CAMPI DI CONCENTRAMENTO AMERICANI
Alla fine della seconda guerra mondiale, almeno quattro milioni di soldati tedeschi furono tenuti prigionieri all'aperto, in campi recintati di filo spinato ma senza alcuna protezione, con poco cibo e poca acqua, o niente del tutto: questo accadde in Germania a opera degli americani nella zona da essi occupata e durò per molti mesi dopo la cessazione delle ostilità. L'esercito francese, che ebbe in consegna circa 630.000 prigionieri dagli americani per utilizzarli come manodopera forzata in riparazioni di guerra, fece loro patire la fame e li maltrattò a tal punto che non è esagerato calcolare una cifra di 250.000 morti causati dalle pessime condizioni in cui gli uomini furono tenuti.
Per quanto riguarda i campi americani, non è azzardato supporre il decesso di 750.000 prigionieri. Per la maggior parte si trattava di soldati della Wehrmacht, arresisi dopo 1'8 maggio 1945, ma fra loro c'erano anche donne, bambini e vecchi. Queste morti furono rubricate come "Altre perdite" ("Other losses") .
L'autore JAMES BACQUE del volume "Other losses" (versione italiana "Gli altri Lager" - Mursia, di cui si consiglia vivamente la lettura) ha intervistato negli anni centinaia dì ex prigionieri, guardie e ufficiali, raccogliendo migliaia di testimonianze e di documenti tratti dagli archivi di Parigi, Londra, Coblenza, Washington e Ottawa. È stato in questo efficacemente assistito dallo storico militare statunitense Ernest F. Fìsher, già colonnello dello US Army. Nella sua denuncia egli ha voluto dimostrare come il pubblico e gli ambienti internazionali siano stati ingannati, con pieno coinvolgimento del Dipartimento di Stato americano, dello stesso Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), a sua volta tragicamente ingannato, di una stampa ridotta al silenzio, di una censura inesorabile nei confronti delle pubblicazioni uscite in quel periodo (fino alla deliberata distruzione degli archivi), di ufficiali superiori conniventi o costretti a tacere: preludio alla futura propaganda della guerra fredda che riversò sui sovietici la responsabilità di tutti quei morti. I dati riportati sono tragici, raggelanti. Al lettore il giudizio finale sul materiale offerto e sulla documentazione allegata.
Alcuni eventi di rilievo:
10 marzo 1945: Eisenhower firma un ordine criminale che crea il mortale status DEF (Disarmed Enemy Forces) intendendo, con una diversa definizione di comodo, eludere (ma, al contrario, violandola spudoratamente) la Convenzione di Ginevra relativa al trattamento dei Prigionieri di Guerra (Prisoners of War o POW). Affermò poi, ipocritamente, in un discorso a Parigi, che gli Stati Uniti avrebbero osservato la Convenzione di Ginevra.
Aprile 1945: il CCS (Combined Chiefs of Staff) approva lo status DEF per i prigionieri in mano americana; gli inglesi rifiutano di fare lo stesso, il gen. Americano Littlejohn riduce le razioni dei prigionieri.
8 maggio 1945: la Germania s'arrende. Gli Stati Uniti tolgono alla Svizzera il ruolo di protecting power per i prigionieri tedeschi, contravvenendo alla Convenzione di Ginevra. Eisenhower dice a Churchill che ha ridotto le razioni dei prigionieri e che può ridurle ancora. Patton rilascia rapidamente prigionieri; Eisenhower ordina ai suoi generali di smettere il rilascio di prigionieri. Le razioni vengono ulteriormente ridotte.
Giugno 1945: il generale Lee contesta duramente i dati sbagliati dei prigionieri che vengono comunicati dal HQ di Eisenhower (2 giugno). Littlejohn si lamenta di non poter nutrire i prigionieri, ora circa 4.000.000. Molti prigionieri vengono trasferiti segretamente al mortale status DEF senza cibo o riparo. Viene proibito ai civili tedeschi di nutrire i prigionieri. Gli stessi civili incominciano a patire la fame. L'ICRC (Croce Rossa Internazionale) tenta di spedire cibo in Germania, ma i treni vengono rispediti indietro dall'US Armv. Il primo ministro del Canada, King, protesta perché viene tolta ai prigionieri tedeschi la protezione della Convenzione di Ginevra. II Foreign Office inglese lo fa tacere.
