<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Poesia | Page 45 | Il Forum di Quattroruote

Poesia

birillo21 ha scritto:
key-one ha scritto:
birillo21 Bella la piramide a gradoni al centro del cerchio mondo. Le piramidi a gradoni esistevano ed esistono in Medio Oriente ha scritto:
Borobudur_scenery_1.jpg


Complesso del Tempio Buddhista Mahajana di Borobudur, Indonesia ,risalente circa all'800 d.C
 
key-one ha scritto:
birillo21 ha scritto:
key-one ha scritto:
Siamo ciò che pensiamo.
Tutto ciò che siamo
è prodotto dalla nostra mente.
Ogni parola o azione
che nasce da un pensiero limpido
è seguita dalla gioia,
come la tua ombra ti segue,
inseparabile.

Canone Buddista

Non siamo padroni di noi stessi. Non apparteniamo a noi stessi.

Il nostro pensiero è conseguenza del Creatore.

La nostra libertà è una concessione.

(...........................................................................................................................................)

ommanipadmehum.gif

Non posso non essere Cristiano.
 
200px-Ludwig_Wittgenstein_1910.jpg


Ludwig Wittgenstein
Nato nel 1889 e morto nel 1951, filosofo austriaco:

"Tutta la moderna concezione del mondo si fonda sull'illusione che le cosiddette leggi naturali siano la spiegazione dei fenomeni naturali."
Tematica: Natura

"Nella vita, come nell'arte, è difficile dire qualche cosa che sia altrettanto efficace del silenzio"

ilsettimosigillo.jpg
 
Da un punto di vista della ricerca della verità
filosofica ,di ciò che è ,
il silenzio serve a tacere su quello che
l'uomo non è in grado di definire,
ma per arrivare all'indicibile
occorre formulare e scambiare
moltissime parole........
 
Sarà ... ... ... ...
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Ma se ghe pensu ...

« O l'ëa partîo sensa 'na palanca,
l'ëa zà trent'anni, forse anche ciû.
Ô l'aiva lottòu pe mette i dinæ a-a banca
e poèisene ancon ûn giorno turnâ in zû
e fâse a palassinn-a e a giardinetta,
co-o rampicante, co-a cantinn-a e o vin,
a branda attaccâa a-i ærboi, a ûso letto,
pe dâghe 'na schenâa seja e mattin.
Ma o figgio ô ghe dixeiva: "No ghe pensâ
a Zena cöse ti ghe vêu tornâ?!"

Ma se ghe penso allôa mi veddo o mâ,
veddo i mæ monti e a ciassa da Nûnsiâ,
riveddo o Righi e me s'astrenze o chêu,
veddo a lanterna, a cava, lazû o mêu...
Riveddo a-a seja Zena inlûminâa,
veddo là a Fôxe e sento franze o mâ
e allôa mi penso ancon de ritornâ
a pösâ e össe dove'hò mæ madonnâa.

O l'ëa passòu do tempo, forse tróppo,
o figgio o l'inscisteiva: "Stemmo ben,
dove ti vêu anâ, papà?.. pensiemmo dóppo,
o viaggio, o mâ, t'é vëgio, no conven!"
"Oh no, oh no! mi me sento ancon in gamba,
son stûffo e no ne pòsso pròppio ciû,
son stanco de sentî señor, caramba,
mi vêuggio ritornâmene ancon in zû...
Ti t'é nasciûo e t'hæ parlòu spagnòllo,
mi son nasciûo zeneise e... no ghe mòllo!"

Ma se ghe penso allôa mi veddo o mâ,
veddo i mæ monti e a ciassa da Nûnsiâ,
riveddo o Righi e me s'astrenze o chêu,
veddo a lanterna, a cava, lazû o mêu...
Riveddo a-a seja Zena inlûminâa,
veddo là a Fôxe e sento franze o mâ
e allôa mi penso ancon de ritornâ
a pösâ e osse dove'hò mæ madonnâa.

