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PRESIDENTE IOR, DELOCALIZZARE DEPRIME IL MERCATO.

PRESIDENTE IOR, DELOCALIZZARE DEPRIME IL MERCATO. - opinioni e discussioni sul Forum di Quattroruote

  1. birillo21

    birillo21

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    FIAT: PRESIDENTE IOR, DELOCALIZZARE DEPRIME IL MERCATO

    CdV - Fiat: Gotti Tedeschi, Presidente Ior, penalizzando l'occupazione in Italia, si deprime anche il mercato.
    Delocalizzare forse allevia momentaneamente ma certamente non risolve i problemi del comparto auto, messo a dura prova dalla crisi economica internazionale.
    Lo afferma, in riferimento al piano della Fiat di produrre in Serbia le sue nuove auto, Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior, la banca del Vaticano.
    In un articolo scritto per l'Osservatore Romano, l'economista ricorda 'la storiella di Henry Ford', il grande industriale americano che dopo avere sopportato un lungo periodo di conflittualità sindacale, fece progettare e costruire una fabbrica di automobili totalmente automatizzata.
    Mostro' poi l'impianto senza operai al potente capo dei sindacati e gli disse con scherno: 'La fermi ora, se ne e' capace'.
    Ma il sindacalista replico': 'Adesso venda lei le auto prodotte, se ne e' capace'. -

    (24 luglio 2010) Le altre news

    http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/FIAT-PRESIDENTE-IOR-DELOCALIZZARE-DEPRIME-IL-MERCATO/news-dettaglio/3814794
     
  2. birillo21

    birillo21

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    La DELOCALIZZAZIONE è un processo attraverso il quale si distrugge un mercato, florido e fiorente, per costruirne uno più piccolo e povero altrove, convinti di esportare nel mercato distrutto la produzione di quello povero e piccolo.

    Nonostante questo tutti continuano a rincorrere il sogno del denaro facile.

    :D

    Sono in pochi a conoscere questa verità minimalista. :D

    Il processo di DELOCALIZZAZIONE non contribuisce ad ampliare il numero dei lavoratori-produttori e dei consumatori.
    Al contrario restringe la quota di reddito destinata al consumo fino al totale annullamento.
    Questo perchè si DELOCALIZZA da mercati maturi a mercati immaturi.
     
  3. birillo21

    birillo21

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    Restringendo il PLUSVALORE del Lavoratore/Consumatore a disposizione del Capitalista risulterà che questi diverrà più povero, in causa della scomparsa dei Lavoratori/Consumatori.

    Questo processo di restrinzione si chiama appunto Delocalizzazione.
     
  4. birillo21

    birillo21

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    Ettore Gotti Tedeschi (Pontenure, 3 marzo 1945) è un economista e banchiere italiano.
    Dal 2009 ricopre l'incarico di presidente dell'Istituto per le Opere di Religione.

    Per i primi 12 anni della sua vita professionale si è occupato di strategia industriale e finanziaria (con Metra-Sema a Parigi dal 1973 al 1980 e, dal 1980 al 1984, con McKinsey a Milano e Londra); dal 1985 ha cominciato ad occuparsi di finanza: divenne banchiere d'affari per la finanziaria Procomin di Imi-Bnl, per poi passare alla merchant bank Sige (gruppo Imi), dove conobbe il banchiere Gianmario Roveraro (membro dell'Opus Dei e scomparso misteriosamente nel 2006).[1] Con Roveraro, nel 1987 fondò la banca d'affari Akros, raccogliendo 275 miliardi da 210 azionisti[1] (fra cui Fiat, Iri, Cir, Ferrero, Parmalat, Commercial Union, Banca Popolare di Milano e Cassa di Risparmio di Torino).[2]
    Nel 1990, tramite la Akros, lavorò al collocamento in borsa della Parmalat di Callisto Tanzi[3] e guidò per lui fra aprile e maggio 1991 le trattative per l'acquisizione di Fedital dalla Federconsorzi, trovando, sempre attraverso l'Akros, le risorse per l'operazione (poi interrotta, a causa del commissariamento della Federconsorzi).[4] Intanto era entrato nel consiglio d'amministrazione del gruppo Parmalat[4], nel quale rimase circa un anno, fino al 1991.[3]

