E' il prezzo troppo elevato.Non erano ancora stati introdotti inutili ammenicoli elettronici prodotti sappiamo dove con la tecnologia sappiamo di chi e ovviamente, non c'erano altri fattori contingenti o scelte errate a livello istituzionale...
E' il prezzo troppo elevato.Non erano ancora stati introdotti inutili ammenicoli elettronici prodotti sappiamo dove con la tecnologia sappiamo di chi e ovviamente, non c'erano altri fattori contingenti o scelte errate a livello istituzionale...
Sono bene o male per tutto d'accordo, pur comprendendo che si tratta di una visione utopistica, in quanto Fiat oramai è parte di un gruppo internazionale immenso di cui lei è solo una pedina.Buonasera.
Visto che tutti chiacchierano a vuoto dopo la dipartita del benemerito Tavares, è necessario prendere in mano la situazione e fare le cose di seguito elencate per uscire agevolmente dalla crisi italiana e europea.
Pregasi non cambiare nulla: solo agire.
1. Prodotti
Senza quelli non si fa nulla e ora mancano. Servono azioni clamorose di rottura col passato, per cui:
- Trasferire domani a Mirafiori e altri siti in Italia le linee da poco dismesse di 500, vecchia Y, 500 X.
- Rimettere in listino versioni diesel di Tipo ecc,, Tonale anche 130 Cv, Panda 4x4, 595 Abarth, Giulia e Stelvio benzina 200 cv.
- Stoppare nuova Y (solo costi, agonia certa) e nuove Alfa su pianale francese (saranno un bagno di sangue).
- Rimettere versioni entry-level; chi se ne frega di cambi automatici sulle utilitarie, meglio spendere 2000 € meno.
2. Azione politica
Governo, Stellantis e VW (vedi il naufragio in Germania) devono far buttare nel WC la normativa europea pseudo green 2035 e lasciare neutralità tecnologica con E fuel e biocarburanti.
Abbiamo disoccupati, guerre fuori di casa e se ci sarà qualche kg di CO2 in più pazienza; qualcuno si preoccupa forse della CO2 messa da criptovalute, whatsapp e IA? Almeno le macchine ci portano in giro.
3. Prezzi
Basta con la politica di prezzi alti per finanziare l'elettrico: i listini vanno riportati a quote umane tipo Dacia e MG. Non dimentichiamo in proposito che Stellantis è in attivo e (per poco ancora) guadagna a solo favore degli azionisti, per cui non rompano.
4. Niente incentivi
Senza aver attivato i punti 1, 2 e 3 di incentivi all'acquisto non si deve nemmeno parlare: andrebbero tutti a cinesi e Musk.
Si invece a supporto direttamente all'industria in Italia per costo energia e simili.
Non si può fare per la concorrenza? Trovate il modo, nessuno si lamenterà. In Cina si preoccupano di queste cose con i loro piani governativi?
In proposito l'industria PARLI: di cosa ha bisogno? Finora ho sentito solo piagnistei penosi e richieste di soldi a fondo perduto per obbligare le persone ad andare a pila e chiudere le fabbriche. Vergognoso.
5. Niente dazi
Con i dazi non si va da nessuna parte; i cinesi si fermano come abbiamo fatto fino a ieri quando nessuno si sarebbe sognato di comprare una macchina cinese con motori meno evoluti, pesi elevati, freni scarsi e handling approssimativo.
Se proprio vi serve mettete qualcosa, magari con qualche giustificazione tecnico-produttiva, ma poca roba che sta male.
6. Dopodomani
Fatto tutto?
Bene, ora che abbiamo riiniziato a vendere automobili, dobbiamo pensare ai prodotti di dopodomani.
Le nuove macchine devono:
- Essere progettate in Italia; basta bidoni francesi con cinghie a mollo e design da elettrodomestico.
- Chi le progetta? Qualche ingegnere è rimasto; Elkann poi dovrà sacrificare un pò di gente della Ferrari per contribuire a disegnare le nuove Maserati, Alfa e Fiat (si anche le Fiat: se uno è bravo sa fare anche le utilitarie non solo la 12 cilindri).
