QUELLA FABBRICA SENZA SPERANZA IMPOSTA DA UN GRUPPO DI POLITICI
Repubblica ? 24 maggio 1986 pagina 45 sezione: ECONOMIA
ABANO - "Il vecchio Henry Ford diceva: quando passa un' Alfa io mi tolgo il cappello. Adesso è l' Alfa che si toglie il cappello di fronte alla Ford. E' una grande vergogna. Io mi sento amareggiato, umiliato. C' è una cultura operaia, una cultura tecnica e manageriale che ha dato tutto all' Alfa Romeo. E ora la vendono al migliore offerente. Se siamo al meretricio, Ford è un buon cliente". Giuseppe Luraghi è ad Abano per i fanghi: un po' di reumatismi, ma è il Luraghi di sempre, concreto, razionale, chiaro, lo stesso che fece la fortuna dell' Alfa Romeo fino al 1973, quando, per giusto compenso partitocratico, fu messo alla porta dai politici che non avevano bisogno di imprenditori, ma di servitori. "Leggo ogni tanto che il tale è stato mandato in prigione per un furto di qualche milione. E allora con questi che si dovrebbe fare? Fucilarli?". Questi chi, ingegnere? "Questi politici che hanno fatto perdere all' Alfa migliaia di miliardi". Ma chi di preciso? "Vuole qualche nome? Carlo Donat Cattin, nel 1973 ministro del Lavoro, l' altro ministro alle Partecipazioni statali Gullotti, l' onorevole De Mita che voleva ad ogni costo una fabbrica Alfa ad Avellino, i dirigenti dell' Iri di allora Petrilli e Medugno. Son tutti nomi che ho fatto, cose che ho scritto senza che succedesse alcuno scandalo. Del resto non sono tutti impuniti i responsabili dello sperpero di Gioia Tauro?". Chi sa ingegnere, repetita juvant, dicono. "Si era nel 1973, la vendita delle Alfa andava in crescendo, lo stabilimento di Arese cominciava a starci stretto. Ampliarlo? No, i danni della immigrazione erano già troppo forti. Conveniva fare uno stabilimento al Sud. C' era l' area di Pomigliano già fornita di servizi e infrastrutture. Lavorammo come pazzi, in tre anni furono pronti gli stabilimenti e quel gioiello d' auto che era l' Alfasud. Eravamo riusciti perfino a preparare il personale usando tutti i centri di addestramento e riqualificazione tra Napoli e Caserta. Insomma avevamo pronti i tubisti, i meccanici, gli elettricisti, eccetera. Stiamo per assumerli quando Donat Cattin blocca tutto. Le assunzioni, dice, le fanno gli uffici di collocamento. Roba da pazzi! Ci mandano pregiudicati, ammalati, gente che abita a cento chilometri da Pomigliano. Non importa, vogliamo partire egualmente, rifaremo la preparazione del personale, ma ecco arrivare il nuovo altolà di Gullotti: "Se non si fa anche uno stabilimento ad Avellino l' operazione è sospesa". Scusi ingegnere, negli anni passati ne abbiamo viste di cotte e di crude, ma il 1973 non era l' anno della crisi petrolifera? e questi politici pretendevano una nuova fabbrica d' automobile come si trattasse di un' edicola per giornali o di una licenza per ortolano?. "Nell' Italia politica di allora - quella di oggi per fortuna non la frequento - c' era un' aria da Basso Impero. Corro a Roma all' Iri da Petrilli e Medugno. Sono perfettamente d' accordo con me, Avellino è una follia. "Allora direte di no?", chiedo. Mi rispondono: "Vedi Luraghi, tu sei un gran bravo tecnico, ma non sai come muoverti nel mondo politico. Dì di sì, dì che farai lo stabilimento ad Avellino. Intanto rimandi tutte le operazioni all' infinito". Me ne tornai a Milano, offeso più che addolorato. Io credevo nella industrializzazione del Sud e loro mi proponevano un imbroglio. Pensi che essendo entrate in produzione ad Arese le Alfetta, Petrilli mi fece questa proposta: "Perchè il montaggio dell' Alfetta non lo fai ad Avellino?". Gli risposi: perchè dovrei licenziare cinquemila operai qui ad Arese e triplicare i costi. Perchè mi chiedi di affossare l' Alfa". Che è successo allora ingegnere? "Mi cacciarono. Gettarono nel cestino la proposta che gli avevo fatto in extremis di sospendere le decisioni, in attesa che fossero più chiari gli effetti della crisi petrolifera. Non vollero saperne, i politici volevano l' Alfa ad Avellino e l' Alfa ci è andata ad Avellino, a fabbricare quell' obbrobrio che è l' Arna". Ricapitoliamo ingegnere: esce dalla scena Giuseppe Luraghi l' imprenditore che ha dato all' Italia qualcosa di simile alla Mercedes, una azienda che fabbrica e vende con profitto auto di prestigio. E i suoi successori che cosa hanno fatto? "Io dico che qualcuno dovrebbe pur rispondere di questa colossale dilapidazione. In quindici anni non hanno tirato fuori un solo tipo nuovo