E sensa tante cöse o l'è partîo
e a Zena o g'ha formòu torna o sêu nîo. »

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« Era partito senza un soldo,
erano già trent'anni, forse anche più.
Aveva lottato per risparmiare
e potersene un giorno tornare giù
e farsi la palazzina e il giardinetto,
con il rampicante, con la cantina e il vino,
la branda attaccata agli alberi a uso letto,
per coricarcisi sera e mattina.
ma il figlio gli diceva: "Non ci pensare
a Genova cosa ci vuoi tornare?!"

Ma se ci penso allora io vedo il mare,
vedo i miei monti e piazza della Nunziata,
rivedo il Righi e mi si stringe il cuore,
vedo la lanterna, la cava, laggiù il molo...
Rivedo la sera Genova illuminata,
vedo là la Foce e sento frangere il mare
e allora io penso ancora di ritornare
a posare le ossa dov'è mia nonna.

Ed era passato del tempo, forse troppo,
il figlio insisteva: "Stiamo bene,
dove vuoi andare, papà?.. penseremo dopo,
il viaggio, il mare, sei vecchio, non conviene!"
"Oh no, oh no! mi sento ancora in gamba,
sono stufo e non ne posso proprio più,
sono stanco di sentire señor carramba,
io voglio ritornarmene ancora in giù...
Tu sei nato e hai parlato spagnolo,
io sono nato genovese e... non ci mollo!"

Ma se ci penso allora io vedo il mare,
vedo i miei monti e piazza della Nunziata,
rivedo Righi e mi si stringe il cuore,
vedo la lanterna, la cava, laggiù il molo...
Rivedo la sera Genova illuminata,
vedo là la Foce e sento frangere il mare,
e allora io penso ancora di ritornare
a posare le ossa dov'è la mia nonna.

E senza tante cose è partito
e a Genova ha formato di nuovo il suo nido. »
 
Samuel Taylor Coleridge:

Desiderio

Dove il vero amore brucia il Desiderio è la pura fiamma dell'amore,
È il riflesso della nostra cornice terrestre
che porta il suo significato dalla parte più nobile
e traduce il linguaggio del cuore

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venere-testa.jpg


Giorgio Caproni
Per lei :

Per lei voglio rime chiare,
usuali: in -are.
Rime magari vietate,
ma aperte: ventilate.
Rime coi suoni fini
(di mare) dei suoi orecchini.
O che abbiano, coralline,
le tinte delle sue collanine.
Rime che a distanza
(Annina era cosí schietta)
conservino l'eleganza
povera, ma altrettanto netta.
Rime che non siano labili,
anche se orecchiabili.
Rime non crepuscolari,
ma verdi, elementari.
 
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Stracci di nebbia lenti
di Camillo Sbarbaro:


Stracci di nebbia lenti
e cenere d'ulivi.
Quasi a credere stenti
che vivi.

E' la pioggia una ninna-
nanna di triste fanciulla;
al corpo che giace
la terra, una culla.
 
PELLIZZA DA VOLPEDO : Mammine (1892), olio su tela, cm 213x203, collezione privata

Mammine.jpg


VALENTINO

Oh! Valentino vestito di nuovo,
come le brocche dei biancospini!
Solo, ai piedini provati dal rovo
porti la pelle de' tuoi piedini;
porti le scarpe che mamma ti fece,
che non mutasti mai da quel dì,
che non costarono un picciolo: in vece
costa il vestito che ti cucì.
Costa; ché mamma già tutto ci spese
quel tintinnante salvadanaio:
ora esso è vuoto; e cantò più d'un mese
per riempirlo, tutto il pollaio.
Pensa, a gennaio, che il fuoco del ciocco
non ti bastava, tremavi, ahimè!,
e le galline cantavano, Un cocco!
ecco ecco un cocco un cocco per te!
Poi, le galline chiocciarono, e venne
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch'oltre il beccare, il cantare, l'amare,
ci sia qualch'altra felicità.

Giovanni Pascoli

Non c'entra nulla con la festa -commerciale-
degli innamorati
nè con il freddo becco di questi giorni ,
ma mi è venuta in mente così
una promessa di primavera
 
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