è istintivoQuelli che fanno retro non li ho mai capiti.
Ok sarà una rottura aver superato l'uscita ma se tutto va bene sono pochi km per imboccare quella successiva e non rischi la vita o una multazza salatissima.
è istintivoQuelli che fanno retro non li ho mai capiti.
Ok sarà una rottura aver superato l'uscita ma se tutto va bene sono pochi km per imboccare quella successiva e non rischi la vita o una multazza salatissima.
istintivo è imprecare.è istintivo
istintivo è imprecare.
Se sbaglio, anche fuori autostrada, vado avanti finché trovo un posto comodo per fare inversione di marcia.
... l'obiettivo del telefonino, di solitoIo ho notato,ma sarà una coincidenza,che raramente le guidatrici guardano a lato,come se avessero i paraocchi.
Quindi le bici rischiano e se ad esempio devi svoltare e nell'altra corsia c'è la coda ti puoi scordare che si fermino qualche metro prima per lasciarti lo spazio necessario.
Si guarda sempre avanti verso l'obiettivo...
In neretto le frasi tue, e/o riportate.Mi permetto di citare integralmente l'articolo della rivista che ci ospita, tanto a futura memoria, tanto per stigmatizzare quanto io mi senta allineato con l'opinione dell'articolista (e immagino anche di tutte le persone di buonsenso). Una betoniera in città va pianissimo...per finirci sotto le ruote in bici, occorre: 1) fregarsene altamente dei pericoli pensando di essere invincibile, impunibile, invulnerabile; 2) attraversare sulle strisce pedonali -vietato- tanto lo fanno tutti e io comunque ho ragione; 3) non conoscere gli "angoli morti" che appunto il buonsenso farebbe immaginare, se dotati di un minimo di intelletto funzionante.
https://www.quattroruote.it/news/cronaca/2023/04/21/milano_bici_bike_lane_e_videogame.html
"Un equivoco presuppone buona fede; nel caso della bike lane chiamate impropriamente dai politici a ogni inaugurazione - e con vanto - piste ciclabili, invece, sarebbe ora di fare chiarezza. E, soprattutto, di aprire gli occhi. Le centinaia di metri di strisce di vernice pittate a Milano per dare strada alla cosiddetta mobilità dolce - in condivisione scellerata col resto del traffico, anche a contatto di gomito con i mezzi pesanti e quelli del trasporto pubblico - oltre ad avere penalizzato la viabilità come previsto dal progetto originale (dove prima occorrevano 20 minuti per raggiungere la meta ora ne occorrono più di 30), hanno trasformato le strade cittadine in una sorta di videogame atroce e senza regole: stressante e pericolosissimo. Tra modifiche stradali studiate per penalizzare sistematicamente l’automobile, bici e monopattini introdotti a sciami che spuntano da ogni angolo, lasciati liberi di passare col rosso come di prodursi in qualsiasi tipo di manovra irregolare, contromano compresi, e raider del delivery ricattati da un algoritmo che li spinge a commettere infrazioni di ogni tipo per non perdere il lavoro (dal tramonto, il 90% senza luci, e senza che nessuno abbia niente da dire), per il numero di rischi che si corrono, come le cronache e la crescita verticale degli incidenti dimostrano, sarebbe un brutto videogioco da vietare almeno ai minori. Quelli che vediamo impunemente in due sui traballanti monopattini in sharing, per esempio, anche davanti agli occhi di operatori alla sicurezza che voltano la testa dall’altra parte. Nel 2022, a Milano sono stati fatti 1258 controlli tra monopattini e bici: 5 le sanzioni elevate.
Cantieri e vernice. L’annunciata "rivoluzione della mobilità" sotto il Duomo è, a dir poco, un’ipocrisia. In una città costantemente cantierizzata e che per questo mette a contatto di gomito mezzi pesanti e ciclisti dividendoli con una linea impalpabile come quella gialla, che indica una bike lane stabilmente invasa da centinaia di furgoni, quelli che dall’esplosione dell’e-commerce esercitano a cavallo della corsia e occupano tutti gli angoli degli incroci (ancora, senza che nessuno batta ciglio); in una metropoli dove la percentuale di persone che necessitano ogni giorno di mobilità alla voce ciclisti tocca a stento il 4%, checché ne dica la propaganda istituzionale, quanto messo in scena è la peggiore pubblicità che si possa fare per convincere qualcuno ad abbandonare l’auto a favore delle pedivelle, obiettivo dichiarato della giunta in carica e da quella che l’ha preceduta. Per crescere davvero le due ruote necessiterebbero di tracciati in trincea, di percorsi fisicamente separati dal resto del traffico e, se possibile, di sensi unici tangenziali riservati. Accettare di stare a contatto con betoniere e automezzi di varie dimensioni con l’obiettivo di “riprendersi la strada”, scalzando un po’ alla volta il traffico veicolare è pura demagogia. Che qualcosa non funzioni cominciano a capirlo anche i ciclisti, quelli dotati di fisico bestiale e spirito da guerriero, virtù necessarie per partecipare alla sfida proposta a Milano con la formula del “tutti contro tutti”. Roba, l’accettazione della pericolosa promiscuità proposta, da rispedire al mittente, assieme alle contravvenzioni che vengono elevate a entrambe le parti in caso di incidente: quel che occorre per scaricare ogni tipo di responsabilità sempre e solo su chi, suo malgrado, rimane coinvolto. A determinare i sinistri, in molte occasioni sono proprio le deliranti soluzioni adottate. In qualche associazione di ciclisti, presidenti senza paraocchi cominciano a parlarne, ma i nodi creati nel frattempo sono tanti che sembrano aver già consumato il pettine."
Capità perciò che si arrivi al semaforo trovandosi alla destra di una Betoniera (p.e.) senza alcuna freccia attivata.
E già questa è un'idiozia normativa. Poi "possono" non significa "devono", se vedi che c'è un camion, stai attento e stai alla larga...così mi insegnavano da piccolo, quando andavamo sulla Luna e non chiamavamo lo psicologo per un brutto voto, denunciando la maestra.I ciclisti possono superare a destra la colonna di auto ferma al semaforo, stop, passaggio ferroviario.
AKA_Zinzanbr - 15 ore fa
quicktake - 2 anni fa
Suby01 - 1 mese fa