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Poesia

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari

e fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei

e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali,

e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti,

e io non dissi niente, perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me,

e non c?era rimasto nessuno a protestare.
 
Aforismi di Marco Valerio Marziale :

"Smettila di abusare dei miei versi, o pubblicane alcuni dei tuoi."

"L'uomo buono è sempre un inesperto"

"La fortuna dà troppo a molti, a nessuno abbastanza"

Marco Valerio Marziale (38 ? 104), poeta latino.

Per quanto riguarda il secondo :
l'uomo (troppo) esperto -o tecnocrate- sarà sempre stronzo?
:D :D :DSaluti
 
« Non hic Centauros, non Gorgonas Harpiyasque / invenies: hominem pagina nostra sapit »
« Qui non troverai né Centauri, né Gorgoni, né Arpie: la nostra pagina sa di uomo »
(Epigrammi, X, 4)
 
362. Li soprani der Monno vecchio

C?era una vorta un Re1 cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st?editto:
«Io sò io, e vvoi nun zete2 un cazzo,
sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.

Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
pòzzo vénneve3 a ttutti a un tant?er mazzo:
Io, si vve fo impiccà nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba Io ve l?affitto.

Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd?Imperatore,
quello nun pò avé mmai vosce in capitolo».

Co st?editto annò er Boja pe ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore;
e arisposeno tutti: «È vvero, è vvero».

ciao madmax
 
Per non far spegnere la fiamma (poetica), niente di meglio che Ovidio:

Il vino dispone l'animo all'amore e lo rende pronto alla passione: l'inquietudine fugge e si dissolve con il vino abbondante. Allora nasce il riso, ed anche un poveruomo si fa audace; allora se ne vanno dolori affanni e rughe dalla fronte, e la sincerità,nel nostro tempo così rara, rende aperti i cuori, giacchè il divino Bacco bandisce ogni artificio. Là spesso le ragazze rubano il cuore ai giovani, e Venere, col vino, è fuoco aggiunto al fuoco. Ma tu non credere troppo all'ingannevole lucerna: la notte e il vino non sono adatti a giudicare la bellezza. Con la luce del giorno e a cielo aperto osservò Paride le dee, quando a Venere disse: "La vincitrice, Venere, sei tu. Di notte non si vedono i difetti e si perdona ogni manchevolezza: qualunque donna rende bella quell'ora. Per le gemme e la lana tinta con la porpora chiedi consiglio al giorno; chiedi consiglio al giorno per giudicare il viso o il corpo di una donna.

Publio Ovidio Nasone, Sulmona 43 a.C ,Tomi (oggi Costanza), sul Mar Nero 17 o nel 18 a.C.

Anche allora il vino "disponeva l'animo all'amore" e per fortuna dei giovani ai quali "le ragazze rubano il cuore" non c'erano gli etilometri e i moralisti dello 0% o della tolleranza zero.
Pure in quei tempi remoti -anzi classici- occorreva aspettare la luce del giorno per accorgersi se la nostra conquista fosse veramente una Venere,perchè di notte -e con un po' di vino- tutto appare affascinante e quell'ora rende bella qualunque donna............
 
RUBA`IYY&#256;T

di OMAR KHAYYAM

Coloro che furono oceani di perfezione e di scienza
e per virtù rilucenti divennero Lampade al mondo,
non fecero un passo fuori di questa notte oscura:
narrarono fiabe, e poi ricadder nel sonno.
* * *
Quando l'ebbro Usignolo trovò la via del Giardino
e ridente trovò il bocciolo di Rosa e la coppa del Vino,
venne, e in misterioso bisbiglio mi disse all'orecchio:
Considera bene: la vita trascorsa mai più, mai più non ritorna.

* * *
O Hayy&#257;m, se sei ebbro di vino, sta' lieto,
se te la spassi con belle dal volto di luna, sta' lieto.
Poi ch'ogni cosa del mondo nel nulla finisce,
pensa che tu sei nulla, e già che sei, sta' lieto.
* * *
Questi che ora son vecchi, e questi giovani ancora,
ognuno ansioso s'affanna correndo alla Mèta;
ma a questo antichissimo mondo, alfine, nessuno rimane.
Andarono. Andremo. Altri verranno. Ed andranno.

