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Quasi 3.000 morti sulle strade in un anno. L’Italia peggio della media europea

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Però è un istinto che va contro tutto quello che viene insegnato in autoscuola.
Fossero anche pochi metri in autostrada non si torna indietro.
Come in ascensore se premi per errore il pulsante del sesto piano e devi scendere al terzo non tenti di aprire manualmente le porte e gettarti nel vuoto.
Arrivi al sesto e poi scendi.
 
istintivo è imprecare.
Se sbaglio, anche fuori autostrada, vado avanti finché trovo un posto comodo per fare inversione di marcia.

Alcune persone hanno l'abitudine di fare inversione dove capita.
Anche quando magari a 100 metri c'è una rotonda o basta svoltare alla prima traversa e tornare indietro.
In città se ne vedono di ogni.
Io faccio inversione solo quando è proprio necessario e se si tratta di strade semideserte.
 
auto avanti a me frenano di colpo, accostano a destra senza mettere la freccia, prendono il cellulare e rispondono alla chiamata, poi se dietro non c'è nessuno o si crea un tamponamento a catena è ininfluente. Anch'io ho visto più volte gente fare retromarcia perchè non avevano imboccato l'uscita, non si deve fare ma lo fanno.
 
Oggi una sciura con una 500 blu ha spalancato la portiera mentre sopraggiungevo.
Andavo piano ma 40 km orari bastano e avanzano per ammazzare una persona,per fortuna c'era qualche metro davanti e nell'altra corsia non arrivava nessuno.
Non so neanche se si è accorta della caXXata che ha fatto tra cellulare e occhiali da sole,nonostante oggi il sole non ci fosse.
 
.
Sarà una coincidenza, ma ho notato anche io che quando sono in bici in genere sono le donne che cercano di investirmi o ostacolarmi...
Sarà il mio fascino irresistibile?
:emoji_hushed:
 
Io ho notato,ma sarà una coincidenza,che raramente le guidatrici guardano a lato,come se avessero i paraocchi.
Quindi le bici rischiano e se ad esempio devi svoltare e nell'altra corsia c'è la coda ti puoi scordare che si fermino qualche metro prima per lasciarti lo spazio necessario.
Si guarda sempre avanti verso l'obiettivo...
 
Io ho notato,ma sarà una coincidenza,che raramente le guidatrici guardano a lato,come se avessero i paraocchi.
Quindi le bici rischiano e se ad esempio devi svoltare e nell'altra corsia c'è la coda ti puoi scordare che si fermino qualche metro prima per lasciarti lo spazio necessario.
Si guarda sempre avanti verso l'obiettivo...
... l'obiettivo del telefonino, di solito :D
 
Una cliente per lavoro organizza eventi.
L'ultima volta che l'ho vista è arrivata con la sua C3 color dentifricio alla salvia e stava finendo una telefonata.
Durante la nostra transazione ne ha ricevuta un'altra,ma sull'altro telefono (è ambidestra come certi pistoleri che avevano due colt appese al cinturone nei western).
Cosa che rende estremamente difficile parlarci.
Poi prima di risalire in macchina e ripartire ne ha iniziata una terza.
Come trovi il tempo di guardare la strada tra una telefonata e l'altra resta un mistero per me...
 
Mi permetto di citare integralmente l'articolo della rivista che ci ospita, tanto a futura memoria, tanto per stigmatizzare quanto io mi senta allineato con l'opinione dell'articolista (e immagino anche di tutte le persone di buonsenso). Una betoniera in città va pianissimo...per finirci sotto le ruote in bici, occorre: 1) fregarsene altamente dei pericoli pensando di essere invincibile, impunibile, invulnerabile; 2) attraversare sulle strisce pedonali -vietato- tanto lo fanno tutti e io comunque ho ragione; 3) non conoscere gli "angoli morti" che appunto il buonsenso farebbe immaginare, se dotati di un minimo di intelletto funzionante.

https://www.quattroruote.it/news/cronaca/2023/04/21/milano_bici_bike_lane_e_videogame.html

"Un equivoco presuppone buona fede; nel caso della bike lane chiamate impropriamente dai politici a ogni inaugurazione - e con vanto - piste ciclabili, invece, sarebbe ora di fare chiarezza. E, soprattutto, di aprire gli occhi. Le centinaia di metri di strisce di vernice pittate a Milano per dare strada alla cosiddetta mobilità dolce - in condivisione scellerata col resto del traffico, anche a contatto di gomito con i mezzi pesanti e quelli del trasporto pubblico - oltre ad avere penalizzato la viabilità come previsto dal progetto originale (dove prima occorrevano 20 minuti per raggiungere la meta ora ne occorrono più di 30), hanno trasformato le strade cittadine in una sorta di videogame atroce e senza regole: stressante e pericolosissimo. Tra modifiche stradali studiate per penalizzare sistematicamente l’automobile, bici e monopattini introdotti a sciami che spuntano da ogni angolo, lasciati liberi di passare col rosso come di prodursi in qualsiasi tipo di manovra irregolare, contromano compresi, e raider del delivery ricattati da un algoritmo che li spinge a commettere infrazioni di ogni tipo per non perdere il lavoro (dal tramonto, il 90% senza luci, e senza che nessuno abbia niente da dire), per il numero di rischi che si corrono, come le cronache e la crescita verticale degli incidenti dimostrano, sarebbe un brutto videogioco da vietare almeno ai minori. Quelli che vediamo impunemente in due sui traballanti monopattini in sharing, per esempio, anche davanti agli occhi di operatori alla sicurezza che voltano la testa dall’altra parte. Nel 2022, a Milano sono stati fatti 1258 controlli tra monopattini e bici: 5 le sanzioni elevate.