Ha fatto più modelli la Ferrari negli ultimi anni di Alfa Lancia e Fiat messe insieme: provate a contarli.
7. Conclusioni
Fatto anche questo?
Bene, saremo un pò stanchi ma almeno staremo meglio tutti.
Se non vedrete nulla di quanto sopra state certi che metteranno in piedi l'ennesima ipocrita presa in giro tanto per tirare a campare; la situazione però è sull'orlo del baratro e questa volta la gente è veramente in piazza. Non si può far finta di nulla.
A chi non è mai capitato di mattina, nel traffico mentre si va al lavoro, presupponendo una giornata interminabile che non porterà comunque nessun miglioramento, di pensare di imboccare l'autostrada e farsi una nuova vita in un altro paese?Uscire dalla crisi italiana??? Andando all'estero.
Perdonami. Ma questo post mi sembra più uno sfogo irrazionale che un piano con una qualche ragion d'essere. Per mille ragioni. Economiche, sociopolitiche, tecnologiche.Buonasera.
Visto che tutti chiacchierano a vuoto dopo la dipartita del benemerito Tavares, è necessario prendere in mano la situazione e fare le cose di seguito elencate per uscire agevolmente dalla crisi italiana e europea.
Pregasi non cambiare nulla: solo agire.
1. Prodotti
Senza quelli non si fa nulla e ora mancano. Servono azioni clamorose di rottura col passato, per cui:
- Trasferire domani a Mirafiori e altri siti in Italia le linee da poco dismesse di 500, vecchia Y, 500 X.
- Rimettere in listino versioni diesel di Tipo ecc,, Tonale anche 130 Cv, Panda 4x4, 595 Abarth, Giulia e Stelvio benzina 200 cv.
- Stoppare nuova Y (solo costi, agonia certa) e nuove Alfa su pianale francese (saranno un bagno di sangue).
- Rimettere versioni entry-level; chi se ne frega di cambi automatici sulle utilitarie, meglio spendere 2000 € meno.
2. Azione politica
Governo, Stellantis e VW (vedi il naufragio in Germania) devono far buttare nel WC la normativa europea pseudo green 2035 e lasciare neutralità tecnologica con E fuel e biocarburanti.
Abbiamo disoccupati, guerre fuori di casa e se ci sarà qualche kg di CO2 in più pazienza; qualcuno si preoccupa forse della CO2 messa da criptovalute, whatsapp e IA? Almeno le macchine ci portano in giro.
3. Prezzi
Basta con la politica di prezzi alti per finanziare l'elettrico: i listini vanno riportati a quote umane tipo Dacia e MG. Non dimentichiamo in proposito che Stellantis è in attivo e (per poco ancora) guadagna a solo favore degli azionisti, per cui non rompano.
4. Niente incentivi
Senza aver attivato i punti 1, 2 e 3 di incentivi all'acquisto non si deve nemmeno parlare: andrebbero tutti a cinesi e Musk.
Si invece a supporto direttamente all'industria in Italia per costo energia e simili.
Non si può fare per la concorrenza? Trovate il modo, nessuno si lamenterà. In Cina si preoccupano di queste cose con i loro piani governativi?
In proposito l'industria PARLI: di cosa ha bisogno? Finora ho sentito solo piagnistei penosi e richieste di soldi a fondo perduto per obbligare le persone ad andare a pila e chiudere le fabbriche. Vergognoso.
5. Niente dazi
Con i dazi non si va da nessuna parte; i cinesi si fermano come abbiamo fatto fino a ieri quando nessuno si sarebbe sognato di comprare una macchina cinese con motori meno evoluti, pesi elevati, freni scarsi e handling approssimativo.
Se proprio vi serve mettete qualcosa, magari con qualche giustificazione tecnico-produttiva, ma poca roba che sta male.
6. Dopodomani
Fatto tutto?
Bene, ora che abbiamo riiniziato a vendere automobili, dobbiamo pensare ai prodotti di dopodomani.
Le nuove macchine devono:
- Essere progettate in Italia; basta bidoni francesi con cinghie a mollo e design da elettrodomestico.
