<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Prima università italiana al 174 posto. | Page 7 | Il Forum di Quattroruote

Prima università italiana al 174 posto.

Epme ha scritto:
iCastm ha scritto:
|Mauro65| ha scritto:
iCastm ha scritto:
Dunque, come già detto, il test d'ingresso non è uno strumento infallibile, ma sbaglia poco, meno di quanto si crede e permette un'organizzazione della didattica efficiente ed efficace rispetto all'iscrizione libera.
Permettimi di dubitare, visto che oltre la metà, se non 2/3, di quelli che hanno superato il test poi si "perde per strada"

Fonte?

Intanto guarda questi dati sugli studenti "in corso"
http://www.corriere.it/cronache/08_febbraio_28/universita_fuoricorso_5d4c90ec-e5c4-11dc-ab61-0003ba99c667.shtml

Ma questo non significa che gli "scartati" possano fare meglio.
Inoltre, riporto dal link,

In generale la regolarità degli studenti è più elevata nelle facoltà di Medicina e Chirurgia (83,1%) Farmacia (77,1%) e Architettura (76%).

cioè, le facoltà a numero programmato sono quelle con la percentuale più bassa di fuori corso.
 
iCastm ha scritto:
Epme ha scritto:
iCastm ha scritto:
|Mauro65| ha scritto:
iCastm ha scritto:
Dunque, come già detto, il test d'ingresso non è uno strumento infallibile, ma sbaglia poco, meno di quanto si crede e permette un'organizzazione della didattica efficiente ed efficace rispetto all'iscrizione libera.
Permettimi di dubitare, visto che oltre la metà, se non 2/3, di quelli che hanno superato il test poi si "perde per strada"

Fonte?

Intanto guarda questi dati sugli studenti "in corso"
http://www.corriere.it/cronache/08_febbraio_28/universita_fuoricorso_5d4c90ec-e5c4-11dc-ab61-0003ba99c667.shtml

Ma questo non significa che gli "scartati" possano fare meglio.
Inoltre, riporto dal link,

In generale la regolarità degli studenti è più elevata nelle facoltà di Medicina e Chirurgia (83,1%) Farmacia (77,1%) e Architettura (76%).

cioè, le facoltà a numero programmato sono quelle con la percentuale più bassa di fuori corso.

Vedi le considerazioni di cui sopra: se accetti 100 studenti invece di 200 e' evidente che questi avranno una qualità "intrinseca" degli studi migliore: piu' docenti, aule, laboratori, esercitazioni pro/capite. Se ci aggiungi anche un contatto piu' stretto con i docenti, la valutazione obiettiva della qualità intrinseca e' inevitabilmente "migliore", non fosse altro che se bocci 3/4 dei tuoi studenti (come avveniva in maniera selettiva qualche anno fa) e alla fine ne fai laureare una decina magari qualcuno si chiede se il tuo insegnamento è davvero di qualità.
 
Epme ha scritto:
iCastm ha scritto:
Epme ha scritto:
iCastm ha scritto:
|Mauro65| ha scritto:
iCastm ha scritto:
Dunque, come già detto, il test d'ingresso non è uno strumento infallibile, ma sbaglia poco, meno di quanto si crede e permette un'organizzazione della didattica efficiente ed efficace rispetto all'iscrizione libera.
Permettimi di dubitare, visto che oltre la metà, se non 2/3, di quelli che hanno superato il test poi si "perde per strada"

Fonte?

Intanto guarda questi dati sugli studenti "in corso"
http://www.corriere.it/cronache/08_febbraio_28/universita_fuoricorso_5d4c90ec-e5c4-11dc-ab61-0003ba99c667.shtml

Ma questo non significa che gli "scartati" possano fare meglio.
Inoltre, riporto dal link,

In generale la regolarità degli studenti è più elevata nelle facoltà di Medicina e Chirurgia (83,1%) Farmacia (77,1%) e Architettura (76%).

cioè, le facoltà a numero programmato sono quelle con la percentuale più bassa di fuori corso.

Vedi le considerazioni di cui sopra: se accetti 100 studenti invece di 200 e' evidente che questi avranno una qualità "intrinseca" degli studi migliore: piu' docenti, aule, laboratori, esercitazioni pro/capite. Se ci aggiungi anche un contatto piu' stretto con i docenti, la valutazione obiettiva della qualità intrinseca e' inevitabilmente "migliore", non fosse altro che se bocci 3/4 dei tuoi studenti (come avveniva in maniera selettiva qualche anno fa) e alla fine ne fai laureare una decina magari qualcuno si chiede se il tuo insegnamento è davvero di qualità.

