<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Quanto costa studiare... | Page 19 | Il Forum di Quattroruote

Quanto costa studiare...

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"Poche notizie mi rendono pessimista sul futuro come la caduta inarrestabile delle iscrizioni al liceo classico: il prossimo anno lo frequenterà appena il 5,8% degli alunni di terza media che proseguiranno gli studi. Il classico non è nello spirito del tempo, secondo cui la scuola serve solo a trovare lavoro. E poiché si pensa che il mondo di domani avrà più bisogno di tecnici che di umanisti, studiare l’Iliade sembra a molti una perdita di tempo. Avrei parecchio da obiettare su questo punto (fior di economisti e ingegneri provengono dal classico), ma prendiamolo per buono. Però non fin dall’adolescenza, dai.

A quattordici anni nessuno sa ancora chi è: invece di restringergli il campo, bisogna allargarglielo a dismisura. Tutte le passioni della mia vita le ho assaggiate a quell’età, comprese la musica e lo sport, di cui leggevo le cronache sotto il banco durante le lezioni più noiose. Ma erano le cronache di Gianni Brera, uno che sapeva coniugare il racconto della partita con l’epica di Omero. È vero, il classico non ti spiega «come» funziona il mondo, ma in compenso ti abitua a chiederti «perché». A capire le cause delle cose, a snasare il conformismo degli anticonformisti, ad addestrare i sensi e la mente per riuscire a cogliere la bellezza in un tramonto o anche solo in una vetrina. Il classico è come la cyclette: mentre ci stai sopra, fai fatica e ti sembra che non porti da nessuna parte. Ma quando scendi, scopri che ti ha fornito i muscoli per andare dappertutto."
Il vero problema è che se uno osserva le scuole frequentate da quella che è l'èlite, la classe dirigente, chiamiamola come ci pare, moltissimi arrivano dal liceo classico.

Questo di fatto significa che meno sono oggi le persone iscritte al classico, più chiuso sarà il mondo di chi siede in posti di comando.
 
No .
Ho frequentato un istituto tecnico (privato) di Milano , che godeva di un’ottima fama : gli insegnanti delle materie tecniche erano quasi tutti tecnici operanti nelle industrie del ramo (ma c’erano anche docenti del Politecnico) , che dovevano quindi conciliare gli impegni di lavoro con le lezioni , per cui capitava spesso di far lezione al sabato o alla domenica mattina .
Mi sono diplomato nel 1965 e ho subito trovato lavoro come progettista elettronico ; contemporaneamente frequentavo il corso di laurea in Economia e Commercio (serale) presso l'Università Cattolica : l'idea era che con una laurea in discipline economiche e un diploma tecnico avrei avuto più possibilità .
Mi sono però reso conto che non ero tagliato per le materie economiche , anche se avevo già dato parecchi esami , per cui , dopo due anni mi sono licenziato e mi sono iscritto al Politecnico .
Per non gravare troppo sulla famiglia mi sono dato da fare con lavori vari (corsi teorici e pratici presso l'istituto tecnico dove mi ero diplomato , ripetizioni , riparazione radio e televisori , che allora si facevano ancora , installazione di impianti di antenna) , ma sono riuscito a laurearmi senza andare fuori corso , quindi a 26 anni .
La votazione non è stata molto alta , poichè ho accettato anche qualche 18 , però l'imperativo era di finire al più presto : mi è capitato di dare anche cinque esami nella sessione estiva , una volta due nello stesso giorno .
Avevo molti amici provenienti dal liceo , ma non ho mai avuto la minima soggezione nei loro confronti .
Una settimana dopo l'esame di laurea sono stato assunto nella stessa azienda dove avevo lavorato subito dopo essermi diplomato .
Successivamente (in parallelo col lavoro di progettista elettronico nell’industria) ho tenuto per parecchi anni corsi di misure elettroniche e di elettronica industriale presso l'istituto tecnico dove mi ero diplomato : molti dei miei studenti hanno proseguito gli studi con ottimi risultati (mi sono sempre preoccupato di motivarli a dovere perché non avessero complessi di inferiorità nei confronti dei “liceali” , come era normale a quei tempi)
Complimenti veramente.

