<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> 300.000 professionisti in meno | Page 3 | Il Forum di Quattroruote

300.000 professionisti in meno

LUISELLA1972 ha scritto:
keko01 ha scritto:
LUISELLA1972 ha scritto:
mizzu ha scritto:
LUISELLA1972 ha scritto:
cognizionezerozero ha scritto:
questa merita davvero di essere letta...

http://www.cepu.it/info_abilitazione_spagna.asp

http://www.cassaforense.it/cassafor/_Pubblicazioni/PrevForense/cfstart.cfm

ecco la risposta della Cassa Previdenza: se ne avete voglia, cliccate sulla immagine della rivista con il ritratto di Voltaire, scorrete le pagine fino a pag. 108 et voilà.

"il quache tempo" è calcolato in più o meno? :shock: :shock: :shock: :shock:

scusami non capisco.... :oops:

più o meno si legge "che abbiano esercitato in Spagna PER QUALCHE TEMPO", "qualche tempo" che significa?

è vero, l'articolo è un po' fumoso....poi però è specificato: almeno tre anni di esercizio della professione all'estero (in tal caso, in Spagna)

ah ok.. certo che la fumosità forense è dura a morire.. friendly users 'u cazz... :D :D :D :D

ma un corso integrato di dialettica popolare alla facoltà di giurisprudenza no? :lol: :lol:
 
Grazie per le precisazioni! penso che sia insito nel dna dei giuristi il linguaggio fumeggiante...così come negli ing...una volta che il cervello si tara in un certo modo, e il selettore del linguaggio si blocca in un modo operativo...poi è dura sbloccarlo :D

p.s.: penso che per i ggggiovani emergere sia difficile in tutto..forse solo nel calcio :lol:

@Mauro: hai visto il mio dubbio a pagina precedente? se non ti va di rispondere, puoi semplicemente dirlo ;) no problem, ma mi interessa e vorrei evitare che ti sfugga
 
doncamilloo ha scritto:
allarme che arriva dagli ordini professionali....

meno commercialisti + idraulici?

meno architetti + imbianchini?

meno ingegneri+ muratori?

MAH....e non mi dite che se non c'era la crisi

degli americani eravam ridotti così....

Il problema è che in Italia il lavoro da professionista:

- non è accessibile a molti giovani a causa delle tasse e dei costi pazzeschi
- si tramanda da padre in figlio (se ti sposi la figlia però....)
- non è regolato dalla libera concorrenza ma dal clientelismo
- non è un traguardo raggiungibile per merito lavorando presso studi ma un puro privilegio acquisito.

Chi scrive ha studiato per fare il professionista, è iscritto a un Ordine ed è in possesso di timbro, ma fa l'impiegatuccio in uno studio, che è cosa rara.
Ho ancora 33 anni... ...ma la vedo nera, a prescindere dalle mie presunte capacità e qualità.
 
Francesco83 ha scritto:
Grazie per le precisazioni! penso che sia insito nel dna dei giuristi il linguaggio fumeggiante...così come negli ing...una volta che il cervello si tara in un certo modo, e il selettore del linguaggio si blocca in un modo operativo...poi è dura sbloccarlo :D

p.s.: penso che per i ggggiovani emergere sia difficile in tutto..forse solo nel calcio :lol:

@Mauro: hai visto il mio dubbio a pagina precedente? se non ti va di rispondere, puoi semplicemente dirlo ;) no problem, ma mi interessa e vorrei evitare che ti sfugga

oddio, esistono ingegneri che sono ottimi umanisti, ma il contrario è abbastanza raro... :D
 
Francesco83 ha scritto:
@Mauro: hai visto il mio dubbio a pagina precedente? se non ti va di rispondere, puoi semplicemente dirlo ;) no problem, ma mi interessa e vorrei evitare che ti sfugga

Grazie, in effetti mi era sfuggito.

Mi è capitato, in parte per puro diletto e curiosità, in parte per arricchire il mio bagaglio di esperienze, di "bazzicare" l'università. Il livello dei neo - maturi è, in buona parte, semplicemente disastroso. (per rendere l'idea, leggi qui )
Il loro futuro da laureati, a voler utilizzare un eufemismo, problematico.

Professionista "tuttologo"?
No di certo, ma in grado di avere una visione complessiva della materia sì.

In certi studi (parlo del mio campo) c'è chi "sa tutto" di fiscalità indiretta nazionale e nulla sulle imposte dirette (tanto c'è il collega), chi "sa tutto" di trasformazioni omogenee e nulla di eterogenee (tanto c'è il collega), etc etc.

Poi, al primo stormir di foglie, si tagliano le scrivanie. Non certo quelle dei soci ... che guarda caso mantengono la visione d'insieme. Tanto ci sono i (sub)colleghi specializzati nelle varie tematiche ;)
 
elancia75 ha scritto:
Il problema è che in Italia il lavoro da professionista:

- non è accessibile a molti giovani a causa delle tasse e dei costi pazzeschi
- si tramanda da padre in figlio (se ti sposi la figlia però....)
- non è regolato dalla libera concorrenza ma dal clientelismo
- non è un traguardo raggiungibile per merito lavorando presso studi ma un puro privilegio acquisito.

