mi sembra ovvio che sino al 2013 saremo in discesa grazie alla discutibile scelta dei continui rinvii di produzione dei modelli.
però un ragionamento meno passionale va fatto:
tranne che negli ani '60, quando col boom tutto andava bene per tutti (o quasi) e vi era una gamma fantastica, Alfa ha sempre avuto conti in rosso: anzi, direi che nasce da un sostanziale fallimento, quello dei francesi di Darracq; viene, quasi fallita, rilevata da Nicola Romeo e, dopo ulteriori problemi economici, sarà di fatto statalizzata in IRI negli anni '30. Certo, il marchio è da subito di successo sportivo ma non è che negli anni '30 facevi chissà che soldi con le sole sportive (vedi IF e Bugatti): anche allora furono i generalisti a guadagnare (Ford e Fiat ad esempio , a parte GM etcc). D'altronde già con Romeo (napoletano) e poi con Iri a Pomigliano (che non è nata Alfa nel '68 ma oltre 30 anni prima) nasce il settore Avio e pesanti per diversificare.
Quando Fiat rileva Alfa tra l'85 e l'86 è noto che Alfa aveva i cassetti praticamente vuoti tranne un mitizzato V10 ed un'ipotesi di nuova berlina a tp che è già tanto definire ipotesi (ma si deve dire che se Luraghi non fosse stato defenestrato probabilmente le cose sarebbero state diverse, ma tant'è, di ciò non portò colpa Fiat ma la politica): l'unico vero progetto recente era la 164, già a TA e condivisa con Fiat, Lancia e Saab: la 75 era sul solito pianale del progetto 116 risalente ad oltre 15 anni prima ed aveva il solo merito di cercare di recuperare una dinamicità che le ultime Alfetta avevano perso: la 90 non era commentabile costituendo l'improbabile tentativo, purtroppo firmato Bertone, di far sembrare più recente la solita Alfetta in attesa di una sostituta che dopo 13 anni ancora non era neppure progettata. La 33 era un'Alfasud modernizzata, altro progetto di 15 e più anni prima. Restavano i motori a benzina Alfa: il bialbero in alluminio , evoluzione del 1.3 di 30 anni prima, concluderà la sua carriera con la testata Twin Spark, un motore fantastico che con la 155 adotterà i basamenti in ghisa Pratola Serra e morirà su 156 (e non furono cattivi motori): il mitico boxer, evolutosi sino al 1712 16 v da circa 133 cv, era un motore dal rombo rauco e caratteristico, lesto a prendere giri, ma poco incline ad adattarsi alle normative europee sui gas di scarico più restrittive e morirà sulla prima serie di 145-146 alla fine degli anni '90; il V6 Busso è stato uno dei migliori V6 del mondo e sarà portato sino a 166 e 156 (che citando intendo anche 147 e GT) oltre che esportato sulle Lancia: erano comunque progetti nati tutti molti anni prima del 1985 e, tranne la testata TS, non è che in cantiere vi fosse molto e ciò per la semplice ragione che vi erano buchi di cassa insostenibili.
Certo, Fiat fece la 155 che non era proprio ciò che si sperava ma Ford comunque avrebbe adattato la Mondeo in gestazione e non certo fatto uno specifico pianale: d'altronde quel che Ford poteva fare con i marchi premium lo si è visto con Volvo, Jaguar ed Aston Martin, tutte cedute dopo ampie perdite e modelli non sempre indimenticabili, compresa la Jaguar X type a TA (derivata, guarda caso da altra serie Mondeo).
Ghidella però, dopo vari errori (non voler produrre il TS ed inserire il Turbo Fiat-Lancia nel cofano della 164), peraltro rimediati con l'ok al TS ed al V6 2000 turbo, opta per una soluzione intelligente quela l'Alfa-Lancia Industriale, una scelta che, se fosse potuto rimanere Ghidella e svilupparla, ci consentirebbe oggi discorsi diversi ed avrebbe conseguito probabilmente il dichiarato obiettivo di 600.000 pezzi l'anno: era il polo premium italiano con due marchi all'epoca ancora ben caratterizati. Sappiamo che andò però diversamente e le scelte di Romiti le paghiamo ancora.