* * *

Ahimé, m'è sfuggita di mano l'essenza di Vita:
innumerevoli cuori piansero sangue per mano di Morte,
e nessuno mai ritornò da quel mondo lontano, che gli domandi
dei viaggiatori del mondo che n'è, che n'è stato?
* * *
In che modo strano passa questa Carovana della Vita:
cògli quell'attimo almeno che passa in letizia.
Coppiere! A che t'addolori del dolor del domani degli altri?
Porta, presto, la coppa, ché sta per cadere la Notte.
* * *
Mai l'intelletto mio si distaccò dalla scienza,
pochi segreti ci sono sono che ancor non mi son disvelati,
e notte e giorno ho pensato per lunghi settantadue anni,
e l'unica cosa che seppi è che mai nulla ho saputo.
* * *
Era una goccia d'acqua e si confuse col mare.
Era un granello di polvere e si mescolò con la terra.
Che cosa più fu mai il tuo passaggio nel mondo?
Un moscerino comparve e poi sparve di nuovo.
* * *
Questa gran volta del cielo sotto la quale stupiti viviamo
è come una lanterna, magica d'illusione:
il Lume dentro n'è il Sole, la lanterna è il Mondo;
e noi come forme fuggenti, sbigottiti, passiamo.
* * *
O cuore, fa' conto di avere tutte le cose del mondo,
fa' conto che tutto ti sia giardino delizioso di verde,
e tu su quell'erba verde fa conto di esser rugiada
gocciata colà nella notte, e al sorger dell'alba svanita.
* * *
Io nulla so, non so se Chi m'ha creato
m'ha fatto per Cielo o m'ha destinato all'Inferno.
Ma una coppa e una bella fanciulla e un liuto sul lembo del prato
per me son monete sonanti: a te la cambiale del Cielo!
* * *
E quel palazzo antico splendente rivale del cielo,
alla cui soglia i Re prostravano china la fronte,
sui suoi bastioni in rovina la tortora ora si vede
posarsi e triste chiamare: Cucù, cucù? Dov'è, dov'è?
* * *
Quando avrà detto addio al corpo l'anima tua... e la mia,
due mattoni porranno sulla tomba tua... e sulla mia.
E poi, per fare mattoni pei sepolcri degli altri,
si getterà nel forno la terra tua... e la mia.
* * *
Fosse dipeso da me, non sarei venuto nel Mondo,
e se da me dipendesse l'andarmene, non me ne andrei.
E meglio di tutto stato sarebbe se in questo diroccato Convento
non fossi venuto, né andato, né stato, giammai.
* * *
Noi siamo burattini e il Cielo n'è il burattinaio,
per vero questo lo dico e non per allegoria.
Sulla scena dell'Essere giochiamo un piccolo gioco,
e ad uno ad uno ricadiam poi nella cassa della Nulla.
* * *
Il Sole ha lanciato sui tetti il laccio dell'Alba
e rosso sigillo ha gettato il Sovrano del Giorno nella coppa del Cielo.
Bevi Vino, ché araldo d'Amore sul far dell'Aurora
un gioioso annuncio ha lanciato nel Tempo: "Bevete!"
* * *
Questi pochi giorni di vita che toccano a noi, son passati,
passati com'acqua in torrente, passati qual vento sul piano;
ed io mai mi rammento di due giorni soli il dolore:
il giorno ancor non venuto, il giorno che lungi è passato.
* * *
Bevi Vino, ché vita eterna è questa vita mortale,
e questo è tutto quel ch'hai della tua giovinezza;
ed ora che c'è vino, e fiori ci sono, e amici lieti d'ebbrezza,
sii lieto un istante ora, ché questa, questa è la Vita.
* * *
Sappi che un tempo verrà che dall'Anima lungi tu andrai,
e oltre il velame segreto del Nulla per sempre tu andrai.
Bevi, bevi, ché nulla sai donde tu sei venuto,
sta' lieto ché nulla sai dove un giorno tu andrai.
* * *
Di quel Vino che per la vita nostra è Altra Vita
riempimi un calice, anche se il capo ti duole,
e mettimi il calice in mano, ché il mondo è tutto una fiaba;
e porgilo in fretta, poiché la vita passa a ogni istante.
* * *
Puri venimmo dal Nulla e ce ne andammo impuri.
Lieti entrammo nel Mondo e ne partimmo tristi.
Ci accese un Fuoco nel cuore l'Acqua degli occhi:
la vita al Vento gettammo e poi ci accolse la Terra.
 
MU´ALLAQ&#256;H

Fermatevi! E qui piangiamo al ricordo di un accampamento e della bella da tanto tempo perduta. Scirocco e tramontana hanno spazzato a lungo queste dune, quegli stessi venti che le avevano a loro volta intessute. Ogni traccia è scomparsa: vi sono solo escrementi di gazzella simili a grani di pepe. I miei compagni arrestano i loro corsieri accanto al mio e mi gridano: - Non abbatterti, Imru `l-Qays! Non cedere allo sconforto!

