Una volta (almeno ai miei tempi) chi si laureava in ingegneria civile al novanta percento si indirizzava alla libera professione. Quanto imparato all' università costituiva una buona base di partenza, grazie agli strumenti mentali acquisiti e all' abitudine al ragionamento logico-matematico (se poi una aveva fatto prima scientifico o classico ancora meglio). Ovviamente farsi l' esperienza sul campo era fondamentale, e con essa intendo sia l'approccio con i clienti, con il cantiere e le imprese, sia con gli enti. Si entrava in uno studio avviato, si collaborava, si imparava, si seguiva il cantiere. Mi ricordo sempre cosa mi disse l' ingegnere, il primo con cui iniziai i primi passi nella professione: "imparare a gestirsi" e "prima consegniamo e prima fatturiamo". Questo in risposta ad una mia tendenza ad approfondire quello che facevo, chiedendo spesso consigli e ovviamente aumentando il tempo di esecuzione del lavoro.
Adesso? Escono da ingegneria (io parlo della civile) senza sapere cos'è un cordolo, non hanno mai visto una betoniera. Gli hanno riempito la testa sul fatto che si devono specializzare, quindi altri corsi, altri master (ovviamente non in cantiere, si rischia di sporcarsi di calce), l' importante per loro è mettere sul curriculum l'aver partecipato a corsi post lauream sempre teorici (che servono solo ai professori per i loro interessi carrieristici accademici), figuriamoci saper disegnare l'armatura di una trave in cemento armato, non ne hanno la minima idea, tanto la sforna il software di calcolo. Cosi' siamo messi, la dura realtà.