Cantieri e vernice. L’annunciata "rivoluzione della mobilità" sotto il Duomo è, a dir poco, un’ipocrisia. In una città costantemente cantierizzata e che per questo mette a contatto di gomito mezzi pesanti e ciclisti dividendoli con una linea impalpabile come quella gialla, che indica una bike lane stabilmente invasa da centinaia di furgoni, quelli che dall’esplosione dell’e-commerce esercitano a cavallo della corsia e occupano tutti gli angoli degli incroci (ancora, senza che nessuno batta ciglio); in una metropoli dove la percentuale di persone che necessitano ogni giorno di mobilità alla voce ciclisti tocca a stento il 4%, checché ne dica la propaganda istituzionale, quanto messo in scena è la peggiore pubblicità che si possa fare per convincere qualcuno ad abbandonare l’auto a favore delle pedivelle, obiettivo dichiarato della giunta in carica e da quella che l’ha preceduta. Per crescere davvero le due ruote necessiterebbero di tracciati in trincea, di percorsi fisicamente separati dal resto del traffico e, se possibile, di sensi unici tangenziali riservati. Accettare di stare a contatto con betoniere e automezzi di varie dimensioni con l’obiettivo di “riprendersi la strada”, scalzando un po’ alla volta il traffico veicolare è pura demagogia. Che qualcosa non funzioni cominciano a capirlo anche i ciclisti, quelli dotati di fisico bestiale e spirito da guerriero, virtù necessarie per partecipare alla sfida proposta a Milano con la formula del “tutti contro tutti”. Roba, l’accettazione della pericolosa promiscuità proposta, da rispedire al mittente, assieme alle contravvenzioni che vengono elevate a entrambe le parti in caso di incidente: quel che occorre per scaricare ogni tipo di responsabilità sempre e solo su chi, suo malgrado, rimane coinvolto. A determinare i sinistri, in molte occasioni sono proprio le deliranti soluzioni adottate. In qualche associazione di ciclisti, presidenti senza paraocchi cominciano a parlarne, ma i nodi creati nel frattempo sono tanti che sembrano aver già consumato il pettine."
 
Mi permetto di citare integralmente l'articolo della rivista che ci ospita, tanto a futura memoria, tanto per stigmatizzare quanto io mi senta allineato con l'opinione dell'articolista (e immagino anche di tutte le persone di buonsenso). Una betoniera in città va pianissimo...per finirci sotto le ruote in bici, occorre: 1) fregarsene altamente dei pericoli pensando di essere invincibile, impunibile, invulnerabile; 2) attraversare sulle strisce pedonali -vietato- tanto lo fanno tutti e io comunque ho ragione; 3) non conoscere gli "angoli morti" che appunto il buonsenso farebbe immaginare, se dotati di un minimo di intelletto funzionante.

https://www.quattroruote.it/news/cronaca/2023/04/21/milano_bici_bike_lane_e_videogame.html

"Un equivoco presuppone buona fede; nel caso della bike lane chiamate impropriamente dai politici a ogni inaugurazione - e con vanto - piste ciclabili, invece, sarebbe ora di fare chiarezza. E, soprattutto, di aprire gli occhi. Le centinaia di metri di strisce di vernice pittate a Milano per dare strada alla cosiddetta mobilità dolce - in condivisione scellerata col resto del traffico, anche a contatto di gomito con i mezzi pesanti e quelli del trasporto pubblico - oltre ad avere penalizzato la viabilità come previsto dal progetto originale (dove prima occorrevano 20 minuti per raggiungere la meta ora ne occorrono più di 30), hanno trasformato le strade cittadine in una sorta di videogame atroce e senza regole: stressante e pericolosissimo. Tra modifiche stradali studiate per penalizzare sistematicamente l’automobile, bici e monopattini introdotti a sciami che spuntano da ogni angolo, lasciati liberi di passare col rosso come di prodursi in qualsiasi tipo di manovra irregolare, contromano compresi, e raider del delivery ricattati da un algoritmo che li spinge a commettere infrazioni di ogni tipo per non perdere il lavoro (dal tramonto, il 90% senza luci, e senza che nessuno abbia niente da dire), per il numero di rischi che si corrono, come le cronache e la crescita verticale degli incidenti dimostrano, sarebbe un brutto videogioco da vietare almeno ai minori. Quelli che vediamo impunemente in due sui traballanti monopattini in sharing, per esempio, anche davanti agli occhi di operatori alla sicurezza che voltano la testa dall’altra parte. Nel 2022, a Milano sono stati fatti 1258 controlli tra monopattini e bici: 5 le sanzioni elevate.

