ottovalvole ha scritto:
esprimo un concetto cercando di essere quanto più obiettivo possibile:
Posso investire poco,produrre e vendere pochi modelli ma avere in cassa 4 lire così come posso investire tanto,produrre tanto ma avere in cassa 3 lire perchè malgrado venda tutte quelle macchine ho investito troppo sulla progettazione di vetture che fanno numeri marginali. Cosa porta questo?
Nel primo caso porta un pò di sano guadagno a casa senza nessun vizio e con pochi sforzi, però porta anche un'allontanamento della clientela che trovandosi una gamma misera di vetture viene spinta (contro il suo volere) a comprare prodotti della concorrenza. Nel secondo caso c'è l'effetto positivo di avere una gamma ben articolata di vetture, di rendere l'azienda sempre attiva con una produzione sempre forte seguita da altrettante vendite,c'è anche un'acquisizione di clientela proveniente dal primo caso e una fidelizzazione della clientela "storica". Di contro però c'è il rischio di non recuperare del tutto gli investimenti o di stare in speranza che i modelli clou della casa vendano per coprire le perdite dei prodotti di nicchia. Quale situazione è meglio? e quale peggio? non lo so nemmeno io,forse una via di mezzo sarebbe l'ideale,cioè investire il giusto per una gamma media che non faccia scappare tutti i clienti e che faccia recuperare gli investimenti. Tutti questi dibattiti ce li abbiamo proprio perchè si parla di due strategie opposte e nessuno riesce a capire che ci sono i pro e i contro per entrambe...bisognerebbe valutare a lungo termine (prendendo come riferimento l'andamento del mercato)
Beh, io porto la mia esperienza personale.
Sono a contatto ogni giorno da anni con aziende piccole, medie, grandi, multinazionali. Non ho mai visto nessuna azienda tirare i remi in barca e bloccare gli investimenti perchè c'è crisi. È una strategia che non ho mai visto adottare da nessuno, nemmeno da aziende in via di fallimento.
Perchè purtroppo ho visto anche decine di aziende cominciare a navigare prima in acque scure, poi avvicinarsi al tracollo, con i fornitori che cominciano a negar loro le forniture, ed infine fallire. Nemmeno queste aziende, mentre sentivano avicinarsi il capolinea, gettavano mai la spugna: si attaccavano al telefono alle 10 di sera pur di trovare qualche fornitore temerario disponibile alla fornitura, magari a prezzo gonfiato, pur di non fermare le macchine, pur di andare avanti, ed avere quel minimo di aria che permettesse loro di respirare un altro giorno, girando l'assegno dell'ultimo cliente al primo fornitore in fila per essere pagato.
Figuriamoci se ho mai visto un comportamento diverso da parte di aziende in normale stato di salute.
L'unica eccezione che conosco sono le piccole aziende a conduzione familiare. Dove, per intendersi, la mamma fa la contabilità, il padre sta alla macchina, il figlio studiato tratta i clienti e quello ignorante sta sul carrello. Questi sono gli unici cui ho visto rifiutare il lavoro quando magari i prezzi calavano sottocosto. Ovviamente: non hanno stipendi da pagare, o investitori che pretendono un piano: se non si guadagna si fermano e fanno le pulizie, o ristrutturano. E se la bonaccia dura troppo, vendono la baracca e vanno in pensione con le ricchezze di una vita.
Tutti gli altri, con centinaia di dipendenti, gli investitori che pretendono rendiconti, non possono fermarsi: hanno bisogno che l'acqua continui a girare nel mulino. Se si fermano vengono sotterrati dai costi in 25 secondi.
E allora come fa Fiat a tirare i remi in barca, a non produrre più? Semplice, ha trovato acqua altrove, e lì si sposterà. Come dici tu, quello che sta facendo qui in Europa, se non ci fosse il mercato Usa, non sarebbe sostenibile, sarebbero già falliti da mo'. Nessuno può fermarsi, nell'industria.