Luglio 1945: molti prigionieri vengono trasferiti, in fin di vita, dalla US Army all'esercito francese. Il capitano Julien dice che un campo americano sembra Buchenwald.
Agosto 1945. un ordine firmato Eisenhower assegna tutti i rimanenti POW al letale status DEF. La percentuale di morte aumenta immediatamente. Il generale Littlejohn si lamenta, scrivendo a Eisenhower che 1.550.000 persone che avrebbero dovuto avere le razioni dell'esercito americano, non ricevevano niente. L'ICRC é costretto a rendere il cibo ai donatori, perché non le viene permesso di spedirlo in Germania.
Settembre 1945 Jean Pierre Pradervand dell'ICRC dice a De Gaulle che un terzo dei prigionieri in mano ai francesi. ricevuti dall'esercito americano, morirà presto se non riceverti rapidamente aiuti. I giornali francesi riportano la storia di Pradervand. Eisenhower e il generale Smith negano ogni responsabilità americana. II " New York Times " riporta cattive condizioni in campi francesi, niente sui campi americani visitati recentemente dal famoso giornalista Drew Middleton.
10 ottobre 1945: Littlejohn scrive un rapporto a Eisenhower sottolineando il surplus di cibo nell'esercito americano e suggerisce di rimandarlo negli Stati Uniti.
1945-46. Gli Stati Uniti riducono quasi a zero, entro la fine del 1946, il numero di prigionieri tenuti in custodia. 1 francesi continuano a tenerne centinaia di migliaia fino a tutto il 1946, riducendone il numero gradualmente a zero verso il 1949.
1947 - anni '50. Molti documenti americani dei campi di prigionia vengono distrutti. I tedeschi stabiliscono che piú di 1.700.000 soldati, vivi alla fine della guerra, non sono mai ritornati a casa. Tutti gli Alleati negano responsabilità; gli Stati Uniti, l'Inghilterra e la Francia accusano la Russia di atrocità nei campi.
Anni '60-1972. II Ministero degli Esteri della Germania occidentale, sorto Willy Brandt, sovvenziona libri che negano atrocità nei campi americani. Senatori americani accusano i russi di atrocità, ma non dicono niente dei campi americani.
Anni '80. L'ICRC rifiuta di rilasciare documenti essenziali ai ricercatori che stanno lavorando sui campì americani e francesi e afferma di non conoscere Pradervand, che era il suo capo delegazione in Francia. L'ICRC consente invece ad altri due ricercatori di accedere agli archivi per cercare materiale sui campi nazisti. Il Ministero della Difesa inglese rifiuta di rilasciare all'autore l'importante rapporto Phillimore, nonostante la richiesta fatta da un funzionario governativo inglese. Willy Brandt rifiuta di discutere il suo ruolo nell'aver censurato le informazioni e sovvenzionato libri che nascondono le atrocità americane.
UMORISMO MACABRO
Aneddoto di Teheran citato da WINSTON S. CHURCHILL, Closing the Ring, vol. 5 di The History, of the Second World War (Boston. Houghton Mifflin, 1951), p. 330; e da ELLIOTT ROOSEVELT, As He Saw It, (New York, Duell Sloan and Pierce, 1946), p. 190.
