MODIFICHE PROFONDE
Il pretesto – se così vogliamo definirlo –
che ha consentito l'ingresso nel territorio
abitato dalle B-Suv sta nell'ossatura: quella
piattaforma Ga-B sulla quale, per capirci,
poggia pure la Yaris Cross. So già che cosa
state pensando e vado dritto al punto: non
ci si può limitare a considerare la LBX una
sorella in ghingheri del modello con il marchio delle Tre ellissi sul cofano. Badate bene:
non è soltanto una mera questione di abito,
che segue stilemi tutti suoi (lontani anni luce,
peraltro, da quelli della Toyota). In ossequio a
un modo di affrontare la faccenda intrinsecamente giapponese, i progettisti della Lexus
sono infatti intervenuti in profondità, modificando pure le quote del telaio: il passo è
stato allungato di due centimetri (da 256 a
258) e le carreggiate allargate di ben cinque.
Risultato: un effetto scenico assai diverso.
Misure del Centro prove alla mano, nella
realtà tutto ciò non impatta in modo evidente sulla disponibilità di spazio interno, rispetto a ciò che rilevammo sulla Yaris Cross:
la LBX rimane in linea con ciò che offrono le principali concorrenti. In buona sostan
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za, i più alti sono tenuti ad accettare qualche
piccolo compromesso quando si accomoda
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no sul divano (soprattutto se ci si concentra
sullo spazio per la testa e su quello per le
gambe). Fra l'altro, se possono ricaricare
senza difficoltà i loro dispositivi portatili at
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traverso le due porte Usb-C, devono fare a
meno delle bocchette dedicate.
ORIGINALI QUELLE MANIGLIE
Siccome sono sempre i dettagli a fare la
differenza, vi farà piacere sapere che lo spi
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rito guida dei progettisti della Lexus è stata
la NX . Proprio dalla sorella maggiore,
per esempio, arrivano le particolari maniglie
apriporta interne, concepite per essere an
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che un dispositivo di sicurezza: lavorano, in
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fatti, in simbiosi con l'assistente che sorve
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glia l'angolo buio. Se i sensori individuano
un'auto, una moto o una bicicletta in avvici
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namento, il sistema impedisce lo sblocco
della porta. Di norma, bisogna premerle per
aprirla. E, in caso di malfunzionamento, tor
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nano a essere normalissime maniglie ma
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nuali che vanno semplicemente tirate.
Pure la plancia si distingue, nel mare ma
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gnum delle B-Suv. Non solo per un design
minimal ed elegante, ma anche per l'uso di
materiali tradizionalmente riservati ad auto
di ben altra categoria: l'area superiore è
morbida e la fascia centrale si distingue per
i rivestimenti di pregio, che compaiono pure
sui fianchi del tunnel, dove spesso si ap
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poggiano le ginocchia del guidatore, e su parte dei pannelli porta. Tutt'altro effetto,
insomma, rispetto alle esecuzioni della concorrenza generalista. Un'attenzione che non
ha sacrificato la funzionalità: i vani portaoggetti sono molti e vantano (tranne quelli
nelle porte) il fondo gommato.
Notizie meno buone dal bagagliaio, perché se i 319 litri rilevati sono un dato abbastanza in linea con quello di altre piccole
sport utility, l'assenza del piano regolabile in
altezza e l'importante scalino che si forma a
divano abbattuto limitano un po' la fruibilità.
MOLTO PARCA IN CITTÀ
Chi è in grado di riconoscerle e apprezzarle, troverà differenza pure nell'esperienza di
guida. Come potete immaginare, non è questione di uno sterzo affilato o di un telaio particolarmente coinvolgente – non è questo
che ci si aspetta da una Lexus, fra l'altro –,
piuttosto di sfumature che definiscono il carattere dell'oggetto. E che vanno tendenzialmente in direzione del confort. Sensazioni difficili da spiegare con i numeri abitualmente
sfornati dal Centro prove, ma che sono ben
percepibili. Mi riferisco, per dire, al sistema denominato Vehicle braking posture control:
nelle frenate dolci – non certo nei panic stop
– il ripartitore sposta gran parte dell'intervento al retrotreno, riducendo la tendenza del
muso ad affondare. E minore beccheggio significa maggiore confort. A proposito di
quest'ultimo: ammortizzatori e molle digeriscono con una certa semplicità un'ampia
gamma di difetti dell'asfalto, anche se chi siede dietro avvertirà qualche deciso scossone
in corrispondenza di gradini e ostacoli brevi.
Dovendo scegliere il terreno d'elezione
della LBX, propenderei per città ed extraurbano. Le ragioni sono semplici e vanno ricercate sotto un paio di aspetti: la succitata
comodità e l'efficienza. Per ciò che concerne
il primo, le risposte arrivano dall'indice di articolazione e pure dai timpani: finché si viaggia fino a 100-110 km/h, il timbro del motore, il rumore di rotolamento dei pneumatici e quello dell'aria rimangono fuori dall'abitacolo. Oltre, compare qualche fruscio
all'altezza del montante e, premendo con
convinzione l'acceleratore, il tre cilindri finisce per far sentire un po' troppo la sua voce.
Fra l'altro, questa è la situazione che mette più in difficoltà l'ibrido in termini di pura ef
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ficienza, visto che in autostrada non si va ol
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tre i 15,2 km/litro. Un risultato comunque di
rilievo, ma che finisce in secondo piano se
confrontato con i 25 km/litro raggiunti in
città o con i 22,3 dei percorsi extraurbani.
Meno scintillante il comparto freni: nessun
problema nelle classiche frenate sull'asciut
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to, che sono poi quelle che si effettuano nel
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la quotidianità, dove gli spazi sono adegua
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ti. Diventano però lunghi nelle prove di resi
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stenza, segno di un impianto che meritereb
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be di essere meglio dimensionato, e nei test
sull'aderenza bassa e differenziata.
Dal canto suo, anche in questa versione
più potente il powertrain conferma le doti
che l'hanno reso un'istituzione nel mondo
ibrido: la componente elettrica prende mol
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to volentieri parte al gioco e la trasmissione
e-Cvt regala quella scorrevolezza che ti
aspetti e che ti conforta, per esempio, negli
irritanti stop&go cittadini. Se lo cerchi, lui c'è
e puoi sorpassare senza prenderti spazi e
tempi eccessivi, però rimane il fatto che il
suo lato migliore lo scopri quando non hai
fretta. E vuoi goderti il viaggio. (Fonte QR. maggio 2024)