Il discorso è leggermente diverso: i programmatori "mettono dentro" sostanzialmente due cose, algoritmi e dati iniziali, con il proposito di arrivare a creare un sistema capace di simulare alcune capacità tipiche dell'intelligenza umana, come apprendere, ragionare, riconoscere, prendere decisioni e risolvere problemi.
Gli algoritmi sono le regole e le istruzioni logiche impartite dai programmatori ai computer per analizzare dati, imparare da essi e migliorare le proprie prestazioni nel tempo. Tra le tecniche più importanti seguite nella programmazione di AI ci sono il machine learning (apprendimento automatico) e il deep learning (apprendimento profondo), basati su reti neurali artificiali che imitano in modo molto semplificato il funzionamento del cervello umano.
Infatti una volta implementati gli algoritmi, si passa all' istruzione e all' addestramento della AI fornendole via via sempre più dati da elaborarare e verificando la correttezza dei ragionamenti. Come se andasse a scuola, partendo dalle elementari fino all' università, con tanto di esami.
In parole povere più dati l'AI riceve e più potenza di calcolo ha a disposizione, migliore diventa la sua capacità di imparare e prendere decisioni autonome. Questi sistemi non solo analizzano i dati, ma sono in grado di adattarsi e migliorare con l'esperienza, proprio come una persona che apprende dai propri errori o successi.
Quindi i programmatori non hanno messo tutti i dati di tutto lo scibile dentro i chips, ma hanno dato loro un metodo di ragionamento su come e dove cercare i dati che servono, e farlo in modo sempre più autonomo. Può capitare peró che ogni tanto la AI prenda qualche "allucinazione".
Questo succede perché i modelli linguistici di intelligenza artificiale, come quelli basati su grandi modelli di linguaggio (LLM), producono output probabilistici basati su dati di addestramento e previsioni statistiche. A volte, a causa di errori di interpretazione, dati distorti o incompletezze nei dati di addestramento, l'IA inventa fatti, numeri, nomi o eventi per mantenere la coerenza del discorso, generando così informazioni errate o fuorvianti.
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