FurettoS ha scritto:vecchioAlfista ha scritto:Se marchionne vuole aumentare l'export dall'Italia nessuno lo obbligava ad andare a costruire in Serbia uno stabilimento per lanciare una vettura che dovrà vendere proprio nel vecchio continente.
Eppure c'è andato, per convenienza economica ed industriale.
L'unica soluzione che l'uomo di Detroit propone è quella di avere mani libere nel nostro paese, ove è innegabile che fare industria sia difficile per tanti lacci strutturali e fiscali.
Ma la soluzione che lui insegue è quella della deregolation, della rinuncia di 30 anni di diritti conquistati, per riportarci allo status quo del lavoratore serbo, o indiano o polacco. Dimenticando che gli stessi sindacati come UIL o CISL gli hanno permesso l'inimmaginabile fino ad alcuni anni fa, ovvero di uscire dal contratto nazionale per averne uno "ad personam", a fronte di promesse poi disattese.
Diventa evidente che il CEO gioca al rialzo. E diventa evidente che, innanzi alla crisi ed alla levata di scudi sulla bufala "fabbrica Italia", il suo rilancio sugli "aiuti statali" abbia colto nel segno, mettendo in difficoltà un governo debole e trovando (non so come) consensi anche qua sopra. Oltretutto con un argomento, quello degli aiuti statali, che tutti abbiamo condannato e che hanno rappresentato per decenni un malcostume del rapporto fiat-Stato.
Cmq per tornare in argomento, direi che l'unica verità è che se non sforni modelli, non li vendi di sicuro. Se poi non ci sono soldi per farli..speriamo solo che quando ripartirà il mercato, esista ancora una fiat (sempre che non sia diventata una crysler, nel frattempo).
Non sai quanto mi faccia piacere questo tuo intervento poichè rende quanto mai chiaro cosa sta accadendo.
Ad oggi si continua a sfruttare il "paravento della crisi" come motivo principe per non fare investimenti in Italia ed andare avanti sui "se" e "sui faremo" ma se andiamo a vedere come e dove sta producendo il Gruppo ci si accorge che lo fa essenzialmente dove sussistono sovvenzioni, partecipazioni, agevolazioni e condizioni contrattuali che comportino anche forti risparmi sulla manodopera e la componente salariale. E' cosi in Polonia, in Serbia, in Sud America e in America.
Guarda caso il CEO ha più volte ripetuto che non voleva aiuti in Italia, aiuti che il Gruppo ha sempre ricevuto per anni, ma allo stesso tempo in Italia ha bloccato tutto mentre all'estero dove di agevolazioni ne sta trovando parecchie la produzione prosegue.
Se non fosse che gli condizionerebbe troppo sotto molteplici aspetti il CEO avrebbe abbandonato l'Italia da tempo, il patriota e nazionalista a oltranza.
VAG delocalizza ma lo fa con un criterio, non si permetterebbe mai di penalizzare le produzioni nazionali a fronte di quelle fuori confine. Le produzioni vengono studiate mentre invece nel caso di Fiat ci ritroviamo addirittura ad importare produzini dall'America fermando gli stabilimenti nazionali.
Lamborghini e Ducati che ormai fanno parte di VAG continuano a produrre nelle loro sedi e ad oggi VAG non si è mai sognata di produrle in Germania o peggio in Serbia.
Se VAG arrivasse alla casa di Arese non chiuderebbe baracca e burattini ma si rimboccherebbe le maniche per ripartire.
Ciò che sconcerta è il totale immobilismo così come la completa mancanza di chiarezza per capire cosa, come e dova dovrebbe essere prodotto in Italia.
Con la certezza di avere bassi salari e sgravi ed aiuti a destra e a manca verrebbe di corsa a produrre in Italia, ovviamente per grande amore verso la nazione.
il piacere è mio Furetto.
Ed aggiungo che condivido ogni passo del tuo post