Quindi?
 
iCastm ha scritto:
Epme ha scritto:
iCastm ha scritto:
Epme ha scritto:
iCastm ha scritto:
|Mauro65| ha scritto:
iCastm ha scritto:
Dunque, come già detto, il test d'ingresso non è uno strumento infallibile, ma sbaglia poco, meno di quanto si crede e permette un'organizzazione della didattica efficiente ed efficace rispetto all'iscrizione libera.
Permettimi di dubitare, visto che oltre la metà, se non 2/3, di quelli che hanno superato il test poi si "perde per strada"

Fonte?

Intanto guarda questi dati sugli studenti "in corso"
http://www.corriere.it/cronache/08_febbraio_28/universita_fuoricorso_5d4c90ec-e5c4-11dc-ab61-0003ba99c667.shtml

Ma questo non significa che gli "scartati" possano fare meglio.
Inoltre, riporto dal link,

In generale la regolarità degli studenti è più elevata nelle facoltà di Medicina e Chirurgia (83,1%) Farmacia (77,1%) e Architettura (76%).

cioè, le facoltà a numero programmato sono quelle con la percentuale più bassa di fuori corso.

Vedi le considerazioni di cui sopra: se accetti 100 studenti invece di 200 e' evidente che questi avranno una qualità "intrinseca" degli studi migliore: piu' docenti, aule, laboratori, esercitazioni pro/capite. Se ci aggiungi anche un contatto piu' stretto con i docenti, la valutazione obiettiva della qualità intrinseca e' inevitabilmente "migliore", non fosse altro che se bocci 3/4 dei tuoi studenti (come avveniva in maniera selettiva qualche anno fa) e alla fine ne fai laureare una decina magari qualcuno si chiede se il tuo insegnamento è davvero di qualità.

Quindi?

Giovane, se sei aspirante uomo di ingegno e non segui il ragionamento, forse è meglio procedere ad un cambio di facoltà.
Grazie al ciufolo che se hai 100 studenti da seguire con 100 docenti la percentuale di "laureati" sara' maggiore rispetto ad avere il doppio o il triplo dei discenti.
Mi chiedo solo se quei cento studenti, selezionati "ab initio" con quiz cervellotici, siano realmente idonei a ricevere un titolo di studio cui arrivano assai piu' facilmente e con qualche aiutino in più (proprio per l'assenza di concorrenza interna) rispetto a una selezione fatta sul campo su una base assai piu' ampia
 
Epme ha scritto:
iCastm ha scritto:
Epme ha scritto:
iCastm ha scritto:
Epme ha scritto:
iCastm ha scritto:
|Mauro65| ha scritto:
iCastm ha scritto:
Dunque, come già detto, il test d'ingresso non è uno strumento infallibile, ma sbaglia poco, meno di quanto si crede e permette un'organizzazione della didattica efficiente ed efficace rispetto all'iscrizione libera.
Permettimi di dubitare, visto che oltre la metà, se non 2/3, di quelli che hanno superato il test poi si "perde per strada"

Fonte?

Intanto guarda questi dati sugli studenti "in corso"
http://www.corriere.it/cronache/08_febbraio_28/universita_fuoricorso_5d4c90ec-e5c4-11dc-ab61-0003ba99c667.shtml

Ma questo non significa che gli "scartati" possano fare meglio.
Inoltre, riporto dal link,

In generale la regolarità degli studenti è più elevata nelle facoltà di Medicina e Chirurgia (83,1%) Farmacia (77,1%) e Architettura (76%).

cioè, le facoltà a numero programmato sono quelle con la percentuale più bassa di fuori corso.

Vedi le considerazioni di cui sopra: se accetti 100 studenti invece di 200 e' evidente che questi avranno una qualità "intrinseca" degli studi migliore: piu' docenti, aule, laboratori, esercitazioni pro/capite. Se ci aggiungi anche un contatto piu' stretto con i docenti, la valutazione obiettiva della qualità intrinseca e' inevitabilmente "migliore", non fosse altro che se bocci 3/4 dei tuoi studenti (come avveniva in maniera selettiva qualche anno fa) e alla fine ne fai laureare una decina magari qualcuno si chiede se il tuo insegnamento è davvero di qualità.

