<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Poesia | Page 8 | Il Forum di Quattroruote

Poesia

Ancora Montale ,un po' per non lasciar spegnere il fuoco (sacro?) e un po' per non credere ................."che la realtà sia quella che si vede."

HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perchè con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perchè sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
 
NATALE

di Giuseppe Ungaretti

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

Napoli, il 26 dicembre 1916
 
Orazio (Quinto Orazio Flacco) :
(Venosa, 8 dicembre 65 a.C. ? Roma, 27 novembre 8 a.C.),

Ma mette conto che ascoltiate,
voi che non augurate successi agli adulteri,
come incappino in guai per ogni verso,
da che dolori sono avvelenati i loro spassi e
come fra continui rischi e disagi
raramente ne godano.

Scritta più di 2000 anni fa , ma straordinariamente attuale,non credete ?
Gli "adulteri" suscitano invidie e non gli si "augura" del bene ,cosicchè "sono avvelenati i loro spassi". Non vi è nulla di nuovo sotto il sole :!:
Cambiano soprattutto le tecniche e le tecnologie ,ma l'animo umano -ed oltre la lussuria pure l'invidia- rimangono pressochè invariati nei millenni :shock:
 
E soprattutto la visione peccaminosa dell'amore e del sesso era comune, già allora, anche al politeismo.

Il sesso come atto di piacere ricreativo risulta essere una bestemmia di fronte alla sacralità dell'atto, inteso come generativo di nuova vita.

E' come se un bavaglio sia stato messo ad un momento di libertà, di estraniazione dalle contingenze del momento presente.

Vi è comunque conoscenza del fatto che chi difende l'integrità della famiglia, il suo essere ambiente in cui devono crescere i nuovi nati, ha dalla sua parte buone ragioni, dato che l'agiatezza, che consente, in parte, di proteggere gli appartenenti ad una famiglia disastrata e divisa non è la norma.

Intendo dire che è diverso il peso ed il disagio che una famiglia divisa fa gravare sui propri appartenenti, questo in conseguenza di un benessere economico presente od assente.

L'essere più o meno presenti alla propria famiglia è dato anche dalla possibilità economica che la famiglia dispone, sia come singoli che come nucleo. Perchè il Tempo è dato dalla disponibilità economica. Più risorse si hanno disponibili più tempo si può avere a disposizione da dedicare alla propria famiglia.

Viviamo in una civiltà bigotta da almeno 7.000 e più anni.

E' probabile che la libertà sessuale, tanto sbandierata anni addietro come conquista della rivoluzione sessantottina, sia esistita solo in disperse tribù di nostri antenati, in cui tutta la comunità si occupava della crescita dei nuovi nati, che non avevano come punto di riferimento solo il propio parentado ma tutto il villaggio, che era sia padre che madre e che rappresentava un ambiente unito ed unitario, agli occhi dei giovani, entro il quale trovavano agio e protezione.

La distruzione della Tribù Villaggio, inteso come madre e padre, ha di fatto reso necessaria l'invenzione del reato sessuale in tutte le sue variabili, questo per generare un ambiente stabile che fosse atto alla crescita dei nuovi nati. In pratica si è inventata la famiglia, che non è solo un nucleo sociale base ma anche una impresa economica di base.
Un'ambiente ristretto che è costituito per dare protezione ed istruzione ai giovani da essa generati. E' naturale che qualsiasi atto determinato a distruggerne l'unità, tipo l'adulterio, o ad escludere una parte dall'insieme, il sesso per piacere proprio, sia stato visto come esecrabile e quindi da condannare.

E' con il Patriarcato che si stabilisce la proprietà su consorte e prole, oltreche diritto di vita e morte su di essi, come se fossero parte del patrimonio, inteso come dote del capo famiglia maschio.

Ad una libertà apparente fanno riscontro sempre chiusure più censoree di quanto ci si aspetti dal progresso dei tempi.
 
"... Non vogliate negar l?esperienza
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120)
 
Inferno canto XXVI - Dante Alighieri

Godi, Fiorenza, poi che se? si' grande
che per mare e per terra batti l?ali,
e per lo ?nferno tuo nome si spande! (3)

Tra li ladron trovai cinque cotali
tuoi cittadini onde mi ven vergogna,
e tu in grande orranza non ne sali. (6)

Ma se presso al mattin del ver si sogna,
tu sentirai, di qua da picciol tempo,
di quel che Prato, non ch?altri, t?agogna. (9)

E se gia' fosse, non saria per tempo.
Cosi' foss? ei, da che pur esser dee!
che' piu' mi gravera', com? piu' m?attempo. (12)

Noi ci partimmo, e su per le scalee
che n?avea fatto iborni a scender pria,
rimonto' ?l duca mio e trasse mee; (15)

e proseguendo la solinga via,
tra le schegge e tra ? rocchi de lo scoglio
lo pie' sanza la man non si spedia. (18)

Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio
quando drizzo la mente a cio' ch?io vidi,
e piu' lo ?ngegno affreno ch?i? non soglio, (21)

perche' non corra che virtu' nol guidi;
si' che, se stella bona o miglior cosa
m?ha dato ?l ben, ch?io stessi nol m?invidi. (24)

