Dovremmo un pò analizzare i punti storici, questa è la mia opinione:
Nel 1974, causa il siluramento politico di Giuseppe Eugenio Luraghi, l'azienda iniziò una lunga e lenta agonia, dove alle innovazioni tecniche si sostituì una gestione atta a soddisfare, quasi solo ed esclusivamente, i giochi politici dell'epoca. Nonostante questo però, la gamma Alfa Romeo degli anni successivi, fino all'Alfa 75 (l'ultima vera Alfa Romeo) continuò ad essere ben sopra i livelli della concorrenza generalista, grazie sopratutto alle eccellenti proprietà tecnico/intellettuali ereditate dagli anni precedenti. Nel giugno 1981, iniziano i lavori per la costruzione dello stabilimento ARNA di Pratola Serra (Avellino), frutto di una poco fortunata joint-venture con la Nissan per la produzione (dal 1983) di un'altra vettura di classe medio-inferiore, sarà l'ennesima mossa fallimentare dell'allora amministratore delegato Ettore Massacesi, l'uomo che causò uno stato aziendale tale che nel 1986 la Finmeccanica decide di sondare il mercato per cedere la controllata Alfa Romeo.
Il primo interlocutore è Chrysler, che però si tira indietro. Quindi tocca alla Fiat, che però non sembra interessata. Entra quindi in scena la Ford che chiede di rilevare subito il 20% dell' Alfa, con un' opzione per acquistare il resto in otto anni. Quando la Ford, alla fine di settembre del 1986, presenta un' offerta formale, si fa avanti la Fiat, che a ridosso della chiusura dell' intesa con gli americani offre a Finmeccanica 1.024,6 miliardi di lire per l' Alfa Romeo, facendosi carico dei 700 miliardi di lire di debiti accesi dal gruppo automobilistico. L' accordo di vendita alla Fiat viene firmato a novembre del 1986. L'amministratore delegato della Fiat Auto, Vittorio Ghidella, rivelò che la decisione di comprare l'Alfa Romeo, dopo un'iniziale disinteressamento, era stata determinata dal possibile sbarco in Italia della Ford, la casa automobilistica torinese si impegnò a rilevare l' intero gruppo Alfa Romeo accollandosi 700 miliardi di debiti e pagando un prezzo di 1.024,6 miliardi di lire, da corrispondere in cinque rate uguali a decorrere dal primo gennaio 1993. Di quelle cinque rate fù pagata solo la prima , mentre le altre quattro furono condonate dallo stesso Romano Prodi, arrivato nel frattempo alla presidenza del consiglio.
È evidente che Fiat abbia voluto l'Alfa Romeo non solo per eliminare una concorrenza interna ed avere il monopolio dell'auto in Italia (una concorrenza su cui, oltretutto, poteva anche sorvolare visto che avevano dei prodotti ed una clientela totalmente diversa).
Fiat si decise a comprare Alfa nel momento in cui vede la ford, la sua rivale storica, in procinto di sbarcare nel nostro paese. Quello che è venuto dopo è una normale conseguenza delle intenzioni di fiat, tra cui non è mai figurata quella di portare avanti la filosofia ed il patrimonio tecnico dell'Alfa Romeo (a parte la brevissima parentesi di Ghidella, del TwinSpark e della SZ).
Concludendo mi associo a chi mi ha preceduto, oggi dai vertici fiat sono scomparsi i vari Agnelli e Romiti, ma abbiamo un'italocanadese che, seppur bravo nel suo lavoro, ha mostrato un'evidente incapacità sul prodotto, ed una proprietà affidata ad un cocainomane frequentatore di trans (non sono io a dirlo ma la cronaca, nulla contro il ragazzo) e di un ragazzotto che sembra molto spaesato nell'ambiente, che quasi delega a Marchionne il ruolo di "papà" finanziario. La mio opinione dell'uomo col pullover è che di "cavolate" ne ha fatte tante, tra cui l'ok al frontale della Giulietta, amato da alcuni e criticato da molti (non a caso ha imparato lo sbaglio e sul design della Giulia ci và in maniera molto critica, vorrei ricordare, oltretutto, che appena uscita la 940 misero sui piani ufficiali il facelift dopo pochi anni), grossi sbagli di Marchionne sono stati anche quelli di annientare Arese (e scusate se è poco) e di chiudere il Museo Storico. Però mai dire mai, confido nella coscienza dell'uomo che prima o poi si renda conto degli sbagli, o al limite nel suo successore dopo il 2015.