Cantieri e vernice. L’annunciata "rivoluzione della mobilità" sotto il Duomo è, a dir poco, un’ipocrisia. In una città costantemente cantierizzata e che per questo mette a contatto di gomito mezzi pesanti e ciclisti dividendoli con una linea impalpabile come quella gialla, che indica una bike lane stabilmente invasa da centinaia di furgoni, quelli che dall’esplosione dell’e-commerce esercitano a cavallo della corsia e occupano tutti gli angoli degli incroci (ancora, senza che nessuno batta ciglio); in una metropoli dove la percentuale di persone che necessitano ogni giorno di mobilità alla voce ciclisti tocca a stento il 4%, checché ne dica la propaganda istituzionale, quanto messo in scena è la peggiore pubblicità che si possa fare per convincere qualcuno ad abbandonare l’auto a favore delle pedivelle, obiettivo dichiarato della giunta in carica e da quella che l’ha preceduta. Per crescere davvero le due ruote necessiterebbero di tracciati in trincea, di percorsi fisicamente separati dal resto del traffico e, se possibile, di sensi unici tangenziali riservati. Accettare di stare a contatto con betoniere e automezzi di varie dimensioni con l’obiettivo di “riprendersi la strada”, scalzando un po’ alla volta il traffico veicolare è pura demagogia. Che qualcosa non funzioni cominciano a capirlo anche i ciclisti, quelli dotati di fisico bestiale e spirito da guerriero, virtù necessarie per partecipare alla sfida proposta a Milano con la formula del “tutti contro tutti”. Roba, l’accettazione della pericolosa promiscuità proposta, da rispedire al mittente, assieme alle contravvenzioni che vengono elevate a entrambe le parti in caso di incidente: quel che occorre per scaricare ogni tipo di responsabilità sempre e solo su chi, suo malgrado, rimane coinvolto. A determinare i sinistri, in molte occasioni sono proprio le deliranti soluzioni adottate. In qualche associazione di ciclisti, presidenti senza paraocchi cominciano a parlarne, ma i nodi creati nel frattempo sono tanti che sembrano aver già consumato il pettine."
In neretto le frasi tue, e/o riportate.
La verità invece è quasi sempre un'altra.
I ciclisti possono superare a destra la colonna di auto ferma al semaforo, stop, passaggio ferroviario.
Capita ormai che nessuno utilizzi gli indicatori di direzione, compreso i mezzi pesanti, e come ho scritto altrove, le forze dell'ordine.
Capità perciò che si arrivi al semaforo trovandosi alla destra di una Betoniera (p.e.) senza alcuna freccia attivata.
E purtroppo, capita che la betoniera parta svoltando a destra, investendo il ciclista.
Tutto qui.
Imparassero tutti a rispettare il cds e gli incidenti, dai più banali ai più drammatici si ridurrebbero in modo esponenziale.
 
Capità perciò che si arrivi al semaforo trovandosi alla destra di una Betoniera (p.e.) senza alcuna freccia attivata.

Senza voler togliere nulla alle criticità delle nostre strade e alle cattive abitudini degli automobilisti io penso che se dovessi andare in bici mi terrei accuratamente alla larga dai mezzi pesanti,ma anche solo dai furgoni.
Sapendo che tanti autisti non mettono le frecce,non stanno attenti e che anche se invece fossero attentissimi si tratta di mezzi ingombranti sui quali non è semplice vedere cosa succede intorno io non affiancherei mai un mezzo pesante.
Piuttosto mi fermerei per lasciarlo andare.
 
I ciclisti possono superare a destra la colonna di auto ferma al semaforo, stop, passaggio ferroviario.
E già questa è un'idiozia normativa. Poi "possono" non significa "devono", se vedi che c'è un camion, stai attento e stai alla larga...così mi insegnavano da piccolo, quando andavamo sulla Luna e non chiamavamo lo psicologo per un brutto voto, denunciando la maestra.
 
Faccio io il politicamente scorretto, nel vero senso della parola, in citta tanti se ne fregano del CDS, i ciclisti perché si sentono in diritto di non rispettarlo pensando che non facendolo non fanno male a nessuno, mentre tutti quelli che con i mezzi di lavoro che circolano perché nella mente Italica il fatto che si stia lavorando giustifica ogni cosa e ti mette sopra la Legge , ecco che quindi quando si incontrano queste 2 categorie il rischio aumenta.
 
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