Con questo spero di rispondere esaurientemente anche a Chiaro Scuro.
Premetto che la cosa e' complessa, e dunque lunga da spiegare.
Un conto e' la teoria, che ha delle belle formulette semplici semplici per casi specifici e un conto e' la realta' che e' COMPLESSA.
Le formule sono dei MODELLI della realta' che sono validi solo a patto di applicarle entro specifiche limitazioni e assunti di base, detti "condizioni al contorno", che non hanno nulla a che fare con l'insalata ma riguardano quello che potremmo definire l'"ambiente" in cui funziona la formula.
Questa deve essere semplice, perche' deve RAPPRESENTARE un aspetto della realta', in modo da renderlo analizzabile, ma non bisogna commettere l'errore di scambiare la mappa con il territorio.
Il regime di massima efficienza termodinamica del motore e' quel regime a cui la maggior quantita' di energia chimica contenuta nel quantitativo X di benzina iniettata viene convertita in energia termica e quindi energia cinetica.
Il regime di massima effficienza volumetrica e' quello in cui la quantita' d'aria immessa nei cilindri e' maggiore. Puo' anche essere >1, nel caso in cui effetti di scavenging permettano una leggera sovralimentazione e producano l'immissione di una quantita' d'aria leggermente superiore alla cilindrata nominale geometrica del motore.
Questi due regimi in buona approssimazione coincidono e tipicamente sono comparabili al regime di coppia massima.
Ne verrebbe da pensare che il regime di coppia massima sia SEMPRE il regime di minor consumo, ma non e' cosi'.
Perche' la realta' e' complessa, e comprende fattori che la formuletta non considera.
Prima di tutto, perche' il motore puo' girare a quel regime solo a patto di avere una data apertura della farfalla, che permetta al motore di ingoiare abbastanza aria da mantenere tale regime, e a cui corrisponde una data immissione di benzina, proporzionale all'aria aspirata, per mantenere il rapporto stechiometrico (in regime costante ci si approssima molto al rapporto stechiometrico ideale, dunque per ora assumiamo che si mantenga questo, poi vedremo).
Questa benzina, bruciando, produce energia.
Ma non e' detto che, alla velocita' a cui sto andando, io ABBIA BISOGNO di tale energia...

Per questo mi puo' convenire tenere un regime piu' basso con una marcia piu' alta che mi permette di tenere un'apertura della farfalla minore, di aspirare meno aria, di iniettare meno benzina. Questa verra' bruciata con minore efficienza, ma pazienza, ne consumo comunque meno e, a regime costante, mi conviene bruciarne solo quella che mi permette strettamente di mantenere la velocita' ottimale a cui ho ancora una resistenza aerodinamica trascurabile ma mi muovo con sufficiente celerita'.
Dunque, terro' la marcia piu' alta possibile, magari spostandomi a 40 all'ora in sesta?
Di nuovo, non e' cosi' semplice.
Il motore non e' un idea teorica, ma un oggetto reale.
Bisogna introdurre il concetto di carico del motore.
Sappiamo che una cosa e' la velocita' dell'auto, un'altra l'accelerazione.
Un'altra cosa ancora e' il carico del motore, ossia quanta resistenza a essere spostato il pistone oppone ai gas di combustione.
Un'auto a velocita' costante, paradossalmente, puo' produrre un carico motore molto piu' basso di un'auto in accelerazione da ferma.
Per capire il concetto di carico del motore, puo' essere utile vedere il rapporto innestato dal punto di vista opposto: solitamente siamo soliti considerarlo un "moltiplicatore" di coppia. Vediamolo invece come un riduttore di sforzo per il motore, un po' come facciamo con le marce della bicicletta.
Se riprendo da bassi giri con un rapporto alto, la resistenza offerta dall'inerzia del veicolo e dall'aerodinamica non viene demoltiplicata, e grava con forza sui pistoni, che offrono grande resistenza allo spostamento.
Questo produce aumento delle temperature della camera di scoppio, aumento di carico su tutte le parti meccaniche (cuscinetti, testate, perni di biella ecc), fasce elastiche, deformazioni dovuti ad aumenti delle pressioni eccetera e, in casi estremi, puo' produrre battito in testa.
Dunque, viaggiare a velocita' costante col motore drasticamente sottocoppia e' dannosissimo al motore. Per questo, comunque, dovremo tenere un regime basso, ma che non sia tanto sotto il regime di coppia della marcia innestata da produrre un carico esagerato sul motore (quello che si dice in gergo "motore imballato"

.