Quindi?

Giovane, se sei aspirante uomo di ingegno e non segui il ragionamento, forse è meglio procedere ad un cambio di facoltà.
Grazie al ciufolo che se hai 100 studenti da seguire con 100 docenti la percentuale di "laureati" sara' maggiore rispetto ad avere il doppio o il triplo dei discenti.
Mi chiedo solo se quei cento studenti, selezionati "ab initio" con quiz cervellotici, siano realmente idonei a ricevere un titolo di studio cui arrivano assai piu' facilmente e con qualche aiutino in più (proprio per l'assenza di concorrenza interna) rispetto a una selezione fatta sul campo su una base assai piu' ampia

E' più ragionevole l'esistenza dello Yeti o del mostro di Lochness piuttosto che gli "aiutini" agli studenti quando sono pochi.
Un rapporto ragionevole tra numero di docenti e di studenti migliora la qualità della didattica anche perchè è così possibile fare esame più seri e approfonditi. Gli esami orali stanno scomparendo a causa del numero eccessivo di candidati, però i docenti fanno comunque domande di teoria alle quali sarebbe più logico rispondere oralmente. Alcuni docenti di Analisi matematica fanno gli esami scritti a risposta multipla! Nemmeno vogliono vedere lo svolgimento di uno studio di funzione o di un integrale doppio, basta aver marcato la casella giusta. Questa non è selezione naturale, ma idiozia pura! Nei pochi corsi rimasti frequentati da poche persone invece nasce un vero rapporto tra docente e studente, non c'è una mera trasmissione di informazioni (orrore!), ma c'è un rapporto umano, una trasmissione di passione che fa interrogare sulla materia che si sta studiando.
 
Io sono a dir poco contrario al numero programmato, e lo dico per una mia personaleesperienza negativa; preso il diploma, decisi, sognando un posto di lavoro ben pagato, di iscrivermi alla facoltà di Economia Aziendale, ad accesso programmato. Fui tra i primi 30 in graduatoria e venni accettato. Dopo due anni, scoprii che la materia nn faceva per me, e mi sono iscritto ad Archeologia, la mia passione da sempre. Ancora oggi mi sento in colpa per aver tolto un posto ad uno studente, magari più interessato e portato di me, che, per minor preparazione o sfortuna, è arrivato più basso in graduatoria.
 
EdoMC ha scritto:
Io sono a dir poco contrario al numero programmato, e lo dico per una mia personaleesperienza negativa; preso il diploma, decisi, sognando un posto di lavoro ben pagato, di iscrivermi alla facoltà di Economia Aziendale, ad accesso programmato. Fui tra i primi 30 in graduatoria e venni accettato. Dopo due anni, scoprii che la materia nn faceva per me, e mi sono iscritto ad Archeologia, la mia passione da sempre. Ancora oggi mi sento in colpa per aver tolto un posto ad uno studente, magari più interessato e portato di me, che, per minor preparazione o sfortuna, è arrivato più basso in graduatoria.

Il punto non è che hai levato il posto ad uno studente FORSE più interessato di te, ma che hai buttato tu due anni per una cosa che sotto sotto sapevi che non ti piaceva, ma speravi che ti avrebbe dato un buon lavoro.

E' questo uno dei maggiori guai dell'Università e di tutta la società italiana: mettere da parte se stessi per diventare qualcun altro che non siamo. E' disumano!
Però dal '68 in poi nelle scuole è stata questa la mentalità dominante: esci dal tuo stato, emancipati, immaginazione al potere etc... che non sono di per sè brutte cose, ma hanno preso nella società italiana una piega sbagliata: "Studia altrimenti non trovi lavoro". "Solo col pezzo di carta si lavora" etc...
Risultato: nessuno vuole fare più certi lavori (anche se ben pagati) perchè "disonorevoli". E allora vedo nelle facoltà scientifiche gente che non capisce (non perchè stupida, ma immotivata) e che impara a memoria, si stressa e si sfoga il sabato sera immaginiamo come. Vedo nelle facoltà umanistiche gente che si laurea anche con voti alti ed ha poi la pretesa di trovare subito lavoro perchè è laureata; non trovandolo pretende l'assunzione da parte dello Stato.