Piccola nota colorata, anche io non ho mai provato complessi di inferiorità con i coetanei liceali, anzi, (e qui mi perdonino tutti gli ex liceali all'epoca eravamo adolescenti), non li vedevamo di buon occhio, c'era un piccolissimo astio ma in amicizia. La scuola tecnica da cui provenivo formava periti ed era molto rinomata in provincia (all'epoca dopo il diploma ebbi qualcosa come una ventina di chiamate da aziende) e una buona percentuale di studenti frequentava poi l'università.
Noi facevamo più ore come orario scolastico e quell'istituto tecnico non era per nulla più leggero di un liceo scientifico. Quando noi per motivi particolari uscivamo prima dalle lezioni e si incrociava i liceali sul treno, loro che invece facevano orario normale, ci si scherzava un po' dietro...

Però da loro almeno c'erano le ragazze in classe...quindi vincevano comunque loro
 
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"Poche notizie mi rendono pessimista sul futuro come la caduta inarrestabile delle iscrizioni al liceo classico: il prossimo anno lo frequenterà appena il 5,8% degli alunni di terza media che proseguiranno gli studi. Il classico non è nello spirito del tempo, secondo cui la scuola serve solo a trovare lavoro. E poiché si pensa che il mondo di domani avrà più bisogno di tecnici che di umanisti, studiare l’Iliade sembra a molti una perdita di tempo. Avrei parecchio da obiettare su questo punto (fior di economisti e ingegneri provengono dal classico), ma prendiamolo per buono. Però non fin dall’adolescenza, dai.

A quattordici anni nessuno sa ancora chi è: invece di restringergli il campo, bisogna allargarglielo a dismisura. Tutte le passioni della mia vita le ho assaggiate a quell’età, comprese la musica e lo sport, di cui leggevo le cronache sotto il banco durante le lezioni più noiose. Ma erano le cronache di Gianni Brera, uno che sapeva coniugare il racconto della partita con l’epica di Omero. È vero, il classico non ti spiega «come» funziona il mondo, ma in compenso ti abitua a chiederti «perché». A capire le cause delle cose, a snasare il conformismo degli anticonformisti, ad addestrare i sensi e la mente per riuscire a cogliere la bellezza in un tramonto o anche solo in una vetrina. Il classico è come la cyclette: mentre ci stai sopra, fai fatica e ti sembra che non porti da nessuna parte. Ma quando scendi, scopri che ti ha fornito i muscoli per andare dappertutto."
Provenendo da una formazione tecnica non sono mai stato un grande amante del "filosofeggiare" (non prendermi male...) ma dell'andare al punto. Però comprendo il concetto da te espresso, perché per me l'università è stata una scuola che soprattutto mi ha aperto la mente (oltre che darmi una formazione, che comunque non era pronta per il mondo del lavoro), specialmente la magistrale che ho scelto di affrontare in lingue inglese (ma con docenti italiani quindi non avevo problemi di comprensione) con parecchi stranieri in classe quasi tutti mediorentali o asiatici.
 
Il vero problema è che se uno osserva le scuole frequentate da quella che è l'èlite, la classe dirigente, chiamiamola come ci pare, moltissimi arrivano dal liceo classico.

Questo di fatto significa che meno sono oggi le persone iscritte al classico, più chiuso sarà il mondo di chi siede in posti di comando.
Ho visto come studiavano (a Fisica) i ragazzi provenienti dal Liceo Classico... avevano basi di matematica e fisica inesistenti, dovettero farsi trigonometria, logaritmi etc per conto proprio... a febbraio (dopo neanche 5 mesi) passarono Analisi I (il primo grande scoglio) al primo colpo...
Inutile insegnare a scuola quello che dovrai fare al lavoro, tanto, tempo che esci, sarà già cambiato (anche perchè i testi ed i programmi non sono mai in tempo reale, ma sfalsati di qualche anno... insegnare a pensare, ad avere metodo, ad imparare, ad immaginare soluzioni non convenzionali, quello è...
 