- Chi le progetta? Qualche ingegnere è rimasto; Elkann poi dovrà sacrificare un pò di gente della Ferrari per contribuire a disegnare le nuove Maserati, Alfa e Fiat (si anche le Fiat: se uno è bravo sa fare anche le utilitarie non solo la 12 cilindri).
Ha fatto più modelli la Ferrari negli ultimi anni di Alfa Lancia e Fiat messe insieme: provate a contarli.
7. Conclusioni
Fatto anche questo?
Bene, saremo un pò stanchi ma almeno staremo meglio tutti.
Se non vedrete nulla di quanto sopra state certi che metteranno in piedi l'ennesima ipocrita presa in giro tanto per tirare a campare; la situazione però è sull'orlo del baratro e questa volta la gente è veramente in piazza. Non si può far finta di nulla.
Nì....non concordo pienamente vallo a dire ad un Ivano quarantenne che al motor show di Bologna allestiva con quattro ragazze giovanissime uno stand per presentare le sue nuove novità '86 i suoi competitor erano anche i giapponesi che piccoli non erano eppure la sua era ancora e per poco una realtà semiartigianale....Non è solo questione di voglia di fare. Il mondo è cambiato, le PMI non sono più un vantaggio, ma uno svantaggio. Si compete a livello globale con realtà molto grosse. India e Cina sono uscite dalla miseria ed oggi sono tuoi concorrenti.
Peccato che quel tessuto di cui parli, le PMI, non hanno avuto la capacità, la fortuna, la voglia di crescere e hanno perso la partita su scala internazionale. La retorica del "piccolo è bello", non è minimamente sostenibile sul lungo periodo. Chi è piccolo non sfrutta le economie di scala, non ha accesso all'innovazione e alla ricerca e allo sviluppo come i grandi. Questo dimostra la letteratura scientifica sul tema,Per tornare all'argomento del topico ossia come uscire dalla crisi italiana bisogna però fare una "premessa" analizzando ad esempio un periodo storico in cui palesemente l'italia "primeggiava" senza se e senza ma e le ripercussioni positive erano su economia, prodotto, industria e perchè no morale delle persone.
Se si prende ad esempio un anno chessò il 1986 si vede che allora, e non farò alcuni esempi per non appesantire la discussione, il tessuto socioeconomico nè vedeva particolari contrapposizioni tra lavoratori e proprietà nè l'ossatura portante ossia le PMI erano così esposte e vacillanti. Così si poteva "creare" quel Made in Italy con orgoglio creando quei prodotti magari talvolta lacunosi sotto alcuni aspetti ma sicuramente immortali nello stile e nell'italianità.
Io la chiamo semplicemente "voglia di fare" l'operaio che vuole fare bene per contentare il tecnico che ha sopra di se non solo per orgoglio e amor proprio ma perchè in quella azienda si trova bene.
Per un motivo o per l'altro questa "voglia di fare" oggi è venuta meno.
ConcordoLa situazione è complessa. Purtroppo a distruggere ci va un attimo e a ricostruire anni. Vedremo se ci sarà o meno la volontà industriale per farlo. Temo sia troppo tardi.
Se poni PMI come identitarie sì, non però come filiera.Peccato che quel tessuto di cui parli, le PMI, non hanno avuto la capacità, la fortuna, la voglia di crescere e hanno perso la partita su scala internazionale. La retorica del "piccolo è bello", non è minimamente sostenibile sul lungo periodo. Chi è piccolo non sfrutta le economie di scala, non ha accesso all'innovazione e alla ricerca e allo sviluppo come i grandi. Questo dimostra la letteratura scientifica sul tema,
Nel 2011 alla fiera del mobile di Shanghai ebbi l'occasione di capire come altri Paesi un po' più virtuosi del nostro avevano saputo proiettare il concetto di "PMI" nel contesto globale...Non è solo questione di voglia di fare. Il mondo è cambiato, le PMI non sono più un vantaggio, ma uno svantaggio. Si compete a livello globale con realtà molto grosse. India e Cina sono uscite dalla miseria ed oggi sono tuoi concorrenti.
