renexx ha scritto:
Interessante, il pistolotto filosofico. Da cui si potrebbe evincere che il David è bello tanto quanto un cassonetto della nettezza urbana, senz'altro quest'ultimo più funzionale.
Hai davvero sbagliato esempio.
Il David di Michelangelo è davvero un esempio paradigmatico, estremo, di quanto il genio di uno scultore sia anche interpretare in modo
funzionale la materia da scolpire e le difficoltà tecniche che ne derivano, e quanto l'estetica sia legata in modo imprescindibile alla tecnica.
Un'opera d'arte non ha certo una funzione utilitaristica in sé in quanto tale, oltre all'abbellimento, alla narrazione di un messaggio, o al mettere in evidenza il prestigio del committente: ma di certo le implicazioni tecniche e funzionali sono molteplici, per quanto riguarda la sua realizzazione; anche il suo aspetto estetico non può prescindere dalla tecnica, intesa sia in senso concettuale, che tecnologico. Ne va della sua forma e della sua apparenza, ma anche della sua stessa riuscita: la
Battaglia di Anghiari di Leonardo che rovinò per un errore nella preparazione dell'encausto nel Salone dei Cinquecento, insegna.
Il colosso di marmo in cui Michelangelo Buonarroti scolpì il David era la sfida ultima per ogni scultore del tempo: era un blocco enorme già abbozzato precedentemente da due scultori, Agostino di Duccio e Bernardo Rossellino, che rinunciarono entrambi all'impresa per le difficoltà date sia dalla forma che dalla fragilità del gigantesco blocco di marmo. In effetti riuscire a ricavarne una statua era considerato impossibile, sia perché si credeva che le dimensioni del blocco impedissero di ricavarvi una figura umana con proporzioni soddisfacenti, sia perché si credeva che la statua una volta ultimata non potesse resistere al proprio peso. Tanto che "il gigante" restò dimenticato per lunghi anni in un deposito dell'Opera del Duomo.
Solo Michelangelo riuscì a raccogliere la sfida ed a portarla a compimento, creando il capolavoro universale che tutti conosciamo. Le difficoltà tecniche superate in modo magistrale (per esempio con abili distorsioni prospettiche, come le dimensioni della testa) contribuirono al valore dell'opera, e alla gloria eterna del suo autore.
Conclusione: la forma, quando diventa realizzazione materiale, non è mai fine a sé stessa; la mediazione della tecnica è importante, è essa stessa, prepotentemente, funzione; a maggior ragione quando il livello di difficoltà di realizzazione è molto elevato. A pochi passi dalla Galleria dell'Accademia c'è la Cupola di Santa Maria del Fiore, per la quale si potrebbero fare le stesse identiche considerazioni: si tratta di un oggetto a scala molto diversa, ma con una storia molto simile, di ricerca di una soluzione funzionale ritenuta impossibile, e di una realizzazione che è diventata un paradigma della bellezza,
assoluta, in cui tecnica ed estetica si fondono imprescindibilmente ed armoniosamente.
In opere d'arte di tale, assoluto valore, c'è tutto: i valori estetici e simbolici, paradigmatici di un'intera era; l'espressione massima della tecnologia del tempo; una lezione di risoluzione di problemi funzionali, talmente complessa che ancora oggi fa discutere; l'espressione di un genio assoluto.