    Nel 1992 lasciò l'Akros per fondare, su richiesta di Emilio Botín, la filiale italiana del gruppo spagnolo Banco Santander,[5] venendo nominato nel 1993 presidente per l'Italia della Finconsumo Banca SpA (poi Santander Consumer Bank SpA), ponendosi alla guida delle attività italiane del gruppo spagnolo Banco Santander.[6] Dopo la rottura con la Banca Intesa, comprò, per conto del gruppo spagnolo, l'Antonveneta e la rivendette ai Montepaschi di Siena di Giuseppe Mussari.[1]

    Ha ricoperto molti vari incarichi in fondazioni bancarie, fondi di Venture Capital e Private Equity.[5]

    Nel 2005, nell'ambito del processo Parmalat, è stato scritto, insieme a 71 altri banchieri, nel registro degli indagati[7][8], per poi essere prosciolto nel 2007.[3]

    È consigliere d'amministrazione del Sanpaolo IMI[6] ed è stato nominato dal ministro Giulio Tremonti consigliere per "i problemi economico-finanziari ed etici nei sistemi internazionali" e consigliere d'amministrazione della Cassa Depositi e Prestiti[9][10] dal 2004 al 2007 e dal 2009 a oggi.[5]

    Dal 1996 al 2006 è stato docente di Strategia finanziaria all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, poi di Etica economica all'Università di Torino. Oggi insegna Etica della finanza all'Università Cattolica di Milano, è presidente del Consiglio Direttivo e membro del Consiglio Consultivo del Centro Studi Tocqueville-Acton, nonché editorialista de L'Osservatore Romano[6] e del Sole 24 Ore.[5]

    Nel 2008 è stato chiamato dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone ad occuparsi della gestione finanziaria del Governatorato della Città del Vaticano, i cui bilanci erano in rosso per più di 15 milioni di euro.[10] Ha inoltre contribuito alla stesura dell'enciclica Caritas in veritate di Papa Benedetto XVI.[9][10]
    Dal 23 settembre 2009 è presidente dell'Istituto per le Opere di Religione.[11]

    È sposato, ha cinque figli e vive a Pontenure, suo paese natale.[10]

    Cattolico e liberale, Ettore Gotti Tedeschi ha scritto, con Rino Cammilleri, un libro che ha per titolo: Denaro e Paradiso. L'economia globale e il mondo cattolico, rivendica «la superiorità di un capitalismo ispirato alla morale cristiana».

    http://it.wikipedia.org/wiki/Ettore_Gotti_Tedeschi

    http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/09/gotti-tedeschi-presidente-ior.shtml?uuid=3e85942a-a836-11de-bb97-68f215fbb471&DocRulesView=Libero

    http://www.cassaddpp.it/content/groups/public/documents/ace_documenti/007480.pdf

    http://www.cattolici-liberali.com/organizzazione/persone/EttoreGottiTedeschi.aspx
     
  5. keyone

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    Al "capitalista" non interessa più di tanto chi comprerà il suo prodotto. Se gli europei ,impoveriti dalla delocalizzazione ,dal calo dei "pil" e dalla conseguente riduzione dei benefit : pensioni ,sanità e istruzione gratuita ecc., compreranno meno auto , vi sono centinaia di milioni di cinesi ,indiani ,sud-americani che per merito dei nuovi posti di lavoro in fabbrica , del miglioramento di sanità ,pensioni ed istruzione ,frutto della stratosferica crescita del pil ,saranno in grado e nella condizioni di comprarne anche di più.
    Di qui come al solito una lotta furibonda per accaparrarsi quei mercati. Come nel '500/600 per la seta e le spezie e ....gli schiavi.
     
