L’ombra di una nuova crisi - di Rosario Murgida | 19/08/2023
McKinsey ha lanciato l’allarme sulla carenza di elementi cruciali per la decarbonizzazione dell'auto e di tanti altri comparti manifatturieri. La soluzione? Aumentare il numero delle miniere. Ma non sarà a costo zero
Negli ultimi mesi sono aumentati gli allarmi sulla disponibilità delle materie prime che tutti considerano come fondamentali per la transizione energetica del settore automobilistico, di tanti altri comparti manufatturieri o di intere parti del tessuto economico, quantomeno dei Paesi avanzati. L’ultima a lanciare un avvertimento è stata la McKinsey, che in un report ha espresso diversi timori sulla potenziale carenza di metalli sia noti al grande pubblico, come il nickel o il rame, che quasi ignoti, come l’iridio o il disprosio.
Percorso a ostacoli. Per la società di consulenza è probabile un'imminente carenza di diversi metalli, che potrebbe creare ostacoli significativi all’adozione delle auto elettriche o di altre tecnologie come i pannelli fotovoltaici e le turbine eoliche. Le conseguenze sarebbero diverse: McKinsey parla di un rallentamento dei processi di decarbornizzazione, così come di un aumento dei costi di approvvigionamento e dei prezzi anche per i prodotti a basse emissioni di carbonio. "A meno che non vengano messe in atto azioni di mitigazione - si legge nel report - tali carenze probabilmente ostacoleranno la velocità globale della decarbonizzazione, perché i clienti non saranno in grado di passare ad alternative a basse emissioni di carbonio. Inoltre, queste carenze porterebbero a picchi di prezzo e volatilità tra i materiali, che a loro volta renderebbero le tecnologie in cui sono incorporati più costose e rallenterebbero ulteriormente i tassi di adozione". Insomma, i consulenti della società americana dipingono un quadro denso di problematiche e incognite.
Crisi dietro l’angolo. Tra l’altro, si tratta di "carenze" ormai vicinissime per diversi metalli rilevanti. Per esempio, l’offerta di nichel, un materiale ancora di estrema importanza nelle batterie agli ioni di litio, potrebbe essere del 10-20% inferiore all’effettiva domanda. Per altre materie prime, invece, le percentuali rischiano di essere molto più elevate: il disprosio, una delle terre rare utilizzate nei magneti dei motori elettrici, potrebbe subire una carenza fino al 70%. A tutto ciò si aggiunge un’ulteriore criticità, ovvero la scarsa diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Per McKinsey, infatti, si continuerà a riscontrare "un’elevata concentrazione di forniture di minerali e metalli in una manciata di Paesi, tra cui, ad esempio, la Cina (terre rare), la Repubblica Democratica del Congo (cobalto) e l'Indonesia (nichel)". Tali dipendenze, unite ai vincoli normativi creati, per esempio, dall'Inflation Reduction Act degli Stati Uniti o dal Green Deal europeo, rischiano di influenzare pesantemente la disponibilità dei vari materiali a livello regionale.
Le soluzioni. Ci sono, ovviamente, delle soluzioni, ma i benefici sono lungi dal palesarsi nel breve tempo. È il caso delle miniere, le quali necessitano di almeno cinque anni per l'entrata in funzione. Per soddisfare la crescente domanda di materie prime per le batterie delle auto elettriche, gli analisti della McKinsey ritengono che i siti estrattivi di cobalto, rame, litio e nichel debbano passare dagli attuali 500 a quasi 900, con un aumento di ben il 76%. Il quasi raddoppio delle miniere è fondamentale per garantire le forniture, ma non è a costo zero, in particolare per l’ambiente. "È fondamentale garantire la tempestiva espansione dei progetti che sono già stati annunciati, il che richiederà un'accelerazione dell'estrazione mineraria oltre i tassi di crescita storici per molti materiali, raddoppiando contemporaneamente l'esplorazione per garantire un ulteriore aumento dell'offerta oltre il 2030", affermano dalla società di consulenza. Aggiungendo che "gli investimenti in estrazione, raffinazione e lavorazione dovranno aumentare di 3-4 trilioni di dollari entro il 2030".
La ricetta migliore. In sostanza, ogni anno le spese del settore dovranno aumentare di un ammontare compreso tra i 300 e i 400 miliardi di dollari. Di pari passo, dovrà aumentare la forza lavoro (solo i tecnici minerari specializzati dovranno raddoppiare a 600.000) e dovranno entrare in funzione centrali energetiche per 500 gigawatt per alimentare questa espansione. Infine, si richiederanno procedure autorizzative più semplici, un rapido dispiegamento di infrastrutture e un’adeguata disponibilità di attrezzature e risorse idriche. A ogni modo, McKinsey fornisce anche altre soluzioni: innanzitutto, le industrie potrebbero spostare la domanda verso tecnologie che richiedono meno materiali o comunque materie prime per le quali l'offerta è meno limitata. In fin dei conti, la ricetta migliore è imperniata su due cardini: da una parte, sono fondamentali gli investimenti sui nuovi materiali; dall’altra, la politica dovrebbe favorire le tecnologie alternative. In poche parole, solo la neutralità tecnologica consente di ridurre il rischio di dipendere da una sola tecnologia e, quindi, da materie prime sempre più scarse e limitate.