Durante il convegno di Teheran, intrattenendo a cena gli ospiti nella ambasciata sovietica, il maresciallo Josef Stalin disse che voleva mettere assieme dopo la guerra cinquantamila ufficiali tedeschi e fucilarli. Winston Churchill s'infuriò violentemente. " Preferirei essere portato fuori nel giardino subito per essere fucilato io stesso, piuttosto che macchiare il mio onore e quello del mio paese con una simile infamia " disse con veemenza. Franklin Roosevelt, vedendo crescere l'animosità tra i due ex nemici, suggerì con leggerezza di trovare un compromesso, fucilando 49.000 prigionieri. Stalin, che era l'ospite di questo importante incontro con i suoi due potenti alleati, fece diplomaticamente un sondaggio tra i nove uomini presenti a tavola. Elliott Roosevelt, figlio del presidente e generale di brigata nell'esercito degli Stati Uniti, rispose con un brindisi alla morte di " non solo cinquantamila... ma anche di altre centinaia di migliaia di nazisti ". Churchill, sbalordito, lo udí aggiungere " e sono sicuro che l'esercito degli Stati Uniti sarà ben d'accordo ". Entusiasta, Stalin abbracciò il giovane Roosevelt proponendo di brindare alla morte dei tedeschi.
Churchill esplose e gridò a Elliott Roosevelt: " Ma sai quello che stai dicendo? Come osi dire una cosa simile? ".
Churchill non credette, né allora né dopo, che " non vi fossero intenzioni serie nascoste dietro le loro parole ". Churchill` e Roosevelt non potevano dubitare che Stalin intendesse dire quello che aveva detto, perché Churchill aveva già informato Roosevelt delle conclusioni d'un tribunale internazionale a Katyn, in Polonia, che aveva accertato che, nel 1940, i russi avevano massacrato molte migliaia di ufficiali dell'esercito polacco dopo che s'erano arresi. L'Unione Sovietica, grazie ad un patto scellerato con Hitler, attaccò la Polonia nel 1939.
La documentazione fotografica mostra campi di concentramento senza ricoveri in violazione dei trattati internazionali per il trattamento dei prigionieri di guerra. Chi, a ragione e per senso di umana solidarietà, sbalordisce inorridito alla vista di filmati che mostrano baracche con file di letti a castello dei lager tedeschi, dovrebbe guardare queste foto dove prigionieri di guerra tedeschi furono lasciati deliberatamente all'addiaccio e con cibo insufficiente (cibo immangiabile per sole 600 cal. al giorno contro le 2.000 prescritte). Questo per ordine del generale "Ike" Eisenhower, considerato un eroe di guerra americano. Il trattamento duro di questi prigionieri, innocenti vittime di una vendetta per colpe certamente non loro, costò la vita, nel breve periodo di soli sei mesi, a oltre un milione di giovani tedeschi di vent'anni, rei solo di aver combattuto valorosamente. Nessuna assistenza sanitaria, fucilate a chi si avvicinava ai reticolati per implorare pane dai pochi civili che osavano avvicinarsi al campo nella speranza di avere notizie di propri congiunti oppure solo perché mossi a pietà. Anche questo é parte della storia della "liberazione"!
Gli archivi americani hanno tenuto segreti i documenti e molti sono stati distrutti fin dagli anni '50. Su detti documenti, i prigionieri deceduti furono indicati come "other losses" (altre perdite). Per poter aggirare le convenzioni di Ginevra, sempre per ordine di Eisenhower, i prigionieri non furono considerati "prigionieri di guerra" (P.O.W.) ma "disarmed enemy forces" (D.E.F.)! Quando si dice il genio militare di Eisenhower!
il G.U.LAG
una realtà a lungo dimenticata, ha caratterizzato una parte importante del mondo, ed ha fortemente influenzato le vicende del Novecento
Nell?agosto 1946 Winston Churchill, nell?università di Fulton, Missouri, pronunciò il famoso discorso della ? cortina di ferro? e disse che l?Unione Sovietica era un ? indovinello, contenuto in un mistero, all?interno di un enigma?, del quale non era dato conoscere nulla. Sul mito della Russia bolscevica due sole erano le posizioni ufficiali: la condanna e l?esaltazione a priori.
Dopo il crollo dell?Urss e la caduta del muro, gli archivi moscoviti hanno spalancato le porte agli studiosi, una mole impressionante di informazioni che si riversa sull?opinione pubblica.
Ai conati ?conservatori?, che si oppongono al revisionismo conseguente alla scoperta di nuovi documenti resta solo il potere di rallentare nel tempo la nuova presa di coscienza.