  6. birillo21

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    In Cina non ci sono le stesse automobili che si fanno in Europa, anzi da questo punto di vista è un mercato fortemente arretrato.
    I diritti, le regole e le garanzie, che sono accessorie allo sviluppo di un mercato florido e maturo, nei paesi emergenti sono quasi inesistenti, o fortemente limitate.
    La qualità delle merci dei paesi in via di sviluppo non è pari a quanto si è abituati in Occidente.
    Distruggendo i mercati Occidentali mediante il processo di delocalizzazione, non è detto che dalle altre parti si costituiscano mercati di pari valore indotto.
    I mercati Occidentali sono i più ricchi ancora per poco e questo significa che ci sarà sempre meno plusvalore per i consumi diversi da quelli di sopravvivenza.
    Ai Veri Capitalisti interessa che il PLUSVALORE (detto anche valore aggiunto), che condividono con i Lavoratori-Consumatori ritorni totalmente nelle loro tasche mediante l'acquisto dei prodotti.
    Al Capitalista interessa che il consumismo che regge i mercati rimanga in piedi.

    Il processo corretto non è DELOCALIZZARE, ma costruire altre linee produttive adatte ai mercati non maturi.
    Questo evita la distruzione dei mercati evoluti, che sono anche i più ricchi di PLUSVALORE a favore del Capitalista.
     
  7. belpietro

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    già che sei pratico di teorie economiche attualissime, hai sentito per caso cosa ne pensa il Feudatario?
     
  8. birillo21

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    Sul PLUSVALORE si paga l'IVA-Imposta sul Valore Aggiunto.

    Che io usi un termine ottocentesco desueto come PLUSVALORE o più modernamente VALORE AGGIUNTO non cambia la sostanza della realtà.

    Mi pare che siate Voi Signor Belpietro incollato a visioni della realtà inquinate da pregiudizi ideologici piuttosto antiquati, che non trovano più casa presso le Società Democratiche Evolute.

    Comprendo che in Italia è difficile per chiunque barcamenarsi tra i personalismi barricaderi presenti all'interno della Leadership politica di questo paese che badano più all'apparenza che alla sostanza ed alla realtà.

    Ma l'economia ed i meccanismi di base che sono stati individuati, che fanno parte della legislazione di paesi Democratici ben più avanzati del nostro, si basano proprio sulla individuazione del PLUSVALORE, o VALORE AGGIUNTO che dir si voglia.

    Il PLUSVALORE in ultima analisi è il lavoro di trasformazione che esegue un lavoratore, un azienda, quando processa una materia prima, od un semilavorato, od altro.

    Tanto per chiudere la questione:

    Il PLUSVALORE, detto anche VALORE AGGIUNTO, è di destra o di sinistra?

    Sul PLUSVALORE si pagano le TASSE (IVA).

    Pagare le TASSE è di destra o di sinistra?

    Ricorda cosa diceva Giorgio Gaber nella sua celebre canzone DESTRA SINISTRA.

    Ma forse ha ragione, oggi pagare le Tasse è un atto rivoluzionario a destra come a sinistra.
    Per quelle stesse persone è un'atto di profondo amore verso questa patria derelitta che chiamiamo Italia.
     
  9. birillo21

    birillo21

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    Tutti noi ce la prendiamo con la storia
    ma io dico che la colpa è nostra
    è evidente che la gente è poco seria
    quando parla di sinistra o destra.

    Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
    Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...

    http://www.canzoni-mp3.net/g/giorgio_gaber/canzoni/testo_destra_sinistra.htm

    http://www.youtube.com/watch?v=kt0AwAxj0v0&feature=related
     
  10. dexxter

    dexxter Guest

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    senza fare della dietrologia, direi che ha ragione no?
     
  11. birillo21

    birillo21

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    Gaber è sempre avanti.
     
  12. birillo21

    birillo21

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    «Un' area Usa-Ue per sfidare la Cina»
    Bini Smaghi: priorità a standard comuni. L' Ocse: una spinta al Pil

