:shock: mi era sfuggito
ecco un articolo del Sole, abbastanza chiaro
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-10-24/hollande-soccorso-peugeot-064112.shtml?uuid=Ab9DsCwG
Accordo raggiunto tra Governo e Psa (Peugeot-Citroen) sull'intervento pubblico a sostegno della banca captive del gruppo, Banque Psa Finance. L'intesa verrà ufficialmente presentata oggi, ma i punti principali sono già noti: il pool di banche finanziatrici (una trentina) si impegna a riscadenziare, di un paio d'anni, circa 4 miliardi di esposizione della Bpf e a fornire alla banca nuovi crediti per 1,1-1,5 miliardi; lo Stato, dal canto suo, fornirà garanzie per consentire a Bpf di aprire line di credito per altri 5 miliardi nei prossimi tre anni (cifra che potrebbe salire, in caso di necessità, a 7 miliardi).
Il Governo e il costruttore hanno dovuto fare molto in fretta. Oggi Psa annuncerà i risultati del terzo trimestre e le prospettive per il quarto, con notizie tutt'altro che rassicuranti. Il timore è che queste cifre possano avere un impatto sul rating del gruppo e di conseguenza su quello della sua banca, che rischia quindi di doversi rifinanziare sul mercato a tassi troppo alti per poter essere competitiva nella concessione di prestiti a clienti e concessionari. Innescando una spirale negativa destinata a ripercuotersi sulle vendite e sugli stock.
Va ricordato che se le banche captive sono cruciali per tutti i gruppi automobilistici (e non solo), questo è particolarmente vero per Psa, che ha chiuso il primo semestre con un risultato operativo positivo (di soli 4 milioni) grazie ai 271 milioni arrivati proprio da Bpf.
In cambio, il Governo avrebbe chiesto e ottenuto da Psa un ritocco del piano di ristrutturazione (che prevede la chiusura dello stabilimento di Aulnay e il taglio di 8mila addetti). Il ministro del Rilancio produttivo, Arnaud Montebourg, ha parlato di «qualche centinaio di posti di lavoro salvaguardati». Ci sarà inoltre una modifica della governance del gruppo (controllato dalla famiglia Peugeot con General Motors al 7%) in modo da far entrare nel consiglio di sorveglianza un rappresentante dei dipendenti e un indipendente incaricato di fare da ufficiale di collegamento tra la società e lo Stato. L'obiettivo del Governo è insomma quello di controllare e possibilmente influenzare le scelte strategiche del gruppo pur senza esserne azionista. Un'anomalia assoluta
Non è inoltre scontato che la strada dell'accordo sia tutta in discesa. Perché le garanzie pubbliche dovranno essere votate in Parlamento e perché, come ha già sottolineato Il Sole giovedì scorso, assomigliano molto a un aiuto (mascherato) di Stato. E infatti, ancora prima di diventare ufficiale, l'intesa è già entrata nel mirino del presidente della Cdu della Bassa Sassonia, David McAllister, che siede nel consiglio di sorveglianza di Volkswagen in nome della quota (20%) detenuta dal Land. «Volkswagen e la Bassa Sassonia - ha detto all'agenzia di stampa Bloomberg - valutano questo intervento in modo molto critico. Anche perché non contribuisce in alcun modo ad affrontare e risolvere i problemi che molti Paesi europei hanno con la loro industria automobilistica». Non è cioè escluso un ricorso alla Commissione europea da parte del gruppo tedesco, anche se è probabile che su questa vicenda Berlino opti per una posizione più morbida, a maggior ragione dopo aver fatto naufragare l'alleanza Eads-Bae.
L'intervento a favore di Psa si inserisce in uno scenario che proprio con Montebourg vede riemergere il protezionismo francese (che Parigi preferisce chiamare patriottismo economico). Venerdì il ministro è apparso sulla copertina del magazine del quotidiano Le Parisien con una maglia alla marinara dell'azienda bretone Armor Lux (paradossalmente la stessa che ha realizzato le t-shirt promozionali della campagna elettorale di Sarkozy), invitando a comprare francese. E lunedì ha accusato la Wto, guidata dal francese Pascal Lamy, di promuovere «una politica di libero scambio colpevole di aver creato squilibri scandalosi e distrutto centinaia di migliaia di posti di lavoro in Europa». Accuse alle quali ha seccamente risposto il commissario europeo al Commercio Karel De Gucht (che ha respinto il ricorso di Parigi sulle auto coreane), invitando la Francia a riflettere sul suo costo del lavoro e sulle conseguenze delle 35 ore
Il Sole 24 Ore - Marco Moussanet