Il sistema dei campi di concentramento punitivi appartiene alla storia sovietica sin dagli esordi, dai tempi di Lenin (già nel ?20, presso le isole Solovki, situate nel Mar Bianco, a circa 200 chilometri dal circolo polare artico, era stato creato un ?lager di lavori forzati per i prigionieri della guerra civile?, dove vennero imprigionati tutti coloro che si opponevano al nuovo regime, (non solo zaristi ma anche anarchici, socialisti rivoluzionari, menscevichi) ma il maggiore sviluppo avviene negli anni del potere di Stalin, durante il suo lungo ?regno? che va dagli anni 30 fino alla metà degli anni 50. La percezione del Gulag in Occidente ha subito diversi passaggi e per quanto possa sembrare assurdo l?immagine della Russia stalinista godeva di un diffuso ?rispetto democratico? in tutto il mondo.
Gli americani, nel 1933, avevano riconosciuto l?Urss e gli intellettuali concedevano credito e credibilità al regime dello ?splendido georgiano? e parecchi di loro, compresa la classe operaia, erano disposti a lasciare l?odiato ?inferno capitalista? per trasferirsi nel ?paradiso dei lavoratori?. Fred Beal, operaio di estrazione comunista, lasciò l?America e si rifugiò in Russia , dopo una condanna inflittagli in seguito ad uno sciopero. Però durò poco il sogno dell?americano e disilluso dalla realtà sovietica e constatate le condizioni inumane degli operai privati dei loro diritti chiese ed ottenne di tornare negli Usa, dove scontò la pena e dedicò la sua vita a smascherare il mito sovietico; però i comunisti, simpatizzanti sovietici e anche democratici di vecchia scuola non volevano ascoltare nulla sulla atroce realtà del ?Paradiso operaio?. Preferivano ascoltare la propaganda che si adattava meglio ai loro ideali e alle loro illusioni.
Raymond Aron nel suo libro: ?L?oppio degli intellettuali? denunciò che la responsabilità maggiore di questo clamoroso fenomeno di amnesia etica e storica era nell?animo degli intellettuali.
Maksim Gorkij, grande figura eminente in Russia, alla fine degli anni ?20 compì un viaggio presso il lager delle isole Solovki, difendendone la sua ?utilità sociale e la sua capacità rieducativa?. Il suo viaggio fu abilmente pubblicizzato in Russia e all?estero e i lager diventavano ?luoghi indispensabili?, dove ?aiuole fiorite crescevano intorno alle caserme?.
Persino la Croce Rossa diede credito alle parole dello scrittore e le sue immagini , sorridente tra gli agenti della famigerata Ghepeù fecero il giro del mondo.
Il Gulag è un fattore endemico e perfettamente conseguente al regime instaurato. Una prima riflessione di un certo spessore ci fu solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando alcune prestigiose testimonianze di vittime del Gulag cominciarono ad affiorare. In Francia attirò l?attenzione del mondo il cosiddetto ?affare Kravcenko?, che prendeva il nome da quello di un funzionario sovietico che aveva disertato e si era consegnato agli americani.
?Ho scelto la libertà?, il libro che Kravcenko scrisse e che venne tradotto in più di venti lingue, vendendo milioni di copie, era una indubbia testimonianza dall?interno del regime sovietico. Inaugurando una strategia che avrebbero seguito in seguito: quella di accusare il funzionario disertore di ?aver scritto sotto dettatura della CIA?, i comunisti occidentali cercarono di isolare la testimonianza del dissidente. Nel processo per diffamazione che ne conseguì,l?attenzione degli inquirenti si concentrò sulla realtà dei campi.
?Istituzioni rieducative dove i diritti umani venivano rispettati?, secondo la propaganda comunista. Nemmeno lo sconvolgente racconto di Margarete Bauber-Neumann (passata attraverso il Gulag e il Lager nazista, dopo che i russi la consegnarono, in quanto ebrea, agli alleati hitleriani) potè qualcosa contro la cieca fedeltà ideologica dei comunisti occidentali.
