<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Gruppo Stellantis | Page 99 | Il Forum di Quattroruote

Gruppo Stellantis

Occhio che questa cosa del margine non è più tanto vera...vale la pena ricordare che i listini della Panda (e delle altre piccole) sono lievitati enormemente...quindi si riesce a marginare bene anche col segmento A.
I listini della Panda son lievitati così come tutti gli altri segmenti e tutto il resto dei prodotti non automotive.
 
Occhio che questa cosa del margine non è più tanto vera...vale la pena ricordare che i listini della Panda (e delle altre piccole) sono lievitati enormemente...quindi si riesce a marginare bene anche col segmento A.


Dall' articolo infatti si estrapola tranquillamente il concetto:
" finanzieremo le elettriche coi guadagni delle termiche "

https://www.quattroruote.it/news/in...e_grandi_manovre_della_francia_dell_auto.html

Un po' sotto la meta'....
PARAGRAFO: " Renault nel mirino "
 
In tv hanno appena diffuso la smentita delle voci di fusione con Renault.
Io non voglio difendere Stellantis ma trovo ridicole le dichiarazioni politiche di questi giorni.
Come cacchio si può pensare di aumentare le vendite e la produzione in Italia e allo stesso tempo di puntare verso l'elettrico?
Non mi pare che le elettriche degli altri marchi (tolta Tesla) vadano alla grande.
Gli incentivi non servono a nulla se non a lavarsi la coscienza mentre i problemi che le persone normali dovranno affrontare per via di questo cambiamento epocale restano e saranno enormi.
Capisco che gli slogan siano il loro pane quotidiano ma sono lontani anni luce come sempre da quelle che sono le problematiche del mondo reale.
 
DAGOREPORT: Se l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, rilascia interviste e va allo scontro con il governo italiano, è perché John Elkann ha massima fiducia in lui. La stima dell’ingegnere per il manager portoghese è solida, e ha riempito quel vuoto lasciato dalla morte di Sergio Marchionne, nel luglio del 2018.
La scomparsa dell’ad italo-svizzero fu un brutto colpo per il rampollo Agnelli, che si rese conto di aver perso la mente geniale che aveva contribuito a salvare l’impero e a rilanciarlo. Sentendosi più debole, John Elkann aprì il negoziato con l’allora gruppo Peugeot per diluire Fiat Chrysler all’interno del gruppo Stellantis. Della serie: non avendo più un cavallo di razza a guidare l’azienda, tanto vale fonderla per un’alleanza che dia più solidità in un mondo dove solo i più grandi sopravvivono.
E fu in quella occasione che Elkann conobbe Tavares, un duro e intransigente manager con una profonda conoscenza del mercato dell’automotive e un’idea chiarissima sul ruolo che l’azienda avrebbe dovuto ricoprire.
A sparigliare un po’ i piani non solo di Stellantis ma dell’intero comparto dell’auto è arrivata, negli ultimi anni, la cavalcata cinese sulle auto elettriche. La capacità di Pechino di investire nel segmento di mercato e di produrre a basso costo ha messo sotto pressione tutti i player europei, Stellantis compresa. I timori dei grandi produttori di auto, uniti a quelli dell’Unione europea di essere “invasa” dalle macchine cinesi, ha fatto cadere il tabù degli incentivi elargiti da Bruxelles alle case produttrici di auto.
Lo Stato francese (azionista di Renault e di Stellantis) ha varato un piano di incentivi che esclude di fatto gli acquisti di auto provenienti dalla Cina, e anche in Germania i sussidi per l’acquisto di macchine a batteria sono ripartiti, salvo uno stop “procedurale” dovuto alla sentenza della Corte costituzionale sul bilancio.
Di fronte alle politiche franco-tedesche, è difficile dare torto a Tavares, quando accusa il governo Meloni di volere la siringa piena e la moglie drogata: pretende un aumento della produzione e garanzie occupazionali sugli stabilimenti, ma non contribuisce a contenere la concorrenza cinese con generose elargizioni.
Anzi, i progetti al via rischiano di finire per avvantaggiare Pechino. Secondo quanto riporta oggi “il Messaggero”, il 70% degli incentivi al via a marzo (793 milioni di euro solo per la parte auto) servirà per comprare veicoli assemblati all’estero. "Soltanto il 30% sarà distribuito tra i modelli costruiti negli stabilimenti in Italia: a beneficiarne saranno soprattutto i futuri proprietari di Panda (prodotta a Pomigliano d’Arco), Cinquecento elettrica (Mirafiori) e Jeep Renegade (Melfi) targati Stellantis".
L’idea che lo Stato italiano possa entrare in Stellantis è stata partorita dalla fervida immaginazione del ministro Adolfo Urso, ma Tavares è già insofferente per la presenza della Francia in Stellantis, figuriamoci se ha voglia di accollarsi l’ennesima zavorra statale che proverebbe a orientare scelte e investimenti.
Ps. L’Unione europea frigna ora, a buoi scappati, per lo strapotere cinese nell’elettrico. Ma sono state proprio le scelte di Bruxelles, tra una transizione ecologica e un “green deal”, a dare una spinta fortissima al Dragone e alla sua industria a batteria.
 