Quante ?l villan ch?al poggio si riposa,
nel tempo che colui che ?l mondo schiara
la faccia sua a noi tien meno ascosa, (27)

come la mosca cede a la zanzara,
vede lucciole giu' per la vallea,
forse cola' dov? e? vendemmia e ara: (30)

di tante fiamme tutta risplendea
l?ottava bolgia, si' com? io m?accorsi
tosto che fui la' ?ve ?l fondo parea. (33)

E qual colui che si vengio' con li orsi
vide ?l carro d?Elia al dipartire,
quando i cavalli al cielo erti levorsi, (36)

che nol potea si' con li occhi seguire,
ch?el vedesse altro che la fiamma sola,
si' come nuvoletta, in su' salire: (39)

tal si move ciascuna per la gola
del fosso, che' nessuna mostra ?l furto,
e ogne fiamma un peccatore invola. (42)

Io stava sovra ?l ponte a veder surto,
si' che s?io non avessi un ronchion preso,
caduto sarei giu' sanz? esser urto. (45)

E ?l duca che mi vide tanto atteso,
disse: "Dentro dai fuochi son li spirti;
catun si fascia di quel ch?elli e' inceso". (48)

"Maestro mio", rispuos? io, "per udirti
son io piu' certo; ma gia' m?era avviso
che cosi' fosse, e gia' voleva dirti: (51)

chi e' ?n quel foco che vien si' diviso
di sopra, che par surger de la pira
dov? Eteo'cle col fratel fu miso?". (54)

Rispuose a me: "La' dentro si martira
Ulisse e Dïomede, e cosi' insieme
a la vendetta vanno come a l?ira; (57)

e dentro da la lor fiamma si geme
l?agguato del caval che fe' la porta
onde usci' de? Romani il gentil seme. (60)

Piangevisi entro l?arte per che, morta,
Deïdami'a ancor si duol d?Achille,
e del Palladio pena vi si porta". (63)

"S?ei posson dentro da quelle faville
parlar", diss? io, "maestro, assai ten priego
e ripriego, che ?l priego vaglia mille, (66)

che non mi facci de l?attender niego
fin che la fiamma cornuta qua vegna;
vedi che del disio ver? lei mi piego!". (69)

Ed elli a me: "La tua preghiera e' degna
di molta loda, e io pero' l?accetto;
ma fa che la tua lingua si sostegna. (72)

Lascia parlare a me, ch?i? ho concetto
cio' che tu vuoi; ch?ei sarebbero schivi,
perch? e? fuor greci, forse del tuo detto". (75)

Poi che la fiamma fu venuta quivi
dove parve al mio duca tempo e loco,
in questa forma lui parlare audivi: (78)

"O voi che siete due dentro ad un foco,
s?io meritai di voi mentre ch?io vissi,
s?io meritai di voi assai o poco (81)

quando nel mondo li alti versi scrissi,
non vi movete; ma l?un di voi dica
dove, per lui, perduto a morir gissi". (84)

Lo maggior corno de la fiamma antica
comincio' a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica; (87)

indi la cima qua e la' menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gitto' voce di fuori e disse: "Quando (90)

mi diparti? da Circe, che sottrasse
me piu' d?un anno la' presso a Gaeta,
prima che si' Enëa la nomasse, (93)

ne' dolcezza di figlio, ne' la pieta
del vecchio padre, ne' ?l debito amore
lo qual dovea Penelope' far lieta, (96)

vincer potero dentro a me l?ardore
ch?i? ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore; (99)

ma misi me per l?alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto. (102)

L?un lito e l?altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l?isola d?i Sardi,
e l?altre che quel mare intorno bagna. (105)

Io e ? compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov? Ercule segno' li suoi riguardi (108)

accio' che l?uom piu' oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l?altra gia' m?avea lasciata Setta. (111)

?O frati?, dissi ?che per cento milia
perigli siete giunti a l?occidente,
a questa tanto picciola vigilia (114)

d?i nostri sensi ch?e' del rimanente
non vogliate negar l?esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente. (117)

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza?. (120)

Li miei compagni fec? io si' aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti; (123)

e volta nostra poppa nel mattino,
de? remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino. (126)

Tutte le stelle gia' de l?altro polo
vedea la notte, e ?l nostro tanto basso,
che non surgëa fuor del marin suolo. (129)

Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che ?ntrati eravam ne l?alto passo, (132)

quando n?apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna. (135)

Noi ci allegrammo, e tosto torno' in pianto;
che' de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto. (138)

Tre volte il fe' girar con tutte l?acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giu', com? altrui piacque, (141)

infin che ?l mar fu sovra noi richiuso".

http://www.parlandosparlando.com/pages/Divina_Commedia/index.html
 
E allora Ciao
perchè è un saluto allegro
perchè ci si incontra di nuovo
perchè è espressione di gioia
perchè sono felice di vederti :lol:
 
Dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare.

