<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> La "Transizione": vantaggi, svantaggi, perplessità, criticità | Page 992 | Il Forum di Quattroruote

La "Transizione": vantaggi, svantaggi, perplessità, criticità

verranno installati nuovi motori termici su auto che oggi offrono poca scelta?

  • si

    Votes: 8 28,6%
  • si torneranno le sportive o comunque quelle più pepate

    Votes: 3 10,7%
  • no dipende dalle case

    Votes: 4 14,3%
  • no il futuro è elettrico

    Votes: 13 46,4%
  • no i motori costano troppo e saranno sempre gli stessi

    Votes: 8 28,6%

  • Total voters
    28
Stato
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.
Finito ora di chiacchierare con ex collega che lavora ancora in aziende del settore energetico, ora in una importante.
I loro piani industriali prevedono di raggiungere gli obiettivi del '55 con 15 (!) anni di anticipo... sono gli stessi che hanno reagito e tamponato la situazione di guerra orientale in sei mesi di numero (ed il 2023 la gazprom lo ha chiuso in netta perdita).
Questo per sottolineare che le capacità industriali europee ed italiane non vanno sottovalutate, ma vanno presi con le molle sia gli entusiasmi sia i disfattismi politici/mediatici.
 
Ma infatti non c’è altra soluzione. Che poi le centrali saranno del tipo a fissione con il Torio o a fusione, lo deciderà il progresso tecnologico.
tranquillo, ci pensera' blx, a dire per legge che centrali fare.
anche a fusione di formaggio, se lo ritengono idealmente ecologico :D
 
Di Gianluca Pellegrini- maggio 2024.

"I porti del Nord Europa si stanno trasformando in parcheggi, perché i costruttori cinesi stanno lasciando le automobili nei terminal. Il motivo all'apparenza è semplice:
BYD, Great Wall, Chery e Saic – ovvero le
Case più aggressive nei confronti del mercato europeo – accelerano le esportazioni
perché vogliono anticipare eventuali dazi
europei (che alcuni Paesi vorrebbero, come
la Francia, e altri no, come la Germania, per
paura di sempre possibili ritorsioni). Quindi
"spingono metallo", come si dice in gergo,
verso il Vecchio Continente, pur consapevoli che le immatricolazioni di elettriche stanno
calando un po' ovunque (in Germania, tolti
gl’incentivi, il segmento è crollato del 30%
rispetto all’anno scorso) e che le reti di distribuzione nei vari mercati non sono ancora pronte. Da qui la congestione che sta
mettendo in crisi un settore già da tempo in
difficoltà come la logistica: a Bremerhaven,
il gestore del secondo terminal automobilistico europeo per volumi movimentati, la
Blg Logistics, dice chiaramente che fino a
quando i tedeschi non rimetteranno in funzione gli aiuti di Stato (ma pare improbabile)
la situazione non cambierà; e la norvegese
United European Car Carriers ha definito
«molto frustranti» i ritardi subiti a Livorno e al Pireo. Questa la ragione contingente. Ma
dietro il maxi ingorgo di macchine senza ancora un padrone si nasconde un problema
ben più complesso: ovvero la sovracapacità
produttiva dell’economia cinese.
Negli ultimi anni, il governo di Pechino ha
alimentato una crescita forsennata del proprio comparto automotive per rendere le Case domestiche competitive sul palcoscenico
internazionale. Secondo uno studio del Kiel nstitute, la sola BYD avrebbe ricevuto almeno 3,4 miliardi di euro sotto forma di denaro,
accesso preferenziale a materie prime critiche, trasferimenti forzati di tecnologia da
parte d'investitori stranieri e un trattamento
favorevole negli appalti pubblici e nelle procedure amministrative (e poi c’è il beneficio
indiretto degli aiuti a chi costruisce le batterie
delle sue vetture e quello, valido per tutti, degli sconti a carico della collettività sulle Bev).
La capacità installata è enorme, e ora pletorica rispetto alla domanda in calo del mercato interno. Il governo centrale lo sa e cerca di
modulare in modo dirigistico le operazioni industriali, con risultati però lontani dall’essere
ottimali. Il fatto stesso che la Caam (l’associazione dei costruttori cinesi) citi come un successo da celebrare l’aver raggiunto – e si parla del 2023 – una produttività del 70%, che
per gli standard occidentali è il minimo sindacale, la dice lunga su come stia andando la
vicenda e spiega perché i cinesi trovino più
semplice rovesciare sui nostri lidi l'invenduto
(che, come abbiamo visto, rimane tale anche
qui, ma per loro sono dettagli).
L'Europa inizia a rendersi conto che l'aver
spalancato un'autostrada alle smanie
espansionistiche di Xi Jinping con un Green
Deal completamente inconsapevole delle
sue implicazioni si sta rivelando un suicidio.
Ed è partito il riposizionamento dei politici di punta in vista delle imminenti elezioni. Thierry Breton, commissario al Mercato interno e
all'Industria, ha ammesso che il percorso verso la mobilità a zero emissioni (ndr: allo scarico) da lui stesso sostenuto è in pesante ritardo e che il «Green Deal non sarà raggiunto con la bacchetta magica o con un ordine
esecutivo di Bruxelles. Tutte le condizioni
abilitanti devono essere soddisfatte». Per
meglio spiegare il concetto, ha approntato
un documento che riassume i cinque
motivi per cui l'Europa non è pronta a
fare il grande passo verso l'elettrico. Il
ritmo d'adozione è lento («le vendite di
nuovi veicoli elettrici dovranno crescere di sette volte entro il 2035 per soddisfare la domanda prevista»); le automobili rimangono troppo care («alla data del 1°
gennaio 2024 non risultano vetture con un
prezzo medio inferiore ai 20 mila euro»); l'infrastruttura di ricarica è concentrata in pochi
Stati e funziona male; si stanno perdendo
troppi posti di lavoro; e le annunciate gigafactory di batterie ancora non si vedono,
«alimentando gravi dipendenze».
Nota conclusiva: «La Cina sta prendendo
il sopravvento: se un’auto elettrica su cinque
venduta in Europa è prodotta in Cina siamo
di fronte a un fenomeno preoccupante». A
me sembra preoccupante che si debba arrivare alla deindustrializzazione dell’economia
europea per rendersi conto di qualcosa che
era palese per chiunque non fosse accecato
dall’ideologia o dall’interesse (o da entrambi).
I costruttori ormai marciano in ordine sparso
assecondando le rispettive priorità, indebolendo il fronte di difesa, e hanno capito che
la politica vuole mettere mano all’impianto
del Fit for 55, cosa che per molti sarebbe un
guaio. Paradosso ancora più sublime, mentre
Bruxelles cerca contromisure per arginare
l’aggressività di Pechino, i governi europei
fanno a gara per attirarne gl’investimenti e
così difendere l’occupazione nazionale. Nei
libri di storia che si studieranno fra 50 anni
questa sarà ricordata come la rivoluzione più
approssimativa della storia economica."
 