Nel 1974, causa il siluramento politico di Giuseppe Eugenio Luraghi, l'azienda iniziò una lunga e lenta agonia, dove alle innovazioni tecniche si sostituì una gestione atta a soddisfare, quasi solo ed esclusivamente, i giochi politici dell'epoca. Nonostante questo però, la gamma Alfa Romeo degli anni successivi, fino all'Alfa 75 (l'ultima vera Alfa Romeo) continuò ad essere ben sopra i livelli della concorrenza generalista, grazie sopratutto alle eccellenti proprietà tecnico/intellettuali ereditate dagli anni precedenti. Nel giugno 1981, iniziano i lavori per la costruzione dello stabilimento ARNA di Pratola Serra (Avellino), frutto di una poco fortunata joint-venture con la Nissan per la produzione (dal 1983) di un'altra vettura di classe medio-inferiore, sarà l'ennesima mossa fallimentare dell'allora amministratore delegato Ettore Massacesi, l'uomo che causò uno stato aziendale tale che nel 1986 la Finmeccanica decide di sondare il mercato per cedere la controllata Alfa Romeo.
Il primo interlocutore è Chrysler, che però si tira indietro. Quindi tocca alla Fiat, che però non sembra interessata. Entra quindi in scena la Ford che chiede di rilevare subito il 20% dell' Alfa, con un' opzione per acquistare il resto in otto anni. Quando la Ford, alla fine di settembre del 1986, presenta un' offerta formale, si fa avanti la Fiat, che a ridosso della chiusura dell' intesa con gli americani offre a Finmeccanica 1.024,6 miliardi di lire per l' Alfa Romeo, facendosi carico dei 700 miliardi di lire di debiti accesi dal gruppo automobilistico. L' accordo di vendita alla Fiat viene firmato a novembre del 1986. L'amministratore delegato della Fiat Auto, Vittorio Ghidella, rivelò che la decisione di comprare l'Alfa Romeo, dopo un'iniziale disinteressamento, era stata determinata dal possibile sbarco in Italia della Ford, la casa automobilistica torinese si impegnò a rilevare l' intero gruppo Alfa Romeo accollandosi 700 miliardi di debiti e pagando un prezzo di 1.024,6 miliardi di lire, da corrispondere in cinque rate uguali a decorrere dal primo gennaio 1993. Di quelle cinque rate fù pagata solo la prima , mentre le altre quattro furono condonate dallo stesso Romano Prodi, arrivato nel frattempo alla presidenza del consiglio.
È evidente che Fiat abbia voluto l'Alfa Romeo non solo per eliminare una concorrenza interna ed avere il monopolio dell'auto in Italia (una concorrenza su cui, oltretutto, poteva anche sorvolare visto che avevano dei prodotti ed una clientela totalmente diversa).
Fiat si decise a comprare Alfa nel momento in cui vede la ford, la sua rivale storica, in procinto di sbarcare nel nostro paese. Quello che è venuto dopo è una normale conseguenza delle intenzioni di fiat, tra cui non è mai figurata quella di portare avanti la filosofia ed il patrimonio tecnico dell'Alfa Romeo (a parte la brevissima parentesi di Ghidella, del TwinSpark e della SZ).
Concludendo mi associo a chi mi ha preceduto, oggi dai vertici fiat sono scomparsi i vari Agnelli e Romiti, ma abbiamo un'italocanadese che, seppur bravo nel suo lavoro, ha mostrato un'evidente incapacità sul prodotto, ed una proprietà affidata ad un cocainomane frequentatore di trans (non sono io a dirlo ma la cronaca, nulla contro il ragazzo) e di un ragazzotto che sembra molto spaesato nell'ambiente, che quasi delega a Marchionne il ruolo di "papà" finanziario. La mio opinione dell'uomo col pullover è che di "cavolate" ne ha fatte tante, tra cui l'ok al frontale della Giulietta, amato da alcuni e criticato da molti (non a caso ha imparato lo sbaglio e sul design della Giulia ci và in maniera molto critica, vorrei ricordare, oltretutto, che appena uscita la 940 misero sui piani ufficiali il facelift dopo pochi anni), grossi sbagli di Marchionne sono stati anche quelli di annientare Arese (e scusate se è poco) e di chiudere il Museo Storico. Però mai dire mai, confido nella coscienza dell'uomo che prima o poi si renda conto degli sbagli, o al limite nel suo successore dopo il 2015.