d' automobile. Non uno. La "33" è una copia dell' Alfasud, la serie della "75" copia dell' Alfetta. Come a dire che il programma Alfa è stato questo: declino fino a completa consumazione. Come fa una azienda che vive su progetti avanzati, sulle ricerche avanzate, a stare quindici anni senza produrre niente di nuovo?". Eppure ingegnere i suoi successori dicevano che i conti tornavano al pareggio. "Gli ignobili trucchi di bilancio fatti in questi quindici anni non si contano. Hanno liquidato tutta la rete di distribuzione e di assistenza, una rete stupenda che copriva Stati Uniti, Francia, Germania, Inghilterra e Italia. Sa perchè? Per vendere a mille ciò che nel bilancio era segnato cento. Per aggiustare i conti anche a costo di affossare l' azienda". I suoi successori si sono difesi dicendo che la potenzialità dell' Alfa era esagerata, che mancava un mercato per le 400 mila auto prodotte ad Arese e a Pomigliano. "Ma non dicano idiozie: l' Audi vende 350 mila vetture, la Mercedes 500 mila, la Bmw 420 mila, la Volvo 380 mila. Il mercato c' è, solo che bisogna saper produrre e vendere". Luraghi, cosa ne pensa della proposta Ford? "La Ford è potente, ricca, ben radicata in Inghilterra e Germania. Quasi certamente saturerà le produzioni di Arese e di Pomigliano, ma addio Alfa Romeo. La Ford farà delle Ford, anche se userà il nome Alfa". Ma c' è altra scelta? E poi questa cessione rientra nella nuova filosofia dell' Iri, che punta sulle produzioni strategiche e lascia ad altri alimentari ed automobili. "Prodi sarà un onest' uomo e un bravo professore, ma questa cessione è una vergognosa dichiarazione di incapacità. Ma come? In Italia abbiamo i migliori carrozzieri del mondo, dei motoristi stupendi, degli operai specializzati formidabili e l' Iri non riesce a risanare l' Alfa". Ingegnere, che farà la Fiat? Lei pensa che la Fiat lascerà fare? "Sa che l' Alfa e la Fiat dovevano sposarsi quando ci fu la crisi della Lancia? Valletta mi incontrò e mi fece questa proposta: prendiamo assieme la Lancia e ci dividiamo il mercato; la Fiat produce le auto di massa, la Lancia le ministeriali e l' Alfa le sportive. L' accordo era già pronto quando lo stato maggiore Fiat riuscì a silurarlo".
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Repubblica ? 24 maggio 1986 pagina 45 sezione: ECONOMIA
ABANO - "Il vecchio Henry Ford diceva: quando passa un' Alfa io mi tolgo il cappello. Adesso è l' Alfa che si toglie il cappello di fronte alla Ford. E' una grande vergogna. Io mi sento amareggiato, umiliato. C' è una cultura operaia, una cultura tecnica e manageriale che ha dato tutto all' Alfa Romeo. E ora la vendono al migliore offerente. Se siamo al meretricio, Ford è un buon cliente". Giuseppe Luraghi è ad Abano per i fanghi: un po' di reumatismi, ma è il Luraghi di sempre, concreto, razionale, chiaro, lo stesso che fece la fortuna dell' Alfa Romeo fino al 1973, quando, per giusto compenso partitocratico, fu messo alla porta dai politici che non avevano bisogno di imprenditori, ma di servitori. "Leggo ogni tanto che il tale è stato mandato in prigione per un furto di qualche milione. E allora con questi che si dovrebbe fare? Fucilarli?". Questi chi, ingegnere? "Questi politici che hanno fatto perdere all' Alfa migliaia di miliardi". Ma chi di preciso? "Vuole qualche nome? Carlo Donat Cattin, nel 1973 ministro del Lavoro, l' altro ministro alle Partecipazioni statali Gullotti, l' onorevole De Mita che voleva ad ogni costo una fabbrica Alfa ad Avellino, i dirigenti dell' Iri di allora Petrilli e Medugno. Son tutti nomi che ho fatto, cose che ho scritto senza che succedesse alcuno scandalo. Del resto non sono tutti impuniti i responsabili dello sperpero di Gioia Tauro?". Chi sa ingegnere, repetita juvant, dicono. "Si era nel 1973, la vendita delle Alfa andava in crescendo, lo stabilimento di Arese cominciava a starci stretto. Ampliarlo? No, i danni della immigrazione erano già troppo forti. Conveniva fare uno stabilimento al Sud. C' era l' area di Pomigliano già fornita di servizi e infrastrutture. Lavorammo come pazzi, in tre anni furono pronti gli stabilimenti e quel gioiello d' auto che era l' Alfasud. Eravamo riusciti perfino a preparare il personale usando tutti i centri di addestramento e riqualificazione tra Napoli e Caserta. Insomma avevamo pronti i tubisti, i meccanici, gli elettricisti, eccetera. Stiamo per assumerli quando Donat Cattin blocca tutto. Le assunzioni, dice, le fanno gli uffici di