(ANSA) - "Non esiste alcun piano allo studio riguardante operazioni di fusione di Stellantis con altri costruttori. La società è concentrata sull'esecuzione del piano strategico Dare forward e nella puntuale realizzazione dei progetti annunciati per rafforzare l'attività in ogni mercato dove è presente, inclusa l'Italia". Lo afferma il presidente di Stellantis John Elkann, interpellato dall'ANSA. "Stellantis - aggiunge - è impegnata al tavolo automotive promosso dal Mimit che vede uniti il governo italiano con tutti gli attori della filiera nel raggiungimento di importanti obiettivi comuni per affrontare insieme la transizione elettrica".

“Corriere della Sera”
In un’industria in recessione come quella dell’auto, i costruttori si aggregano sopratutto per fare sinergie. Fuori dal gergo finanziario, per tagliare i costi, eliminando doppioni e sovrapposizioni, e per spalmare gli investimenti sull’elettrico su una base di ricavi più ampia, mantenendo elevati i dividendi per i soci.
L’ipotizzata alleanza fra Stellantis e Renault (o, per meglio dire, l’eventuale acquisizione di Renault da parte di Stellantis) non farebbe eccezione. Con quali rischi per le fabbriche italiane dell’ex Fiat-Chrysler e per i suoi 43 mila dipendenti nel Paese? A prima vista, non sussistono ridondanze produttive: in Italia sono attivi solo sei impianti di Stellantis. Ciò non toglie che l’unione dei due gruppi potrebbe comportare diverse insidie indirette per l’industria dell’auto nazionale.
Anzitutto, il nuovo colosso da oltre 7 milioni di auto vendute e 220 miliardi di fatturato annui — che, con minimo sforzo di fantasia, chiameremo Stellault — si troverebbe con 17 marchi (14 di Stellantis e 3 di Renault), che oggi spesso sono concorrenti. Avrebbe senso a quel punto mantenere i brand di Fiat, Lancia, Maserati accanto a quelli di Dacia, Renault e Alpine? Qualora alcuni di loro dovessero sparire, gli impianti dedicati alla produzione dei loro modelli potrebbero risentirne.
La filiera dell’auto italiana si troverebbe poi a dover gestire un cliente ancor più scomodo di Stellantis, già di per sé molto ingombrante e altrettanto esigente quanto ai prezzi delle forniture. Un terzo dell’indotto nazionale genera infatti oltre il 50% del giro di affari con le vendite al gruppo ex Fca e il 68,4% lo annovera tra i clienti, mentre Renault realizza ogni anno acquisti per circa un miliardo nel Paese. La nascita di Stellault aumenterebbe quindi la dipendenza dei fornitori italiani da un gruppo con baricentro decisionale molto spostato verso la Francia.
Alla luce dei valori in campo, in realtà, la combinazione fra Stellantis e Renault non modificherebbe radicalmente gli equilibri nell’azionariato. L’aggregazione potrebbe avvenire secondo più modalità: ipotizzando un’acquisizione carta contro carta, poiché Renault vale 10,4 miliardi in Borsa e Stellantis 66,7, i soci di Renault otterebbero nel nuovo gruppo una partecipazione pari a un sesto di quella attuale.
Il governo francese — che detiene il 6,4% di Stellantis (ma il 9,9 dei diritti di voto) e il 15% di Renault — arriverebbe così a controllare il 9-10% del neonato gigante dell’auto. Una quota che, sommata a quella della famiglia Peugeot (oggi al 7,1% di Stellantis), porterebbe probabilmente gli azionisti francesi a sopravanzare nel capitale di Stellault la holding Exor degli Agnelli-Elkann, che ora è il primo socio di Stellantis con il 14,9%.
Al di là delle possibili alchimie finanziarie, [...] la Francia sarebbe di sicuro il centro industriale e gestionale del nuovo costruttore. Fra componentistica e assemblaggio, Stellault si troverebbe ad avere nel Paese 23 stabilimenti [...] e oltre 80 mila dipendenti, rispettivamente il quadruplo e il doppio rispetto agli impianti e al personale dell’ex Fca in Italia [...]
 