Ma come posso non abbattermi? Come posso non cedere allo sconforto? Il mio pensiero corre già a quel mattino in cui gli uomini caricavano i cammelli preparandosi al lungo viaggio e io vidi ´Unayzah per l'ultima volta. Queste mie lacrime possono forse lenire il dolore... ma a che serve ora spanderle su una traccia svanita?

Così piangevo, prima che per lei, per altre belle, che se ne andavano lasciando dietro di loro un profumo di muschio e di garofano. Lacrime di passione mi inondavano il volto e la barba. Quanti momento felici! Ripenso a quel giorno a D&#257;ra &#286;ul&#287;ul, quando costrinsi le ragazze a uscire nude dall'acqua per riprendersi le loro vesti. Per ricompensarle dello scherzo uccisi la mia cammella e imbandii un gran banchetto. E che soavi ricordi, quando scendemmo il deserto dividendo la medesima sella. Il palanchino s'inclinava di qua e di là sotto il nostro peso, e ´Unayzah si scuoteva cercando di farmi cadere. - Stai ammazzando il cammello, Imru `l-Qays! Scendi subito, o finiremo entrambi per andare a piedi!

Ed io a lei: - Allenta le briglie, se vuoi, ma non allontanarmi da quel tuo frutto che ho còlto più volte. - E quando in cima a una duna, lei mi lanciò un giuramento irrevocabile, io le risposi beffardo: - Se hai deciso di lasciarmi, sii almeno gentile, ´Unayzah ! E se qualcosa della mia persona ti ha infastidito, allora strappa il mio cuore dal tuo petto e gettalo via. Ti sbagli se credi che mi possa uccidere l'amore per te, ti sbagli se credi che quelle tue lacrime siano frecce che possano fare a brandelli il mio cuore!

I suoi parenti mi avrebbero volentieri ucciso se fossero riusciti a mettermi le mani addosso. Avevano disposto uomini di guardia attorno alla tenda della ragazza per proteggere il suo onore. Ma quando le Pleiadi apparvero in cielo come collane di perle, abilmente superai le sentinelle e penetrai nella tenda, dove la trovai già svestita per la notte.

Mi disse ridendo: - In nome di Dio, Imru `l-Qays, non è possibile trarti in inganno! Non finisci mai di sbagliare!

Uscimmo insieme dalla tenda. Io la precedevo, lei mi seguiva trascinando una veste sulla sabbia per cancellare le impronte. Scivolammo oltre il recinto, in un luogo segreto tra le dune, e quando lei si chinò su di me io l'afferrai. Slanciata e pallida, dalla vita sottile e le gambe tornite, bella di seno e di corpo. Levava il mento con orgoglio, il collo sottile come quello di una gazzella. I riccioli le piovevano neri sulle spalle, folti come un grappolo di datteri. Fattasi donna nelle sue vesti di fanciulla, lei ben sapeva come incantare anche i più saggi tra gli uomini!

O ´Unayzah ! Le follie svaniscono con la gioventù, ma non muta il mio amore per te. Ricordi? Sembrava che le stelle fossero state inchiodate alle montagne e le Pleiadi legate a solide rocce. Come onde del mare, la notte distendeva i suoi mille veli su di noi. Che lunga, lunghissima notte... pareva non volesse dissolversi mai nell'aurora...

E gli uccelli non erano ancora usciti dai nidi, quando, di primo mattino, mi allontanai a cavallo attraverso il deserto...