A te va tutto il mio apprezzamento perchè dopo due anni hai avuto il coraggio di fare i conti con la realtà delle cose e quindi di cambiare facoltà.
Non preoccuparti per quello a cui hai levato il posto, non sai se il destino gli ha riservato qualcosa di ancora più adatto a lui.
 
Quindi alla fine il numero chiuso ha pregi e difetti come l'accesso a tutti quelli che vogliono provare. Il problema è nella mentalità di voler studiare a tutti i costi una cosa anche quando è palese che non siamo portati.
A volte è molto meglio imparare un mestiere, se si è portati, che sudare sui libri. C'è più soddisfazione e alla fine anche più guadagno.
 
capnord ha scritto:
Quindi alla fine il numero chiuso ha pregi e difetti come l'accesso a tutti quelli che vogliono provare. Il problema è nella mentalità di voler studiare a tutti i costi una cosa anche quando è palese che non siamo portati.
A volte è molto meglio imparare un mestiere, se si è portati, che sudare sui libri. C'è più soddisfazione e alla fine anche più guadagno.

Quotissimo.

La laurea non è un corso di formazione professionale, può aiutare a trovare un buon lavoro subito, ma non è questo lo scopo.
 
iCastm ha scritto:
EdoMC ha scritto:
Io sono a dir poco contrario al numero programmato, e lo dico per una mia personaleesperienza negativa; preso il diploma, decisi, sognando un posto di lavoro ben pagato, di iscrivermi alla facoltà di Economia Aziendale, ad accesso programmato. Fui tra i primi 30 in graduatoria e venni accettato. Dopo due anni, scoprii che la materia nn faceva per me, e mi sono iscritto ad Archeologia, la mia passione da sempre. Ancora oggi mi sento in colpa per aver tolto un posto ad uno studente, magari più interessato e portato di me, che, per minor preparazione o sfortuna, è arrivato più basso in graduatoria.

Il punto non è che hai levato il posto ad uno studente FORSE più interessato di te, ma che hai buttato tu due anni per una cosa che sotto sotto sapevi che non ti piaceva, ma speravi che ti avrebbe dato un buon lavoro.

E' questo uno dei maggiori guai dell'Università e di tutta la società italiana: mettere da parte se stessi per diventare qualcun altro che non siamo. E' disumano!
Però dal '68 in poi nelle scuole è stata questa la mentalità dominante: esci dal tuo stato, emancipati, immaginazione al potere etc... che non sono di per sè brutte cose, ma hanno preso nella società italiana una piega sbagliata: "Studia altrimenti non trovi lavoro". "Solo col pezzo di carta si lavora" etc...
Risultato: nessuno vuole fare più certi lavori (anche se ben pagati) perchè "disonorevoli". E allora vedo nelle facoltà scientifiche gente che non capisce (non perchè stupida, ma immotivata) e che impara a memoria, si stressa e si sfoga il sabato sera immaginiamo come. Vedo nelle facoltà umanistiche gente che si laurea anche con voti alti ed ha poi la pretesa di trovare subito lavoro perchè è laureata; non trovandolo pretende l'assunzione da parte dello Stato.

A te va tutto il mio apprezzamento perchè dopo due anni hai avuto il coraggio di fare i conti con la realtà delle cose e quindi di cambiare facoltà.
Non preoccuparti per quello a cui hai levato il posto, non sai se il destino gli ha riservato qualcosa di ancora più adatto a lui.