DAGOREPORT: Se l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, rilascia interviste e va allo scontro con il governo italiano, è perché John Elkann ha massima fiducia in lui. La stima dell’ingegnere per il manager portoghese è solida, e ha riempito....


....Ben bene anche il suo borsellino

:emoji_wink::emoji_wink:

P.s.

Ma i costruttori Koreani e Giapponesi....
Non sono colpiti a loro volta dai Cinesi
??
 
Intanto la quota di partecipazione degli Agnelli (Exor) su Stellantis come "diritto di voto" è salita al 25.9%, grazie a una clausola dello Statuto che prevede appunto l'assegnazione di azioni con diritto di voto dopo un certo periodo. Anche se la famiglia Peugeot e la Stato francese facessero la stessa cosa, data la minore incidenza sul capitale, avrebbero meno azioni gratuite e quindi la quota di capitale in mano a Exor aumenterebbe comunque fino alla soglia del 22% circa, aumentando la leadership. Se questo vuol dire voler uscire dall'automotive...

Senza contare che loro hanno anche il fiore all'occhiello Ferrari (senza francesi nel capitale)...
 
Anche Quattroruote pubblica oggi un articolo sulla smentita (questa volta chi parla è il presidente John Elkann e non l'AD Tavares) relativa ai contatti con Renault per una possibile fusione.

Stellantis, Elkann: "Non ci sono piani di fusione con altri costruttori" - Quattroruote.it
2019-John-Elkann-01%20(1).jpg
 
DAGOREPORT:
Lo Stato francese (azionista di Renault e di Stellantis) ha varato un piano di incentivi che esclude di fatto gli acquisti di auto provenienti dalla Cina, e anche in Germania i sussidi per l’acquisto di macchine a batteria sono ripartiti, salvo uno stop “procedurale” dovuto alla sentenza della Corte costituzionale sul bilancio.
Di fronte alle politiche franco-tedesche, è difficile dare torto a Tavares, quando accusa il governo Meloni di volere la siringa piena e la moglie drogata: pretende un aumento della produzione e garanzie occupazionali sugli stabilimenti, ma non contribuisce a contenere la concorrenza cinese con generose elargizioni.
Anzi, i progetti al via rischiano di finire per avvantaggiare Pechino. Secondo quanto riporta oggi “il Messaggero”, il 70% degli incentivi al via a marzo (793 milioni di euro solo per la parte auto) servirà per comprare veicoli assemblati all’estero. "Soltanto il 30% sarà distribuito tra i modelli costruiti negli stabilimenti in Italia: a beneficiarne saranno soprattutto i futuri proprietari di Panda (prodotta a Pomigliano d’Arco), Cinquecento elettrica (Mirafiori) e Jeep Renegade (Melfi) targati Stellantis".
L’idea che lo Stato italiano possa entrare in Stellantis è stata partorita dalla fervida immaginazione del ministro Adolfo Urso, ma Tavares è già insofferente per la presenza della Francia in Stellantis, figuriamoci se ha voglia di accollarsi l’ennesima zavorra statale che proverebbe a orientare scelte e investimenti.
Ps. L’Unione europea frigna ora, a buoi scappati, per lo strapotere cinese nell’elettrico. Ma sono state proprio le scelte di Bruxelles, tra una transizione ecologica e un “green deal”, a dare una spinta fortissima al Dragone e alla sua industria a batteria.