Un altro aspetto che limita la teoria e' il fatto che il motore e' collegato alle ruote e queste e il motore han regimi di rotazione drasticamente diversi, dunque deve esserci accoppiato un riduttore di qualche genere. Inoltre, anche le ruote non girano sempre allo stesso regime: accelerano e rallentano. Dunque il rapporto di riduzione deve variare. Questo rapporto di riduzione variabile e' il cambio, che non varia con continuita', ma a gradini.
Di nuovo, nell'ambito di un certo gradino dobbiamo trovare il regime che ci consente di stare al minor numero di giri senza scendere troppo sottocoppia e che ci permetta di tenere la farfalla piu' chiusa possibile.
Oppure sceglierci un altro gradino.
Non sempre questo e' possibile, persino a regime costante, perche' potremmo dover tenere una velocita' elevata che richieda piu' potenza di quella che il motore eroga a regime di coppia massima (la potenza massima e' a regimi superiori di quello di coppia massima, tipicamente).
Inoltre, bisogna considerare che le candele del motore sono costruite per operare a livello ottimale a una data temperatura, che l'auto e' progettata per mantenere, IN MEDIA nell'arco dell'inviluppo di guida tipico.
Se la candela si scalda troppo, si logora prematuramente e puo' portare ad accensioni anticipate che, di nuovo, ci daranno battito in testa. E il surriscaldamento aviene non necessariamente a regimi alti e a velocita' elevate, ma a CARICO ELEVATO del motore (non a caso il battito in testa e' piu' comune riprendendo da regimi bassi e velocita' ridotte con marce alte... ).
Se viceversa viaggio molto a lungo con un regime troppo "economico" e quindi freddo, posso produrre imbrattamento delle candele, che si raffreddano troppo per riuscire a bruciare le morchie prodotte dalla combustione della benzina. A questo punto le morchie, che sono conduttive, essendo residui carboniosi, creano un percorso a resistenza piu' bassa dell'apertura tra elettrodo e massa, e parte dell'energia della scintilla si scarica in quella direzione, riducendo la bonta' dell'accensione, portando la candela a sporcarsi ulteriormente e gravando pesantemente sull'accensione, fino a produrre potenzialmente dei guasti.
Dunque, anche qui bisogna fare attenzione.
E questo, a regime costante.
Dunque, ricapitolando, dobbiamo tenere la valvola a farfalla piu' chiusa possibile (cosi' che venga iniettata la minor quantita' di benzina strettamente indispensabile a produrre l'energia che ci serve per ciclo del motore) e il regime piu' basso possibile (cioe' il minor numero di cicli per unita' di tempo) compatibilmente con l'esigenza di mantenere il motore a un regime sufficiente a non surriscaldarsi e a non portare a un imbrattamento delle candele.
Nelle moderne auto con sensori di battito in testa a ionizzazione, che verificano la bonta' dell'arco, la centralina puo' provvedere entro certi limiti a generare condizioni che riducono l'imbrattamento smagrendo la miscela e variando l'anticipo, ma, di nuovo, l'elettronica e' scienza, non magia, e non puo' fare miracoli. La centralina non e' uno stregone, e' un pezzo di plastica e silicio che contiene delle tabelle di funzionamento pensate per le condizioni tipiche in cui ci si aspetta che il motore lavori.
Se noi a bella posta generiamo condizioni estreme, la centralina non riuscira' a compensare, anche perche' il motore, come detto, e' un oggetto fisico vincolato a dei limiti specifici. Se ne abusi sistematicamente, lo rompi, e nessuna centralina lo potra' impedire.
Aggiungiamo che la vastissima maggioranza delle centraline in circolazione, persino quelle di molte auto sportive, non operano a ciclo chiuso, ma SEMI chiuso.
La sonda Lambda che controlla i gas, e' tipicamente una sonda narrow band, ossia capace di percepire una gamma stretta di variazioni, che restituisce un valore di "OK" oppure "ALTO" oppure "BASSO". Si dice che il sistema funziona in commutazione. Finche' ci si trova in valori PROSSIMI alla banda di percezione della sonda, e i parametri primari di funzionamento del motore (massa d'aria, temperatura, pressione, regime di rotazione) variano nella prossimita' della lettura precedente di OK, il sistema funziona a ciclo chiuso. Ossia:
La sonda legge un valore.
Se e' corretto, la centralina mantiene invariati i parametri.
Se e' alto o basso, la centralina corregge e valuta se la lettura seguente e' OK.