Eliminarlo, ma proprio eliderlo dal lessico comunitario, sarebbe IMHO la vera svolta di sviluppo e di ritorno alla prosperità (se ben amministrata) per il nostro ormai disastrato continente...
Concordo. Incaponirsi a "decarbonizzare" con iniziative scollegate e spesso totalmente insensate è come pretendere di spazzare la polvere mentre stai levigando il pavimento.....
 
...e chi le compra? Riformulo: tu compreresti un'auto cinese verosimilmente deteriorata da sole, pioggia, gelo e smog?
Posto che la mia ciminera era rimasta parcheggiata in piazzale per un anno prima del mio acquisto (ma dalle parti di Piacenza, non in ambito portuale), una cinese segmento C a pile ferma in piazzale, ammesso e purtroppo non concesso di avere una wallbox domestica, a poniamo 15.000 euro perché no? o una citycar a 10.000, ancora meglio. Se dura 5/6 anni potrebbe essere un buon affare (per le mie tasche, non certo per l'ambiente)
 
Secondo voi, quante di queste auto lasciate mesi alle intemperie troveranno un triste destino sotto una pressa?
Sarebbe un terribile e imperdonabile errore di spreco, a tutti i livelli, ma purtroppo temo che ciò possa avvenire.

Avevamo già visto simili "distese" di auto abbandonate, si diceva o scriveva che ciò fosse dovuto a ordini massivi di società di sharing poi fallite o non più operanti (ma sembrava una cosa già di per sé poco logica).

Se adesso cominciamo a ingessare totalmente anche logistica e grandi snodi portuali con migliaia e migliaia di auto (si parlava di singole navi contenenti anche 3/4.000 auto elettriche per singolo viaggio) è un altro problema che si aggiunge al problema.

Io non so se metteranno mano all'intero programma del "fit for 55" ma quantomeno la parte di transizione del mondo auto va rivista, e pesantemente, perché tutti i segnali e gli indicatori stanno dicendo che "non è cosa".

Segnalo anche che Milano, da anni in preda a manie di green totalitarie ed eccessive, dopo aver installato dubbi e paure con limiti e scadenze temporali ha appena detto, su Area B, "ABBIAMO SCHERZATO" e ha comunicato che il blocco delle auto euro6a/b/c a gasolio è stato rimandato al 2028 e non è più dipendente dalla data di immatricolazione dell'auto (il che, come avevamo già detto, rendeva due auto identiche per immatricolazione, costruzione, normativa e documenti) diverse dal punto di vista di quella specifica legge.

Robe che uno non riesce nemmeno a immaginarsele, e in EU le cose forse non sono così diverse da Milano dove le idee poco chiare e i continui cambi di rotta sono ormai all'ordine del giorno.

Poi dicono che è un problema che le persone non si fidino o non seguano una "rotta", chissà perché mi vien da chiedermi... :D
 
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