La Francia ha iniziato quest'anno a incentivare la produzione nazionale.
Fino a ieri finanziava le vetture a basse emissioni.
Lo stesso facevano e fanno i tedeschi oggi.

D'altronde la UE è stata chiara, bisogna abbassare le emissioni, incentivando l'acquisto di vetture "pulite".

Al netto di questo, lo stato italiano fa bene ad allarmarsi adesso.
Perchè:
Pomigliano non hanno modelli assegnati
Mirafiori latita da 10 anni con la cassa integrazione
Melfi partorirà vetture elettriche che non vuole nessuno


Senza dimenticare l'indotto.
Con lo schema FCA, con ogni fabbrica c'era l'indotto intorno che forniva pezzi.
Adesso con l'addio di Marelli, l'arrivo di Faurecia e tutto il know-how francese, di italiano resta ben poco.

Il nocciolo è proprio quello li.
Non solo produrremo pochi veicoli, senza indotto, ma non li progetteremo nemmeno.
 
Intanto la quota di partecipazione degli Agnelli (Exor) su Stellantis come "diritto di voto" è salita al 25.9%, grazie a una clausola dello Statuto che prevede appunto l'assegnazione di azioni con diritto di voto dopo un certo periodo. Anche se la famiglia Peugeot e la Stato francese facessero la stessa cosa, data la minore incidenza sul capitale, avrebbero meno azioni gratuite e quindi la quota di capitale in mano a Exor aumenterebbe comunque fino alla soglia del 22% circa, aumentando la leadership. Se questo vuol dire voler uscire dall'automotive...

Senza contare che loro hanno anche il fiore all'occhiello Ferrari (senza francesi nel capitale)...

Tutti i soci che sono in Stellantis da 3 anni hanno la facoltà di aumentare la quota di partecipazione.
Cosa che la controparte francese ha fatto.

Exor è socio finanziario.
La parte francese fa industria.
 
La Francia ha iniziato quest'anno a incentivare la produzione nazionale.
Fino a ieri finanziava le vetture a basse emissioni.
Lo stesso facevano e fanno i tedeschi oggi.

D'altronde la UE è stata chiara, bisogna abbassare le emissioni, incentivando l'acquisto di vetture "pulite".

Al netto di questo, lo stato italiano fa bene ad allarmarsi adesso.
Perchè:
Pomigliano non hanno modelli assegnati
Mirafiori latita da 10 anni con la cassa integrazione
Melfi partorirà vetture elettriche che non vuole nessuno


Senza dimenticare l'indotto.
Con lo schema FCA, con ogni fabbrica c'era l'indotto intorno che forniva pezzi.
Adesso con l'addio di Marelli, l'arrivo di Faurecia e tutto il know-how francese, di italiano resta ben poco.

Il nocciolo è proprio quello li.
Non solo produrremo pochi veicoli, senza indotto, ma non li progetteremo nemmeno.


L' addio di Marelli,

non lo chiamerei proprio in questi termini....
Addio fa pensare a qualcosa di triste.
Qui invece, non sono USCITI singhiozzi e lacrime,
come si confa' agli addii classici,
ma sono ENTRATI diversi miliardi....
 
6 miliardi se non ricordo male la cifra!

L'addio comunque era per le nuove macchine targate Stellantis, abbandonano Marelli per Faurecia.

Sui motori poi non dico nulla.
 
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