    BERLINO - Una super area economica e commerciale, basata su standard comuni.
    È questo che i banchieri e gli industriali riuniti a Berlino per il summit dell' Aspen Italia chiedono per favorire il processo di integrazione fra Stati Uniti ed Europa.
    Con il risultato, come ipotizzato dall' Ocse, di ottenere un aumento del pil di almeno un punto percentuale.
    L' idea, che sarà al centro dei dibattito al vertice di fine aprile 2007 a Washington, riprende quella recentemente lanciata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo la quale occorre armonizzare le regole e abbattere le barriere commerciali fra le due sponde dell' oceano.
    «Lavorare su standard globali è un obiettivo che solo europei e americani possono conseguire insieme», ha osservato l' esponente italiano nel board della Banca Centrale Europea, Lorenzo Bini Smaghi, riassumendo due giorni di confronto che hanno visto sfilare a Berlino esponenti politici come Giuliano Amato e Giulio Tremonti, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet, e top manager internazionali come Alessandro Profumo di Unicredit, Enrico Cucchiani di Allianz, Nani Beccalli Falco di General Electric e Roberto Poli dell' Eni.
    Tanto per cominciare, secondo Bini Smaghi, la partita non si gioca solo sulle «relazioni commerciali» ma anche sugli «scambi di investimenti».
    E qui, quelli fra Europa e Usa sono già superiori rispetto a quelli fra l' Asia e lo spazio transatlantico.
    Nel corso del dibattito, Profumo e Beccalli-Falco si sono mostrati fra i più favorevoli alla super-zona euroamericana.
    Un' area - ha spiegato quest' ultimo - «dove si concentra un prodotto interno lordo pari a 22 mila miliardi di dollari», e nella quale l' introduzione di standard comuni sarebbe supportata da «un grado di sviluppo tecnologico» estremamente avanzato.
    In questo modo la Cina, con il suo pil da 3 mila miliardi di dollari, «farebbe meno paura».
    Già oggi un' azienda come General Electric fattura nell' area Usa-Ue 120 dei 163 miliardi di dollari totali.
    Ma, come sottolinea Beccalli-Falco, deve vedersela con il «peso» delle barriere tariffarie e con l' «incubo» di quelle non tariffarie.
    Quanto al settore finanziario, si deve trarre una lezione importante dal progetto di mega-Borsa fra Euronext e Nyse.
    Tanto che Bini Smaghi osserva come «è lo stesso mercato a chiedere che ci si muova verso standard comuni».
    «Se aspettiamo troppo - aggiunge - non facciamo altro che perdere tempo».
    Nessuno di nasconde comunque i numerosi ostacoli «esterni» da affrontare.
    Esempio: l' impatto che la super-area potrebbe avere su paesi come Cina e, in generale, l' Asia, le cui economie sono sempre più interconnesse con gli Stati Uniti.
    Oppure le resistenze dei politici, soprattutto a livello nazionale europeo, o le possibili ripercussioni sociali.
    D' altra parte, ha osservato Bini Smaghi, in un mondo globale è inevitabile che restino indietro i paesi con maggiori «rigidità» nel mercato.
    Contrario a un' area Usa-Ue appare invece Daniel Gros, direttore del think tank economico Ceps, perché l' armonizzazione degli standard coinvolgerebbe solo il 3% del pil totale.
    GIULIANO AMATO Il ministro degli Interni è stato fra i protagonisti del summit dell' Aspen a Berlino, dove è stata ripresa l' idea Ue-Usa lanciata da Angela Merkel LORENZO BINI SMAGHI
    Secondo l' esponente italiano al vertice della Bce, è lo stesso mercato globale a spingere per la nascita di uno spazio economico Ue-Usa 1% il prodotto interno lordo «aggiuntivo» che, secondo stime dell' Ocse, si otterrebbe per effetto dell' integrazione economica Usa-Ue 22mila miliardi di dollari, è il valore attuale del prodotto interno lordo dell' ipotetica super area economica che comprende gli Stati Uniti e i 27 Paesi dell' Unione europea

    http://archiviostorico.corriere.it/2007/aprile/01/area_Usa_per_sfidare_Cina_co_9_070401140.shtml
     
  13. gratacü

    gratacü

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    il mio intervento si poteva evitar di censurare.
    SULLA morte di papa luciani e dell'operato
    di marcinkus , non era la scoperta dell'acqua calda.
     
  14. leolito

    leolito

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    No, mi dispiace.
    Atteniamoci all'argomento del topic e basta.

    Il topic parla di DELOCALIZZARE DEPRIME IL MERCATO e fa riferimento alle intenzioni di Fiat di produrre in Serbia .... mi pare.
    Grazie.
    :D
     
  15. morgan65

    morgan65

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    Ascolta il tuo amico Zucconi...

    http://www.capital.it/capital/radio/programmi/Risponde-Zucconi/2042882/3712941
     

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