collocamento. Roba da pazzi! Ci mandano pregiudicati, ammalati, gente che abita a cento chilometri da Pomigliano. Non importa, vogliamo partire egualmente, rifaremo la preparazione del personale, ma ecco arrivare il nuovo altolà di Gullotti: "Se non si fa anche uno stabilimento ad Avellino l' operazione è sospesa". Scusi ingegnere, negli anni passati ne abbiamo viste di cotte e di crude, ma il 1973 non era l' anno della crisi petrolifera? e questi politici pretendevano una nuova fabbrica d' automobile come si trattasse di un' edicola per giornali o di una licenza per ortolano?. "Nell' Italia politica di allora - quella di oggi per fortuna non la frequento - c' era un' aria da Basso Impero. Corro a Roma all' Iri da Petrilli e Medugno. Sono perfettamente d' accordo con me, Avellino è una follia. "Allora direte di no?", chiedo. Mi rispondono: "Vedi Luraghi, tu sei un gran bravo tecnico, ma non sai come muoverti nel mondo politico. Dì di sì, dì che farai lo stabilimento ad Avellino. Intanto rimandi tutte le operazioni all' infinito". Me ne tornai a Milano, offeso più che addolorato. Io credevo nella industrializzazione del Sud e loro mi proponevano un imbroglio. Pensi che essendo entrate in produzione ad Arese le Alfetta, Petrilli mi fece questa proposta: "Perchè il montaggio dell' Alfetta non lo fai ad Avellino?". Gli risposi: perchè dovrei licenziare cinquemila operai qui ad Arese e triplicare i costi. Perchè mi chiedi di affossare l' Alfa". Che è successo allora ingegnere? "Mi cacciarono. Gettarono nel cestino la proposta che gli avevo fatto in extremis di sospendere le decisioni, in attesa che fossero più chiari gli effetti della crisi petrolifera. Non vollero saperne, i politici volevano l' Alfa ad Avellino e l' Alfa ci è andata ad Avellino, a fabbricare quell' obbrobrio che è l' Arna". Ricapitoliamo ingegnere: esce dalla scena Giuseppe Luraghi l' imprenditore che ha dato all' Italia qualcosa di simile alla Mercedes, una azienda che fabbrica e vende con profitto auto di prestigio. E i suoi successori che cosa hanno fatto? "Io dico che qualcuno dovrebbe pur rispondere di questa colossale dilapidazione. In quindici anni non hanno tirato fuori un solo tipo nuovo d' automobile. Non uno. La "33" è una copia dell' Alfasud, la serie della "75" copia dell' Alfetta. Come a dire che il programma Alfa è stato questo: declino fino a completa consumazione. Come fa una azienda che vive su progetti avanzati, sulle ricerche avanzate, a stare quindici anni senza produrre niente di nuovo?". Eppure ingegnere i suoi successori dicevano che i conti tornavano al pareggio. "Gli ignobili trucchi di bilancio fatti in questi quindici anni non si contano. Hanno liquidato tutta la rete di distribuzione e di assistenza, una rete stupenda che copriva Stati Uniti, Francia, Germania, Inghilterra e Italia. Sa perchè? Per vendere a mille ciò che nel bilancio era segnato cento. Per aggiustare i conti anche a costo di affossare l' azienda". I suoi successori si sono difesi dicendo che la potenzialità dell' Alfa era esagerata, che mancava un mercato per le 400 mila auto prodotte ad Arese e a Pomigliano. "Ma non dicano idiozie: l' Audi vende 350 mila vetture, la Mercedes 500 mila, la Bmw 420 mila, la Volvo 380 mila. Il mercato c' è, solo che bisogna saper produrre e vendere". Luraghi, cosa ne pensa della proposta Ford? "La Ford è potente, ricca, ben radicata in Inghilterra e Germania. Quasi certamente saturerà le produzioni di Arese e di Pomigliano, ma addio Alfa Romeo. La Ford farà delle Ford, anche se userà il nome Alfa". Ma c' è altra scelta? E poi questa cessione rientra nella nuova filosofia dell' Iri, che punta sulle produzioni strategiche e lascia ad altri alimentari ed automobili. "Prodi sarà un onest' uomo e un bravo professore, ma questa cessione è una vergognosa dichiarazione di incapacità. Ma come? In Italia abbiamo i migliori carrozzieri del mondo, dei motoristi stupendi, degli operai specializzati formidabili e l' Iri non riesce a risanare l' Alfa". Ingegnere, che farà la Fiat? Lei pensa che la Fiat lascerà fare? "Sa che l' Alfa e la Fiat dovevano sposarsi quando ci fu la crisi della Lancia? Valletta mi incontrò e mi fece questa proposta: prendiamo assieme la Lancia e ci dividiamo il mercato; la Fiat produce le auto di massa, la Lancia le ministeriali e l' Alfa le sportive. L' accordo era già pronto quando lo stato maggiore Fiat riuscì a silurarlo".
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