Viceversa, il periodo a cavallo del 2000 è un periodo buono per l'Alfa in mano Fiat (l'unico): ha modelli che vanno discretamente come la 166 e le GTV Spider e modelli di autentico successo quali la 156 e 147 con le varianti SW e GT: purtroppo quello è un periodo non buono per la Fiat stessa che si era legata a GM con la prospettiva della cessione, tra molti cambi di AD, morte degli Agnelli e assoluta incertezze di prospettiva: Alfa, invece, si era guadagnata addirittura una sua autonomia con la Business Unit:: dal rapporto con la Gm e dagli errori della BU sorgono purtroppo altri problemi che oggi si scontano: la 159 nasce con una visione fantastica: rendere il successo della 156 il trampolino per competere con le tedesche e BMW in particolare: quindi un'auto di classe superiore, non spartana come 156 e con un handling fuori dal comune: linea a Giugiaro che dovrà derivare la berlina dalla sua Brera (prima berlina che si ispira al coupé, forse, almeno per il frontale). Purtroppo il pianale Premium, derivato GM ma fatto proprio da Alfa (che non aveva voluto l'Epsilon di Vectra e Croma perché ritenuto poco rigido), non verrà condiviso da nessuno, nemmeno da Saab che opta per l'Epsilon: mancano quindi le risorse per modificare il pianale sul versante del peso: lo stile è fantastico ma in parte bruciato dai ritardi visto che la 156 restyling del 2003 lo anticipa in modo evidente e che la prima Brera-prototipo è ormai del 2002; l'handling resta insuperabile grazie al mix tra pianale rigido e sospensioni sofisticate ben più che su 156 ma manca quella agilità tipica della progenitrice: mancano, soprattutto, i motori: i benzina di origine GM-Holden hanno una testata specifica (e questo è vero) ad iniezione diretta studiata apposta da AR ma andavano turbizzati e non fu fatto; sui diesel il 1.9 ha successo nella versione 150 cv ma soffre per via del DPF che 156 non montava e che su questo motore è solo adattato: il 2.4 è vuoto sotto, consuma troppo ed ha problemi di DPF, e costituisce la peggiore pantera immaginabile (chiedere a Polizia e CC) poiché non agile, vuoto sotto e poi sparato come in città non serve e col filtro che s'intasa spesso per via del traffico e dei posti di blocco a motore acceso: il V6, anch'esso basamento Holden, ha una testata italiana ma non sembra avere i 260 cv promessi: quanto alla TI è di eccellente tipologia (torsen C come sul CW) ma con clamorosi limiti sulla coppia sostenibile. Soprattutto, e questo non sarà mai perdonato da Marchionne, l'auto costa quasi un miliardo di euro anche a causa delle inesistenti economie di scala e non riesce a vendere ai prezzi immaginati: quando si capisce che potrà vendere solo in perdita viene abbandonata dopo appena 3-4 anni senza sviluppare la fase 2 degli alleggerimenti, senza le varianti GTA e CW, senza alcun restyling (peraltro non necessario, a mio avviso): i motori TBI e 2.0 jtdm, che se avuti all'inizio avrebbero forse cambiato le sorti del prodotto, sono solo un'anticipazione di prova per il motaggio sulla Giulietta che beneficierà peraltro di uno step del TBI mai concesso alla 159 che pure sopporta i cv in ben altro modo.
In definitiva è vero che Marchionne dal 2004 ha concesso all'Alfa, alivello di auito sportive, solo di produrre la 8C: è vero che MiTo arriva da Grande Punto per fare un poco di numeri; è vero che la gestazione di Giulietta è anch'essa troppo lunga e che è scandaloso che 159 esce di scena come esce e non v'è una berlina Alfa di segm.D né una coupé, per non parlare di ammiraglia e spider: però Marchionne doveva, e mi pare ovvio provare prima a salvare Fiat e, dopo aver trovato un accordo con GM sciolto quasi subito sul piano finanziario ma più lentamente su quello tecnico, è da poco tempo che vi sono le basi per la sinergia industriale, e finanziaria, con Chrysler e Jeep.
Concludendo, è vero che Marchionne è in Fiat da oltre sette anni, è vero che su Alfa ha parlato spesso a sproposito ma forse solo da qui a due anni potremo veramente giudicare l'operato di un manager che si è mosso tra orizzonti finanziari e tecnici finora a dir poco incerti: le garanzie delle sinergie con gli americani (oggi abbiamo un ventaglio di pianali e motori davvero eccezionale e questo sembra non ricordarlo nessuno), se sfruttate adeguatamente, a mio avviso garantiscono all'Alfa un futuro meno fosco di quello che molti, giustamente delusi da anni di vane promesse, dipingono qui.
Io ho sentore che su Giulia ci sia un input di fare davvero bene: la 4C, da questo punto di vista, sembra preludere ad un cambio di marcia sul versante dell'attenzione alla natura sportiva del marchio, ovviamente da calare in un contesto di marketing difficile poiché, come evidenziato dalla pubblicità di Giulietta, dato per acquisito che Alfa ha il cuore sportivo e tiene bene la strada, oggi il cliente non prescinde da confort e qualità. Incrociamo le dita