Senza entrare nel merito del caso in questione, va detto che in Italia predomina una cultura giustizialista: se hai sbagliato una volta sei condannato a vita. Non si concepisce il fatto che la pena debba avere anche una funzione rieducativa, per molti basta la pura e semplice repressione ancorché questa non produca effetti migliorativi sulla società
Perché si hanno le scatole piene del buonismo e dei relativi effettiSenza entrare nel merito del caso in questione, va detto che in Italia predomina una cultura giustizialista: se hai sbagliato una volta sei condannato a vita. Non si concepisce il fatto che la pena debba avere anche una funzione rieducativa, per molti basta la pura e semplice repressione ancorché questa non produca effetti migliorativi sulla società
Senza entrare nel merito del caso in questione, va detto che in Italia predomina una cultura giustizialista: se hai sbagliato una volta sei condannato a vita. Non si concepisce il fatto che la pena debba avere anche una funzione rieducativa, per molti basta la pura e semplice repressione ancorché questa non produca effetti migliorativi sulla società
Confermate quanto ho scritto. Si fa molta fatica a concepire la pena come una misura finalizzata anche alla rieducazione del condannato. Il problema è che in Italia di rieducazione se ne fa poca, ma i dati parlano chiaro: quando si investe sul detenuto, nella stragrande maggioranza dei casi si riducono o si annullano i casi di recidiva, quando invece ciò non avviene le recidive sono frequenti.
Investire sul detenuto, lo dico per evitare fraintendimenti, non significa permessi premio a volontà, ma adottare tutti gli strumenti per cercare di migliorare chi ha sbagliato, per fargli capire che fuori c’è un futuro se si cambia rotta.
La repressione non funziona mai.
Se il detenuto viene chiuso in una cella a marcire, sì. Se viene seguito, lo si fa lavorare, lo si istruisce e così via le cose cambiano. Personalmente preferisco la seconda soluzione, più dispendiosa nell’immediato ma che dà benefici nel lungo periodo-Le statistiche dicono che chi esce dal carcere, al 70% circa dei casi,
ritorna a delinquere.
Se il detenuto viene chiuso in una cella a marcire, sì. Se viene seguito, lo si fa lavorare, lo si istruisce e così via le cose cambiano. Personalmente preferisco la seconda soluzione, più dispendiosa nell’immediato ma che dà benefici nel lungo periodo
deadmanwalking - 2 ore fa
quicktake - 2 anni fa
Suby01 - 2 mesi fa