Provenendo da una formazione tecnica non sono mai stato un grande amante del "filosofeggiare" (non prendermi male...) ma dell'andare al punto.
Perdonami, filosofeggiare non è discorrere a vanvera... ma saper ragionare e dare un filo logico ad un discorso sulla conoscenza. Se non è sapere arrivare la punto...
 
Provenendo da una formazione tecnica non sono mai stato un grande amante del "filosofeggiare" (non prendermi male...) ma dell'andare al punto. Però comprendo il concetto da te espresso, perché per me l'università è stata una scuola che soprattutto mi ha aperto la mente (oltre che darmi una formazione, che comunque non era pronta per il mondo del lavoro), specialmente la magistrale che ho scelto di affrontare in lingue inglese (ma con docenti italiani quindi non avevo problemi di comprensione) con parecchi stranieri in classe quasi tutti mediorentali o asiatici.
Scusami ma quello che chiami filosofeggiare, è in realtà lo sviluppo di un pensiero critico per comprendere la complessità del mondo.

Non è poco.

Soprattutto in un momento in cui, le competenze (chiamamole tecniche) che si imparano, diventano vecchie molto in fretta e le macchina riescono a performare spesso meglio di noi.
 
Scusami ma quello che chiami filosofeggiare, è in realtà lo sviluppo di un pensiero critico per comprendere la complessità del mondo.

Non è poco.

Soprattutto in un momento in cui, le competenze (chiamamole tecniche) che si imparano, diventano vecchie molto in fretta e le macchina riescono a performare spesso meglio di noi.
La cosa più importante dello studio secondo me non è la nozione in se, che vengono superate e aggiornate, quanto quella dell'allenare il cervello. Così come se fai vita sedentaria, non puoi pensare di scendere a correre 5 km tutto d'un fiato, allo stesso modo si atrofizza il cervello quando non utilizzato :D
A me piace leggere libri e informarmi in generale, lo faccio quotidianamente, ma è complicato farlo in full immersion come durante il periodo universitario.
 
engono superate e aggiornate, quanto quella dell'allenare il cervello. Così come se fai vita sedentaria, non puoi pensare di scendere a correre 5 km tutto d'un fiato, allo stesso modo si atrofizza il cervello quando non utilizzato :D
Esatto, ogni giorno, leggere, scrivere, fare qualche rebus, sudoku o giochi simili, fare i conti a mente mentre si usano le calcolatrici o il computer...
 
La cosa più importante dello studio secondo me non è la nozione in se, che vengono superate e aggiornate, quanto quella dell'allenare il cervello. Così come se fai vita sedentaria, non puoi pensare di scendere a correre 5 km tutto d'un fiato, allo stesso modo si atrofizza il cervello quando non utilizzato :D
A me piace leggere libri e informarmi in generale, lo faccio quotidianamente, ma è complicato farlo in full immersion come durante il periodo universitario.
Ma anche perchè c'è meno tempo, meno voglia, e non siamo anche in grado fisiologicamente di imparare come quando si è giovani
 
Esatto, ogni giorno, leggere, scrivere, fare qualche rebus, sudoku o giochi simili, fare i conti a mente mentre si usano le calcolatrici o il computer...
In generale lo faccio perché mi piace, non come lo sport, che spesso non ne ho voglia ma lo faccio ugualmente per non perdere il ritmo, se una sera non mi va di leggere non mi costringo a farlo, il punto è che la tv mi piace ancora meno :D
Non guardo il calcio se non in compagnia, raramente trovo film che mi piacciono e le serie sono troppo impegnative da scegliere :D
 
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