di Imru `l-Qays
 
FRAMMENTI

Su, lira divina, parlami, fa' risuonare la tua voce...
* * *
Ma io amo la delicatezza ed Éros ha ottenuto per me la bellezza e la luce del sole.
* * *
Simile in tutto agli dèi
mi appare l'uomo che ti siede dinanzi
e ti ascolta così da vicino, mentre
parli con lieve sussurro e ridi amabile:
questa visione mi sconvolge il cuore in petto.
Basta che ti getti uno sguardo e mi si spezza la voce,
la lingua s'inceppa, subito un fuoco sottile corre sotto la pelle,
gli occhi non vedono più, le orecchie rombano,
un freddo sudore mi scorre, un tremore tutta mi afferra,
sono più verde dell'erba,
e poco manca che muoia...
* * *
L'animo mio di nuovo Éros squassa
come il vento le querce sul monte,
dolceamara implacabile fiera...
* * *
Chi un esercito di cavalieri, chi una schiera di fanti,
chi una flotta di navi dirà che sia sopra la terra nera la cosa più bella.
Io dico, ciò che si ama...
* * *
Non so dove volgermi: la mia mente si divide in due...
* * *
Ora risplendi tra le donne di Lidia
come quando il sole scompare
e la luna dalle dita di rosa vince tutte le stelle.
La sua luce sfiora il mare salato
e i campi screziati di fiori.
Goccia la rugiada gentile,
germogliano rose e teneri cerfogli
e fiorisce il meliloto.
Ti aggiri inquieta, ricordi,
e il desiderio della dolce Attis
ti consuma l'anima lieve...
* * *
Usignolo amabile voce
messaggero di primavera...
* * *
Piena splendeva la luna
e le fanciulle si posero
intorno all'altare.
* * *
Avrei davvero voluto morire
quando lei mi lasciò in affannoso pianto
tra molte cose dicendomi ancora:
"Come soffriamo atrocemente, Saffo,
io ti lascio contro il mio volere."
Ed io a lei rispondevo:
"Va' serena e di me serba il ricordo.
Sai quanto ti ho amata.
Se mai tu lo dimenticassi, sempre
io ricorderò i bei momenti che vivemmo.
Quando di corone di viole
e di rose e di croco, accanto a me
ti cingevi il capo gentile,
e mettevi intorno al collo
ghirlande intrecciate di fiori.
E cosparsa di essenze profumate
sul morbido letto ti saziavi,
né mai vi furono danze
nei sacri boschi a cui fossimo assenti..."
* * *
Le stelle intorno alla stupenda luna
nascondono i loro volti splendenti
quand'essa s'inargenta in tutto il suo splendore
illuminando la terra...
* * *
Che cosa brama ancora il tuo folle cuore?
Chi devo, Saffo, ancora persuadere
a darti ricompensa nell'amore?
Chi ti fa soffire?
Se adesso fugge, poi ti cercherà;
se sdegna i tuoi doni, presto ne farà;
se non ti ama, presto ti amerà,
anche se non vuole...
* * *
Quando morta giacerai, mai più
si ricorderanno di te, per sempre:
più non vedrai le rose della Pieria,
ma oscura ti aggirerai nelle case di Ade
aleggiando tra i morti neri...
* * *
Sei giunta, ti desideravo,
hai dato ristoro alla mia anima ardente...
* * *
Ma tu dèstati, avvìati
con i tuoi giovani amici,
perché possiamo vedere
un sonno ancora più breve di quello
di un uccello dal canto sonoro.
* * *
Tramontata è la luna e le Pleiadi,
a metà del suo corso è la notte,
il tempo passa e io dormo sola...
* * *
Signore, lo giuro sulla dea beata:
non più voglio stare sulla terra,
desiderio di morte mi prende,
di vedere le sponde d'Acheronte
fiorite di loto...
* * *
Di ghiaccio divenne il loro cuore e le ali si chiusero.

SAPPHO
 
INDOVINELLO DEL VENTO

Chi è la creatura
che tutti ci sorpassa,
di forza smisurata,
prima del diluvio generata;
senza carne né sangue,
senza ossa né vene,
senza testa né piedi;
non più vecchia o giovane
di quando nacque
al primo principio della terra?...

Dio grande, quando viene,
come spumeggia il mare
al fiato delle sue nari
al soffio della sua bocca!
Quando percuote da sud,
l'onda si frange in schiuma
e mugge sulle spiagge!
Ora sui campi aperti,
ora nelle foreste,
senza mani né piedi
sfugge agli inseguimenti...

Sul mare e sulla terra,
non visto e non veggente,
inseguito e inseguitore,
ma non mai a portata.
Sulla terra e sul mare,
non veggente e non visto,
benché in vista del sole;
non mai a disposizione,
per quanto sollecitato!
Indispensabile,
incomprensibile,
incomparabile!

Dalle quattro regioni,
solo eppure a schiere,
sempre vincitore...
Muto e fragoroso,
sfida col suo frastuono;
spiegando la sua bandiera
vola su mezzo mondo!
È buono ed è cattivo,
metà angelo, metà demonio;
non mai manifesto,
occulto per sempre!
 
Simile a un dio mi sembra quell'uomo
che siede davanti a te, e da vicino
ti ascolta mentre tu parli
con dolcezza
e con incanto sorridi. E questo
fa sobbalzare il mio cuore nel petto.
Se appena ti vedo, sùbito non posso
più parlare:
la lingua si spezza: un fuoco
leggero sotto la pelle mi corre:
nulla vedo con gli occhi e le orecchie
mi rombano:
un sudore freddo mi pervade: un tremore
tutta mi scuote: sono più verde
dell'erba; e poco lontana mi sento
dall'essere morta.
Ma tutto si può sopportare...

Saffo
 
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