Le mie erano considerazioni di carattere generale, io non sto parteggiando per l'investitore o i motociclisti, non ne sto facendo una tifoseria. Sto proponendo una visione più obiettiva e meno emotiva, la legge deve ristabilire un ordine e questo passa anche per l'espiazione di una pena che però non è finalizzata a placare la rabbia della gente. Non cambierà nulla del mio ragionamento con gli sviluppi delle indagini, non ho fatto congetture o sofismi, il processo deve ancora essere istruito, gli elementi raccolti sono poca cosa in confronto a quanto emergerà in vista del giudizio definitivo e se anche ci trovassimo di fronte al più pericoloso serial killer dell'ultimo secolo si dovrebbe comunque applicare la legge secondo la dottrina, "a beneficio sia del reo che della società" (e se gli interessi divergono c'è una contraddizione da sanare). A molte tue obiezioni ho già risposto, non sto giustificando alcuno né ho interesse a farlo, la natura umana è un dato acquisito mentre l'identità è sovrastrutturale (la si scopre, la si conquista), purtroppo lo sviluppo di un individuo può non avvenire integralmente producendo storture per cui l'entità morale non aderisce a quella naturale e ciò si manifesta in eventi incresciosi, sempre che sia questo il caso. Spero tu non stia scoprendo adesso che nella vita si può sbagliare (anche nelle scelte deliberate), che c'è una quota ineliminabile di imponderabilità, che moralismo e perbenismo sono quantomeno inutili. Se l'incidente fosse accaduto perché il conducente stava parlando al cellulare saremmo egualmente qui a inveire auspicando provvedimenti afflittivi e degradanti, come è successo in una miriade di altri casi. Sei tu che cedi ad atteggiamenti compassionevoli nei confronti di chi è morto o è rimasto ferito nello scontro e delle rispettive famiglie: anche da parte mia esprimo il più sincero cordoglio ma la giustizia non può e non deve commuoversi, deve valutare con obiettività quali regole siano effettivamente state violate e tendere a ripristinare un "ordine" (che non è tale in termini assoluti) la cui transitoria alterazione lascerà comunque una dolorosa cicatrice e nemmeno la più severa sentenza di condanna restituirà chi è deceduto ai propri cari o sanerà chi è ferito.
Alcune tue affermazioni più recenti mi lasciano perplesso:
Ma una in particolare mi ha colpito:
Non sarà per timore di uno spiacevole incontro che ti dimostrerai acquiescente o sottomesso... Quest'esperienza (la vita) è "a termine", non ha senso difendersi "ad ogni costo", dovremmo avere tutti una pistola, un giubbotto antiproiettili, un casco antinfortunistico, un testimone sempre al seguito, un filo diretto con le forze dell'ordine, la patente anche per andare a piedi e una visita psichiatrica semestrale obbligatoria. Io quando sono al volante non raccolgo le provocazioni perché non è conforme al codice di autodisciplina che ho maturato negli anni (ben più di un ragionamento), perché è un riflesso della mia identità, non per convenienza, per paura o per buona educazione, non perché gli altri mi vogliono in un certo modo o per timore delle conseguenze.