Se invece il regime di rotazione, la temperatura dell'aria in ingresso, la massa d'aria aspirata e la pressione sono DRASTICAMENTE fuori dai parametri della precedente lettura di OK, allora il sistema funziona a ciclo aperto. Ossia, imposta i valori predeterminati dal costruttore per quel regime, pressione, temperatura e massa, e presume che vadano bene.
Naturalmente, a questo punto bisogna andare MOLTO cauti, e quindi in caso di brusca accelerata, dove si richiede prontamente potenza, la miscela viene ULTERIORMENTE ARRICCHITA (e non poco!) per garantire che non vi sia battito in testa, per compensare errori di lettura o condizioni di transitori che possono ingannare i sensori (che hanno un loro ciclo d'isteresi e dunque "inerzie" di lettura) e, soprattutto, il carico aumentato del motore.
In queste condizioni vengono passati parametri il cui scopo e', passata la condizione transitoria, riportare il tutto nella zona di "OK" della tabella, in cui si miscela a livello stechiometrico (piu' un po' di "grasso" per sicurezza, sempre e comunque).
Solo con una sonda lambda wide band, usata tipicamente solo con motori da competizione e con centraline estremamente sofisticate, si ha un funzionamento SEMPRE a ciclo chiuso.
Le cose si complicano ulteriormente in accelerazione.
Le condizioni che abbiamo visto fin'ora sono "statiche", non nel senso che l'auto non si muove, ma nel senso che non cambiano le condizioni in cui opera il motore: si suppone che stiamo viaggiando a regime di massima economia.
Se acceleriamo ci portiamo in condizioni dinamiche.
Il regime del motore varia, variano le risposte di aspirazione e scarico al regime armonico degli impulsi di pressione che li percorrono, varia il CARICO del motore.
E subentrano le condizioni di transitorio di cui si parlava prima.
Dunque, il sistema come prima cosa ARRICCHISCE drammaticamente la miscela, per preservarsi da condizioni di aumento estremo di temperatura che possono portare allo sfondamento di un pistone, e poi fornisce quello che deve secondo i parametri impostati nella tabella.
Il risultato e' che, se riprendo con una marcia ALTA, ho un CARICO maggiore sul motore (e la centralina arricchisce di piu') e ho una coppia che deve confrontarsi con una "resistenza meno demoltiplicata" (per restare sulla visione al contrario o "della bicicletta" di prima).
Dunque deve produrre energia piu' a lungo per ottenere pari risultato.
La cosa e' lampante andando in bicicletta, dove l'energia necessaria alla ripresa la produciamo noi, non qualcun'altro, e dove non ci sogneremmo mai di accelerare nella marcia piu' alta, ma scaliamo prontamente per raggiungere la velocita' desiderata per poi tornare alla marcia piu' alta che ci consenta di pedalare con il giusto impegno senza spomparci, ma senza nemmeno girare a vuoto rischiando uno stiramento o un crampo (ehi, proprio come un motore!

).
Dunque, nel transitorio, scaleremo marcia in modo da ottenere la transizione di velocita' in un tempo minore. Avremo un consumo leggermente maggiore, ma per molto meno tempo, dunque il risultato e' che ci guadagnamo.
Naturalmente non significa "il minor tempo possibile", perche' per ottenere la miglior accelerazione possibile dobbiamo passare dal regime di coppia massima poi a quello di potenza massima, col risultato che consumiamo moltissimo.
Ossia, il computer di bordo che presenta il consumo
istantaneo in questo caso inganna.
Il consumo istantaneo accelerando da marcia alta e' piu' basso, ma siccome impieghiamo molto piu' tempo a raggiungere la velocita' desiderata, il consumo COMPLESSIVO dell'operazione e' superiore che non scalando, dove consumiamo di piu' nell'unita' di tempo, ma impieghiamo meno unita' di tempo a compiere l'accelerazione.
Dobbiamo scalare marcia, accelerare con decisione nel regime di coppia massima, e poi portarci nuovamente in regime statico.
Per questo la marcia economica e' un'arte, esattamente come la guida sportiva, tanto che un tempo (e ancora oggi in ambito accademico e di ricerca) esistevano proprio delle gare di economia dove vinceva chi percorreva piu' km con meno consumi, e non era da tutti riuscirci.
Ogni motore e' diverso, e ogni auto e' diversa. Serve sensibilita' per la meccanica, per il carico del motore (che e' molto piu' difficile da percepire che non la velocita' o l'accelerazione, specie nelle auto superisolate e superfiltrate di oggi), per le condizioni ambientali e, soprattutto, regolarita' ed evitare il piu' possibile i transitori.