Voci come Julius Margolin (condannato al Gulag con atto amministrativo, senza essere ascoltato e senza subire processo), Alexandre Weissberg (scienziato austriaco emigrato, volontariamente, in Urss arrestato con l?accusa di spionaggio, di complotto per uccidere Stalin, e di sovversione), Jerzy Gliksman (membro del partito socialista, ebreo polacco, deportato quando, in fuga dai nazisti finì nelle braccia della polizia segreta sovietica) lanciarono uno squarcio di luce sulla realtà entro i confini dell?Urss. David Rousset nel denunciare il sistema dei Gulag sovietici spiegò che: ?L?esistenza dei campi non è grave perché ci si soffre e muore; è grave perché vi si vive. Un paese dove esistono campi di concentramento è marcio fino al midollo: sono disumani i suoi detenuti, lo sono i guardiani e lo è soprattutto il regime. Il mondo concentrazionario attiva un contagio inevitabile e questa è la più grande sciagura che si possa conoscere?.
Il ?Libro bianco sui campi di concentramento sovietici? della Commission internationale contre le régime concentrationnaire, pubblicato lo stesso anno, si rivelò un altro documento fondamentale apparso sulla scena culturale francese.
Nemmeno la denuncia ad opera di Kruschev del terrore staliniano, nel XX° congresso del PCUS del 1956, spinse l?Occidente a concentrare la propria attenzione sul fenomeno del Gulag. Quel particolare momento storico, anzi, fu visto unicamente come denuncia dello stalinismo come ?deviazione?da un supposto comunismo originario e ?democratico? e come suggerimento alla possibilità di una ?riforma? del comunismo. Il sogno di cartapesta che lo stesso Gorbaciov, fino al Golpe del 1991, si illuse di poter realizzare. Più tardi, negli anni 70, venne la volta de ?La giornata di Ivan Denisovic? (premio Nobel per la letteratura) e di ?Arcipelago Gulag? di Alexander Solzenicyn e dei ?racconti della Kolyma? di Varlam Salomov. Guardando verso la Francia, antica maestra di libertà, il mondo poteva quindi prendere coscienza degli orrori del sistema comunista già da quarant?anni.
Difficile condividere l?assordante silenzio in Italia di intellettuali, libri scolastici, mass media, dove le riflessioni francesi sono approdate solo dopo il fatidico 1989. Ancor più difficile condividere l?atteggiamento assunto da parte di alcuni ambienti intellettuali, che cercano di chiudere il capitolo, mai definitivamente aperto, del Gulag, con la giustificazione dell?esaurimento della ?Guerra Fredda?.
Solzenicyn descrive in ?Arcipelago Gulag? il momento dell?arresto di un individuo prima della deportazione: ?E? fatta, siete arrestato. E voi non troverete altro da rispondere che un belato da agnello: Io? Perché?. Ecco cosa è l?arresto, un lampo accecante, una folgorazione che respinge istantaneamente il presente nel passato e fa dell?impossibile un presente di pieno diritto. Ed è tutto. Nelle prime ore e anche nei primi giorni non potete rendervi conto di null?altro. Vi balugina ancora, nella vostra disperazione , una luna da circo, un giocattolo. E? un errore, se ne renderanno conto! Tutto il resto, tutto quanto è ora entrato a far parte del concetto tradizionale e anche letterario dell?arresto, non è più la memoria vostra che l?immagazzina e l?organizza, ma quella della vostra famiglia e dei vostri coinquilini. E? una brusca scampanellata nel cuore della notte o un colpo brutale alla porta. E? la gagliarda irruzione di stivali sporchi, d?insonni agenti. E?, nascosto dietro le loro spalle, il testimone, impaurito e mortificato, che essi hanno reclutato d?autorità. L?arresto tradizionale sono, ancora, le mani tremolanti che preparano la roba di chi viene portato via: un cambio di biancheria, qualche provvista, un pezzo di sapone, nessuno sa che cosa dare, che cosa si può portare con sé, come sarebbe meglio vestirsi; ma gli agenti spronano, vi interrompono bruscamente dicendo: non ha bisogno di nulla. Là gli daranno da mangiare. Fa caldo?.