Quel cervello siamo noi
Noi con i nostri ricordi
Noi con la nostra memoria
Noi che ragioniamo di questo e di quello
Noi che raccontiamo delle storie
Noi che siamo un paese
Noi che non siamo avulsi da critiche
Noi che siamo divisi
Noi che siamo uguali e diversi
Noi che andiamo a votare
Noi che non ci crediamo più
Noi che .... .... ....
Noi che ci ritroviamo sempre soli
 
Siamo Solo Noi
(1981)

Siamo solo noi
che andiamo a letto la mattina presto
e ci svegliamo con il mal di testa
siamo solo noi
che non abbiamo vita regolare
che non ci sappiamo limitare
siamo solo noi
che non abbiamo più rispetto per niente
neanche per la mente
siamo solo noi...
quelli che poi muoiono presto
quelli che però è lo stesso
siamo solo noi
che non abbiamo più niente da dire
dobbiamo solo vomitare
siamo solo noi
che non vi stiamo neanche più ad ascoltare

siamo solo noi
quelli che non hanno più rispetto per niente
neanche per la gente
siamo solo noi
quelli che ormai non credono più a niente
e vi fregano sempre ...sì...

siamo solo noi
che tra demonio e santità è lo stesso
basta che ci sia posto
siamo solo noi
che facciamo colazione con un toast
del resto

siamo solo noi
quelli che non han voglia di far niente
rubano sempre
siamo solo noi
generazione di sconvolti che non han più
santi né eroi
siamo solo noi
siamo solo noi
siamo solo noi

Vasco Rossi
 
DIO ED IO
(GLORIA NUTI)
ED.POLYGRAM

VORREI SAPERE COSA C'E'
FRA TE E ME
VORREI SAPERE ANCHE PERCHE'
NON SEI CON ME
VORREI SAPERE ANCHE PERCHE'
NON MI CHIEDI COSA C'E'
FRA DIO E ME

VORREI SAPERE COSA C'E'
FRA LEI E TE
E QUANTE BALLE TI DIRA'
IN PIU' DI ME
E VA A FINIRE SEMPRE CHE
MI RITROVO A DISCUTERE DI TE
FRA DIO E ME

AVREI LA VOCE PER GRIDARE
MA PAROLE NON HO
AVREI LA FORZA PER REAGIRE
MA A COSA NON SO
E VA A FINIRE SEMPRE CHE
CI RITROVIAMO SOLI
CI RITROVIAMO SEMPRE SOLI
DIO ED IO

IL FATTO E' CHE PREGO PREGO
E PREGO DAVVERO
E QUANDO TU NON DAI SUSSIEGO
DIO COME PREGO
E VA A FINIRE SEMPRE CHE
CI RITROVIAMO SOLI
CI RITROVIAMO SEMPRE SOLI
DIO ED IO
DIO ED IO

VORREI SAPERE QUANDO MAI
MI PENSERAI
VORREI SAPERE DOVE SEI
E CHE FARAI
NON MI INTERESSA NIENTE SE
NON TI RIGUARDA UN POCO
NON GIOCO
RESTO ACCANTO AL FUOCO
E SPERO IN DIO
 
Una donna per amico
di Lucio Battisti

Può darsi ch'io non sappia cosa dico,
scegliendo te - una donna - per amico,
ma il mio mestiere è vivere la vita
che sia di tutti i giorni o sconosciuta;
ti amo, forte, debole compagna
che qualche volta impara
e a volte insegna.

L'eccitazione è il sintomo d'amore
al quale non sappiamo rinunciare.
Le conseguenze spesso fan soffrire,
a turno ci dobbiamo consolare
e tu amica cara mi consoli
perché ci ritroviamo
sempre soli.

Ti sei innamorata di chi?
Troppo docile, non fa per te.
Lo so divento antipatico
ma è sempre meglio che ipocrita.

D'accordo, fa come vuoi
I miei consigli mai.
Mi arrendo fa come vuoi
ci ritroviamo come al solito poi

Ma che disastro, io mi maledico
ho scelto te - una donna - per amico,
ma il mio mestiere è vivere la vita
che sia di tutti i giorni o sconosciuta;
ti odio forte, debole compagna
che poche volte impara
e troppo insegna.

Non c'è una gomma ancor che non si buchi.
Il mastice sei tu, mia vecchia amica.
La pezza sono io, ma che vergogna.
Che importa, tocca a te,
avanti, sogna.
Ti amo, forte, debole compagna
che qualche volta impara
e a volte insegna.

Mi sono innamorato? Sì, un po'.
Rincoglionito? Non dico no.
Per te son tutte un po' squallide.
La gelosia non è lecita.

Quello che voglio lo sai,
non mi fermerai
Che menagramo che sei,
eventualmente puoi
sempre ridere poi

Ma che disastro, io mi maledico
ho scelto te - una donna - per amico,
ma il mio mestiere è vivere la vita
che sia di tutti i giorni o sconosciuta;
ti amo forte, debole compagna
che qualche volta impara
e qualche insegna.
 
Back
Alto