Grazie per l'apprezzamento e la comprensione. Non ritengo due anni buttati, perchè, anche se non mi serviranno per il "pezzo di carta", mi hanno dato delle conoscenze che mi permettono di poter comprendere meglio il mondo che mi circonda, poter parlare con cognizione di causa su argomenti, non infrequenti, di politica ed economia, di poter praticare il lavoro che vorrei fare in maniera migliore (cosa fondamentale per una qualsiasi ricerca archeologica è procurarsi i fondi necessari e, soprattutto, usarli bene) e di farmii comunque un bagaglio culturale non incentrato su una sola materia. Ho purtroppo il presentimento che a 19 anni si sia ancora poco maturi per fare una scelta di vita: allora mi piacevano i vestiti firmati, i viaggi, le belle macchine, con la targa rigrosamente con l'ultima lettera, le scarpe da calcio costose, mangiare fuori spesso ecc... L'unico modo sarebbe stato avere un lavoro ben pagato. Poi, nel corso dell'università, sono maturato e ora mi vesto con vestiti normalissimi (non economizzo solo sulle scarpe, poichè i miei piedi "tollerano" praticamente solo le Geox), ho scoperto che per fare un viaggio basta una tenda, che un buon usato costa come un'utilitaria, gioco con le scarpe da ginnastica, e una buona grigliata o una spaghettata in casa sono migliori di una pizza fuori. La necessità di avere i "soldoni" è decaduta, così ho pensato di studiare ciò che mi è sempre piaciuto. Una volta in scavo, poi, ho scoperto che il lavoro no solo mi piace, ma mi diverte: la cosa che più mi ha fatto piacere è che, alle 17.00, dopo aver alle spalle 9 ore di lavoro faticoso e un panino col cotto a pranzo, si diceva volentieri "abbiamo ancora un'ora di luce", perchè si voleva finire di scavare uno strato, scoprire cosa c'era sotto, la curiosità vince sulla fatica. E, davanti a una birra (io aranciata, sono astemio), ci si "scanna" cercando di far valere la propria tesi.
 
capnord ha scritto:
Anche quest'anno le università italiane non brillano per qualità.
Secondo la statistica pubblicata annualmente dalla Times Higher Education , le nostre 2 università piazzatesi meglio sono al 174° e al 205 posto. In europa Gran bretagna e Francia hanno fatto molto meglio.
http://route66.corriere.it/
Tutta colpa dei fondi o la gelmini non ha tutti i torti a voler riformare la scuola in italia?

visto che con la riforma cambierà qualcosa, speriamo di risalire la china.
 
EdoMC ha scritto:
iCastm ha scritto:
EdoMC ha scritto:
Io sono a dir poco contrario al numero programmato, e lo dico per una mia personaleesperienza negativa; preso il diploma, decisi, sognando un posto di lavoro ben pagato, di iscrivermi alla facoltà di Economia Aziendale, ad accesso programmato. Fui tra i primi 30 in graduatoria e venni accettato. Dopo due anni, scoprii che la materia nn faceva per me, e mi sono iscritto ad Archeologia, la mia passione da sempre. Ancora oggi mi sento in colpa per aver tolto un posto ad uno studente, magari più interessato e portato di me, che, per minor preparazione o sfortuna, è arrivato più basso in graduatoria.

Il punto non è che hai levato il posto ad uno studente FORSE più interessato di te, ma che hai buttato tu due anni per una cosa che sotto sotto sapevi che non ti piaceva, ma speravi che ti avrebbe dato un buon lavoro.

E' questo uno dei maggiori guai dell'Università e di tutta la società italiana: mettere da parte se stessi per diventare qualcun altro che non siamo. E' disumano!
Però dal '68 in poi nelle scuole è stata questa la mentalità dominante: esci dal tuo stato, emancipati, immaginazione al potere etc... che non sono di per sè brutte cose, ma hanno preso nella società italiana una piega sbagliata: "Studia altrimenti non trovi lavoro". "Solo col pezzo di carta si lavora" etc...
Risultato: nessuno vuole fare più certi lavori (anche se ben pagati) perchè "disonorevoli". E allora vedo nelle facoltà scientifiche gente che non capisce (non perchè stupida, ma immotivata) e che impara a memoria, si stressa e si sfoga il sabato sera immaginiamo come. Vedo nelle facoltà umanistiche gente che si laurea anche con voti alti ed ha poi la pretesa di trovare subito lavoro perchè è laureata; non trovandolo pretende l'assunzione da parte dello Stato.

A te va tutto il mio apprezzamento perchè dopo due anni hai avuto il coraggio di fare i conti con la realtà delle cose e quindi di cambiare facoltà.
Non preoccuparti per quello a cui hai levato il posto, non sai se il destino gli ha riservato qualcosa di ancora più adatto a lui.