La grande forza di questo libro è proprio quella di focalizzare gli infiniti effetti dell?incubo del Gulag sulla vita di un uomo. Quell?arresto e tutto ciò che ne seguirà è, quindi, da pensare moltiplicato per decine di milioni di volte. Subito dopo l?Ottobre bolscevico la dirigenza del partito unico cominciò a pianificare un nuovo sistema carcerario.
Già nel 1918 nasceva una Sezione punitiva centrale (CKO)all?interno del Commissariato del popolo alla giustizia, che avrebbe dovuto coordinare tutte le carceri dell?Urss. Questa istituzione fu, in definitiva, la ?madre del Gulag?. L?anno seguente, all?interno dell? NKVD (Commissariato del popolo agli affari Interni) fu creata la Sezione lavori forzati. Già due anni dopo la cosiddetta Rivoluzione, quindi, il nuovo regime dava rigore istituzionale al concetto dello sfruttamento dell?uomo sull?uomo, in aperto contrasto con le teorie marxiste cui sosteneva d?appellarsi. All?inizio del 1921 nei lager erano rinchiusi già intorno ai 156.000 detenuti. Entro il 1927 i reclusi arrivarono alla cifra di 200.000 persone. Il sistema di reclusione cambiò radicalmente nel 1929. Fuori di ogni retorica, si può affermare che, con il varo del piano quinquennale, il cui scopo era spingere la Russia in un processo di industrializzazione forzata, la ?patria del socialismo?, con un clamoroso salto indietro nel tempo, torna alla pratica dello schiavismo. Non tanto clamoroso, in verità, quel salto all?indietro, dal momento che il servaggio della gleba in Russia fu abolito nel 1860.
Il regime bolscevico decideva quindi di creare campi di ?rieducazione attraverso il lavoro? in regioni remote e lontane dai grossi centri urbani. La Siberia, già utilizzata in epoca zarista, e la sterminata regione del Nord vennero usate come luogo per ospitare i campi. Ogni campo sarebbe distato dall?altro centinaia di chilometri, in uno spazio sterminato e ghiacciato. Assolutamente impossibile, per chiunque fosse riuscito a fuggire dal complesso carcerario, attraversare quel deserto bianco a piedi e men che meno sarebbe stato possibile varcare il confine. Nel 1930 i detenuti nei lager sovietici salgono, improvvisamente, da 23.000 a 160.000, e nella primavera dello stesso anno viene creata una direzione unica di queste strutture denominata Ulag sotto la guida dell?OGPU.
Un ulteriore riforma amministrativa nell?anno seguente portò alla creazione del Gulag (Glavnoe upravlenje lagerei, Direzione centrale dei lager). E? di quel periodo la decisione di sfruttare i detenuti per l?imponente costruzione del canale Mar Bianco-Mar Baltico, questo progetto sarà la chiave di volta sulla quale fiorirà il Gulag, che potrà fornire, gratuitamente, operai e ingegneri (tutti quelli arrestati per ?sabotaggio? nelle cicliche ?purghe anti-complotto?) al fine di realizzare costruzioni imponenti.
Ovviamente, ciò che veniva costruito a prezzo del sudore (e della morte, solo per questo canale 15.000 persone perirono in condizioni disumane) di migliaia di detenuti veniva presentato all?estero come una gloriosa edificazione del socialismo sovietico.
Contemporaneamente, in Occidente, i sindacati egemonizzati dai comunisti combattevano per i diritti dei lavoratori e glorificavano le conquiste della patria del socialismo.
Nel 1932 fu la volta della costruzione del canale Mosca-Volga, intorno al quale fiorirono diversi Gulag (l?ITL Nord-Est), che ospitò in 25 anni un milione di detenuti, destinati all?estrazione dell?oro e dello stagno che mantenevano l?intero paese.
L?anno 1934 vedeva, in tutta l?Urss, 510.000 persone ?ospiti? del Gulag e solo l?anno seguente, nel 1935, i dannati dell?inferno bianco salivano a 730.000.
