni tentativi di creare dei micro-villaggi che permettessero alla popolazione romaní di preservare la propria struttura familiare e al tempo stesso innalzare i propri standard abitativi e sociali, talvolta con risultati positivi:
Area residenziale per famiglie rom del "Guarlone" a Firenze. L'esperienza in questo caso ha dato esito positivo poiché a dieci anni di distanza, l?area residenziale ed i suoi abitanti fanno parte integrante del quartiere, [...] e l?attenzione con la quale gli abitanti curano l?area, smentisce totalmente lo stereotipo del rom che tanto "non è abituato a vivere in casa e vive nello sporco";[25]
un villaggio rom è stato costruito a Cosenza nel 2001.
un altro villaggio è stato costruito ad Arghillà, quartiere periferico di Reggio Calabria
Cordiali Saluti
Fulcrum