Grazie per l'apprezzamento e la comprensione. Non ritengo due anni buttati, perchè, anche se non mi serviranno per il "pezzo di carta", mi hanno dato delle conoscenze che mi permettono di poter comprendere meglio il mondo che mi circonda, poter parlare con cognizione di causa su argomenti, non infrequenti, di politica ed economia, di poter praticare il lavoro che vorrei fare in maniera migliore (cosa fondamentale per una qualsiasi ricerca archeologica è procurarsi i fondi necessari e, soprattutto, usarli bene) e di farmii comunque un bagaglio culturale non incentrato su una sola materia. Ho purtroppo il presentimento che a 19 anni si sia ancora poco maturi per fare una scelta di vita: allora mi piacevano i vestiti firmati, i viaggi, le belle macchine, con la targa rigrosamente con l'ultima lettera, le scarpe da calcio costose, mangiare fuori spesso ecc... L'unico modo sarebbe stato avere un lavoro ben pagato. Poi, nel corso dell'università, sono maturato e ora mi vesto con vestiti normalissimi (non economizzo solo sulle scarpe, poichè i miei piedi "tollerano" praticamente solo le Geox), ho scoperto che per fare un viaggio basta una tenda, che un buon usato costa come un'utilitaria, gioco con le scarpe da ginnastica, e una buona grigliata o una spaghettata in casa sono migliori di una pizza fuori. La necessità di avere i "soldoni" è decaduta, così ho pensato di studiare ciò che mi è sempre piaciuto. Una volta in scavo, poi, ho scoperto che il lavoro no solo mi piace, ma mi diverte: la cosa che più mi ha fatto piacere è che, alle 17.00, dopo aver alle spalle 9 ore di lavoro faticoso e un panino col cotto a pranzo, si diceva volentieri "abbiamo ancora un'ora di luce", perchè si voleva finire di scavare uno strato, scoprire cosa c'era sotto, la curiosità vince sulla fatica. E, davanti a una birra (io aranciata, sono astemio), ci si "scanna" cercando di far valere la propria tesi.

Fa come se "buttati" l'avessi scritto tra virgolette. Hai scritto quello che mi è piaciuto leggere: la testimonianza di una persona che oltre ad aver avuto il coraggio di cambiare non ha buttato ciò che ha fatto quando era sulla strada "sbagliata".
Comunque non è che 19 anni siano pochi per assumersi responsabilità, semplicemente i ragazzi dovrebbero essere educati ad assumersene.
 
A 19 anni qualche generazione fà ci si sposava e si metteva su casa. Si era UOMINI. Adesso ( fatte le dovute eccezioni) mi sembra ci siano più figli di papà. Questa tendenza è cominciata già dalla mia generazione ( sono del 1964) con genitori cresciuti in mezzo alla miseria e ansiosi di dare ai figli quello che è mancato loro ma anche con il rischio di viziarli.
 
capnord ha scritto:
A 19 anni qualche generazione fà ci si sposava e si metteva su casa. Si era UOMINI. Adesso ( fatte le dovute eccezioni) mi sembra ci siano più figli di papà. Questa tendenza è cominciata già dalla mia generazione ( sono del 1964) con genitori cresciuti in mezzo alla miseria e ansiosi di dare ai figli quello che è mancato loro ma anche con il rischio di viziarli.

con cosa la metti su casa? coi tirocini, coi contratti a progetto? con i 600 euro al mese dove di affitto ne paghi 400 per condividere la casa con altri?
non facciamo affermazioni semplicistiche.
io ho voluto fare l'università e per buona parte mi mantengo, ma è già un sacrificio e mi spieghi con cosa potrei metter su famiglia??
 
moogpsycho ha scritto:
capnord ha scritto:
A 19 anni qualche generazione fà ci si sposava e si metteva su casa. Si era UOMINI. Adesso ( fatte le dovute eccezioni) mi sembra ci siano più figli di papà. Questa tendenza è cominciata già dalla mia generazione ( sono del 1964) con genitori cresciuti in mezzo alla miseria e ansiosi di dare ai figli quello che è mancato loro ma anche con il rischio di viziarli.

con cosa la metti su casa? coi tirocini, coi contratti a progetto? con i 600 euro al mese dove di affitto ne paghi 400 per condividere la casa con altri?
non facciamo affermazioni semplicistiche.
io ho voluto fare l'università e per buona parte mi mantengo, ma è già un sacrificio e mi spieghi con cosa potrei metter su famiglia??

Probabilmente non hai seguito la discussione.
Non si sta dicendo che a 19 anni anche oggi un ragazzo deve andare a lavorare per farsi una casa e una famiglia, ma solo che, mediamente parlando, una volta a quell'età si era più responsabili. Oggi invece sembra che i problemi siano l'auto figa, il cellulare figo, i vestiti firmati etc...
Non credo che siano i bassi stipendi e gli affitti alti a deresponsabilizzare i giovani.
 
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