Chi scrive ha studiato per fare il professionista, è iscritto a un Ordine ed è in possesso di timbro, ma fa l'impiegatuccio in uno studio, che è cosa rara.
Ho ancora 33 anni... ...ma la vedo nera, a prescindere dalle mie presunte capacità e qualità.

L'unico punto in cui, parzialmente, concordo, è il primo: il livello minimo di infrastrutture di cui è necessario dotarsi si è molto elevato negli ultimi 10 - 15 anni: ma l'impresa non è impossibile. Certo, non basta avere "firma e timbro", occorre anche, in qualche modo, lo "spirito imprenditoriale". Il che non è da tutti.

Il resto delle considerazioni, e lo dico da figlio di operaio e di casalinga, sono luoghi comuni. Il mondo professionale è estremamente meritocratico. Un "figlio d'arte" potrà pure ereditare lo studio paterno (o materno); sarà di certo avvantaggiato come "avviamento professionale"; avrà avuto modo di approfondire meglio di altri il "mestiere": ma se non è bravo di suo, ci vorrà ben poco per dissipare cotanto patrimonio.

Di converso, un "figlio di nessuno" farà molta più fatica, ed avrà molte meno probabilità di arrivare, a fine carriera, al punto in cui probabilmente arriverà il suo collega "figlio d'arte".

Ma, come molti dicono, è ricco chi avendo 1.000 gode spendendo 900, ed è povero chi avendo 1.000.000 si logora desiderando invano un oggetto da 1.000.010 euro.

Saluti
 
DareAvere(exTDI89) ha scritto:
lucianoVE ha scritto:
però...... mica è detto che quando un giovane decide di studiare architettura o ingegneria debba per forza avere la garanzia di trovare subito un lavoro dopo la laurea....

ben vengano le aspirazioni e le attitudini personali, ma non vi pare ovvio che bisognerebbe anche essere realistici e fare i conti con la realtà??

se in Italia siamo zeppi di ingegneri disoccupati pensiamoci prima di laurearsi o no?
In Italia i laureati sono ancora troppo pochi. Invece di creare nuove opportunità e migliori condizioni per chi è in possesso della laurea invitiamo i giovano a fare gli imbianchini e gli idraulici(con tutto il rispetto per gli imbianchini e gli idraulici)?

dipende falla facoltà; probabilmente mancano ingegneri ma ci sono troppi "filosofi".
 
|Mauro65| ha scritto:
elancia75 ha scritto:
Il problema è che in Italia il lavoro da professionista:

- non è accessibile a molti giovani a causa delle tasse e dei costi pazzeschi
- si tramanda da padre in figlio (se ti sposi la figlia però....)
- non è regolato dalla libera concorrenza ma dal clientelismo
- non è un traguardo raggiungibile per merito lavorando presso studi ma un puro privilegio acquisito.

Chi scrive ha studiato per fare il professionista, è iscritto a un Ordine ed è in possesso di timbro, ma fa l'impiegatuccio in uno studio, che è cosa rara.
Ho ancora 33 anni... ...ma la vedo nera, a prescindere dalle mie presunte capacità e qualità.

L'unico punto in cui, parzialmente, concordo, è il primo: il livello minimo di infrastrutture di cui è necessario dotarsi si è molto elevato negli ultimi 10 - 15 anni: ma l'impresa non è impossibile. Certo, non basta avere "firma e timbro", occorre anche, in qualche modo, lo "spirito imprenditoriale". Il che non è da tutti.

Il resto delle considerazioni, e lo dico da figlio di operaio e di casalinga, sono luoghi comuni. Il mondo professionale è estremamente meritocratico. Un "figlio d'arte" potrà pure ereditare lo studio paterno (o materno); sarà di certo avvantaggiato come "avviamento professionale"; avrà avuto modo di approfondire meglio di altri il "mestiere": ma se non è bravo di suo, ci vorrà ben poco per dissipare cotanto patrimonio.

Di converso, un "figlio di nessuno" farà molta più fatica, ed avrà molte meno probabilità di arrivare, a fine carriera, al punto in cui probabilmente arriverà il suo collega "figlio d'arte".

Ma, come molti dicono, è ricco chi avendo 1.000 gode spendendo 900, ed è povero chi avendo 1.000.000 si logora desiderando invano un oggetto da 1.000.010 euro.

Saluti

Quoto, ma l'ultima affermazione mi sa tanto di "chi si accontenta gode".
Il problema è accontentarsi.
 
cognizionezerozero ha scritto:
testerr ha scritto:
non so invece se i commercialisti gli ingegneri i gli avvocati siano troppi.

i commercialisti forse.

gli avvocati sicuramente si.

gli ingegneri sicuramente no.

detto questo, non vedo dove sia il problema: per prima cosa non è detto che per un laureato sia obbligatorio mettersi in proprio, seconda cosa il rischio di impresa prevede che uno possa farcela ma anche no...

ciao!

Ho letto che ci sono più avvocati a Roma che in tutta la Francia
 
elancia75 ha scritto:
Quoto, ma l'ultima affermazione mi sa tanto di "chi si accontenta gode". Il problema è accontentarsi.

Permettimi di chiarire meglio il concetto: "gode chi sa apprezzare ciò che ha"

Il vero punto è sul quantum insito nel "ciò che si ha"; nonché sulla qualità della vita correlata a detto "quantum".

;)
 
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