La crescita esponenziale non si sarebbe fermata perché all?orizzonte si affacciava il periodo più buio della storia sovietica: il Grande Terrore. Stalin lanciava il colpo finale all?interno del partito e gettava le basi di quel ? culto della personalità? che lo porterà ad essere giudice della vita di ogni singolo cittadino sovietico.
Robert Conquest, nel suo illuminante ?Il grande terrore?, ricorda come ogni sovietico, in quegli anni, non si sentisse immune dalla possibilità di finire nel Gulag. Il cittadino sovietico e gli stessi membri del partito, che finivano sotto le poche umanitarie attenzioni della polizia segreta imputavano allo sgherro di Stalin, il capo dell? NKVD Ezov, tutta la responsabilità del terrore. Nella memoria russa, infatti, il grande terrore passerà come ?il periodo di Ezov?, ma lo stesso Conquest ricorda come, in quei terribili anni, la vita delle persone veniva decisa da un semplice segno di matita rossa da parte di Stalin. Ezov si limitava ad eseguire gli ordini. Il grande terrore portò ad un eccezionale sviluppo dei Gulag che fino al 1934 erano 14, poi divennero 31 e per la fine del 1938, i detenuti erano saliti al terrificante numero di due milioni di persone.
All?inizio del 1940 i Gulag erano già 57, l?anno successivo 82, per una popolazione incarcerata di 2.350.000 persone. Un certo rallentamento si ebbe negli anni della Seconda Guerra Mondiale; la popolazione dei Gulag scese a 1.750.000 persone e, nel 1944 toccò il numero di 1.200.000 persone. Con la fine del conflitto, però, il Gulag riprese a pieno regime, il nemico esterno era stato sconfitto e, per mantenere salde le redini del potere, Stalin necessitava di un nuovo ?giro di vite?. L?aspetto più agghiacciante della storia del Gulag è sicuramente questo: che il numero dei detenuti che avrebbero dovuto popolare il Gulag veniva deciso ad inizio anno, secondo direttive dello stesso Stalin. Esisteva una sorta di pianificazione degli arresti, che andava rispettata numericamente come si faceva per le direttive economiche di un Piano quinquennale. Stalin era pienamente cosciente che tutto il castello delle accuse ai condannati era fondato sulla menzogna; il terrore gli serviva solamente per mantenere saldo il potere. In questo, lo ?splendido georgiano? si attenne alle originali direttive del ?grande padre? Lenin, che negli anni della guerra civile auspicava l?uso del terrore nei villaggi e tra i contadini come arma rivoluzionaria necessaria alla vittoria.
La fine della guerra, che comportava lo ?scomodo? impegno a restituire i prigionieri militari nel frattempo impiegati come forza lavoro, spinse il regime stalinista a ributtarsi nel tetro ?arruolamento? nelle file della popolazione sovietica. Gli schiavi servivano e da qualche parte occorreva prenderli.
Nel 1948 le direzioni dei Gulag erano già una novantina e la popolazione detenuta era tornata a toccare il record di 2.000.000 di persone. Nel maggio 1950 i ?dannati? erano arrivati, incredibilmente, al numero di 2.800.000 persone. Con la morte di Stalin il sistema del Gulag venne riformato, ma di certo non cancellato. Nel marzo 1953 a pochi giorni dalla morte del satrapo georgiano, venne interrotta la costruzione di nuovi Gulag e un decreto di amnistia del Presidium portò alla scarcerazione di un milione di detenuti e alla riduzione dei campi dal numero esorbitante di 175 al numero di 81. Anche le pene furono mitigate. A metà degli anni cinquanta la popolazione incarcerata nei Gulag era ?solo? di un milione.
Il 25 ottobre 1956 la risoluzione del CC del PCUS e del Consiglio dei Ministri dell?Urss decise che era ?inopportuna l?ulteriore esistenza degli ITL? ( altra forma burocratica per definire il Gulag).
Nel mese di ottobre il Gulag cambiò nome in GUITK (Direzione centrale delle colonie di rieducazione attraverso il lavoro).
L?inferno cambiava nome, ma le fiamme rimanevano le stesse e non bruciavano certo di meno.
Tratto da ?Il Gulag? di Ferruccio Gattuso