Non capisco cosa tu intenda con identitarie. Io parlo di PMI in generale. Anche nel mondo dell'automotive e della sua componentistica.Se poni PMI come identitarie sì, non però come filiera.
Sono passati 40 anni, non puoi pretendere di restare immobile e il mondo giri intorno a te.Nì....non concordo pienamente vallo a dire ad un Ivano quarantenne che al motor show di Bologna allestiva con quattro ragazze giovanissime uno stand per presentare le sue nuove novità '86 i suoi competitor erano anche i giapponesi che piccoli non erano eppure la sua era ancora e per poco una realtà semiartigianale....
Vallo poi a dire a un Claudio che aveva preso lo stabilimento davanti a quello dei genitori per buttarsi a capofitto in una avventura imprenditoriale che lo portò con ben quattro marchi ad essere un leader europeo....
E i giappo allora ci guardavano, perplessi e ammirati e anche la nostra tecnologia, vedi Comau e Fire faceva scuola nel mondo....
Proprio così.Nel 2011 alla fiera del mobile di Shanghai ebbi l'occasione di capire come altri Paesi un po' più virtuosi del nostro avevano saputo proiettare il concetto di "PMI" nel contesto globale...
I produttori artigianali di mobili giapponesi (paragonabili ai nostri) si proponevano sul mercato e verso i fornitori come Consorzio. Il quale riusciva sia a spuntare prezzi migliori, logistica, efficientamento produttivo eccetera, sia si collocava sul mercato come player di peso, in grado di competere coi grandi produttori industriali ad esempio nelle forniture di alberghi di lusso. Impensabile farlo con 3 operai e la mamma che fa la contabilità.
Ecco, questo è mancato nell'Italia delle mille parrocchie. Ciò che era l'unico punto di forza delle nostre PMI a tutti i livelli, e cioè la flessibilità che permetteva rapidità-qualità-bassi costi, è diventata ininfluente di fronte alla concorrenza. O comunque non dirimente nelle scelte.
Alcuni organi istituzionali, come Confindustria e Assolombarda, ai convegni a cui partecipavo negli anni 90, timidamente proponevano i Consorzi come soluzione del futuro, ad esempio quello dei produttori di minuterie metalliche. Purtroppo restò tutto lettera morta, per vari fattori che non sto ad elencare, ma che affondano tutti nell'atavico individualismo e scarsa cultura manageriale.
Esatto, e aggiungo che anche i tedeschi, in ambito internazionale, si comportano in maniera pressoché simile, dove la singola azienda non è una realtà forte.Nel 2011 alla fiera del mobile di Shanghai ebbi l'occasione di capire come altri Paesi un po' più virtuosi del nostro avevano saputo proiettare il concetto di "PMI" nel contesto globale...
I produttori artigianali di mobili giapponesi (paragonabili ai nostri) si proponevano sul mercato e verso i fornitori come Consorzio. Il quale riusciva sia a spuntare prezzi migliori, logistica, efficientamento produttivo eccetera, sia si collocava sul mercato come player di peso, in grado di competere coi grandi produttori industriali ad esempio nelle forniture di alberghi di lusso. Impensabile farlo con 3 operai e la mamma che fa la contabilità.
Ecco, questo è mancato nell'Italia delle mille parrocchie. Ciò che era l'unico punto di forza delle nostre PMI a tutti i livelli, e cioè la flessibilità che permetteva rapidità-qualità-bassi costi, è diventata ininfluente di fronte alla concorrenza. O comunque non dirimente nelle scelte.
Alcuni organi istituzionali, come Confindustria e Assolombarda, ai convegni a cui partecipavo negli anni 90, timidamente proponevano i Consorzi come soluzione del futuro, ad esempio quello dei produttori di minuterie metalliche. Purtroppo restò tutto lettera morta, per vari fattori che non sto ad elencare, ma che affondano tutti nell'atavico individualismo e scarsa cultura manageriale.
perdegola1 - 1 ora fa
quicktake - 2 anni fa
Suby01 - 1 mese fa