<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Retribuzioni italiane sempre più in difficoltà | Page 6 | Il Forum di Quattroruote

Retribuzioni italiane sempre più in difficoltà

-In Francia e in Germania il costo del lavoro è più alto che da noi.
-Il punto è che da noi il lavoro è poco qualificato.


-Permettimi di avere dei grossi dubbi....Praticamente ovunque
-Sono i lavoratori o potenziali tali, che non sono qualificati.
Basti vedere il numero di laureati. Il penultimo d' Europa
 
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Un po' al limite dell'offtopic
Pure nelle vostre zone, da qualche anno, si sta sviluppando un network di marocchini che vende frutta e verdura a prezzi, diciamo, da mercato, quindi decisamente sotto supermercati e negozi nostrani?


A mia esperienza....
I Super, stanno " a galla ", proprio su frutta e verdura....
( Nel senso che e' un settore merceologico nettamente in attivo )
Molte volte robaccia, a prezzi da boutique.
E contratti ( di acquisto ) capestro coi loro fornitori di vegetali vari
 
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Un po' al limite dell'offtopic
Pure nelle vostre zone, da qualche anno, si sta sviluppando un network di marocchini che vende frutta e verdura a prezzi, diciamo, da mercato, quindi decisamente sotto supermercati e negozi nostrani?

Qui ce ne sono diversi.
Ma ormai vendono più o meno ai prezzi dei supermercati e in molti casi non hanno nemmeno le celle frigorifere quindi d'estate è molto facile che metà della roba che vendono sia da buttare.
 
-Permettimi di avere dei grossi dubbi....Praticamente ovunque
-Sono i lavoratori o potenziali tali, che non sono qualificati.
Basti vedere il numero di laureati. Il penultimo d' Europa
Ahhh...è quello che sostengo da tempo. Non devi dirlo a me ma a Briatore e a tutti i suoi seguaci.

Detto questo va ricordato a proposito di costo del lavoro che in Germania al di la delle retribuzioni hanno 35 gg di vacanza all'anno e in Francia le 35h...
 
Ahhh...è quello che sostengo da tempo. Non devi dirlo a me ma a Briatore e a tutti i suoi seguaci.

Detto questo va ricordato a proposito di costo del lavoro che in Germania al di la delle retribuzioni hanno 35 gg di vacanza all'anno e in Francia le 35h...
io non credo sia solo la qualifica scolastica dei lavoratori.
Anzi penso che una parte rilevante della così detta bassa produttività dipenda dalle dimensioni troppo piccole delle aziende italiane.
Aziende piccole hanno minore potere competitivo, minore capacità di investimenti ed innovazione, una direzione tipicamente familiare e quindi meno meritocratica e potenzialmente meno performante.
Sono meno appetite dai laureati (chiedetevi dove espatriano i nostri studenti), fanno meno formazione e sono meno propense a programmi di crescita.
Tutto questo nel corso della vita lavorativa incide tantissimo sulla qualifica dei lavoratori e sul fatturato per dipendente che le aziende esprimono.

Su Briatore concordo.. la butta sempre sull'impegno e sulla quantità di lavoro svolto quando invece è più importante la qualità
 
Ma anche quando si ingrandiscono....
Vedi " la moda ";
poi finisce che vendono....
Al primo Francese che passa.

IMO
E' questione di mentalita'
 
io non credo sia solo la qualifica scolastica dei lavoratori.
Anzi penso che una parte rilevante della così detta bassa produttività dipenda dalle dimensioni troppo piccole delle aziende italiane.
Aziende piccole hanno minore potere competitivo, minore capacità di investimenti ed innovazione, una direzione tipicamente familiare e quindi meno meritocratica e potenzialmente meno performante.
Sono meno appetite dai laureati (chiedetevi dove espatriano i nostri studenti), fanno meno formazione e sono meno propense a programmi di crescita.
Tutto questo nel corso della vita lavorativa incide tantissimo sulla qualifica dei lavoratori e sul fatturato per dipendente che le aziende esprimono.

Su Briatore concordo.. la butta sempre sull'impegno e sulla quantità di lavoro svolto quando invece è più importante la qualità

Sono d'accordo. Abbiamo un tessuto industriale fatto in gran parte di aziende medio-piccole che ha vantaggi in termini di flessibilità e velocità di risposta, ma non riesce a stare dietro ai grandi in termini di investimenti in ricerca, per cui, alla lunga, si rimane indietro come produttività e anche retribuzioni, di conseguenza.
Aggiungerei anche che, spesso, ci posizioniamo in settori a valore aggiunto medio-basso.
 
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«Non praticabile». L’industria di beni di largo consumo dice no al ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e al suo protocollo anti-inflazione per contenere — da ottobre a dicembre 2023 — i prezzi dei prodotti del carrello della spesa. Lo stop all’intesa era nell’aria da giorni, quando dopo l’incontro al ministero di lunedì scorso le posizioni dei produttori — da Federalimentare a Centromarca — erano state molto fredde. Ma il no ufficiale è arrivato ieri con due note.

Una la firmano Centromarca e Associazione Ibc (Industrie Beni di Consumo) che insieme rappresentano le più grandi aziende italiane del settore. L’altra è dell’industria alimentare: Assica, Assitol, Assocarni, Assolatte, Italmopa e Unione italiana food. Il senso per tutti è: apprezziamo l’iniziativa del governo, ma riteniamo «non praticabile la sottoscrizione del protocollo». Spiegano Centromarca e Ibc: «Il quadro complessivo non consente previsioni realistiche sulla dinamica dei conti economici; un’azione di controllo dei prezzi rischia di pregiudicare la tenuta del tessuto produttivo».

In più, «i bilanci industriali registrano riduzioni dei margini» e le aziende già hanno contenuto il più possibile i prezzi tanto che «per le famiglie l’impatto del carrello della spesa stimato da Nielsen è stato di 35 euro». Le associazioni richiamano poi un potenziale intervento dell’Antitrust nel caso di un’intesa per controllare i prezzi. Ma lasciano una porta aperta, ribadendo «la volontà di dialogo con il governo». E intanto chiedono tagli dell’Iva e del cuneo fiscale.

Le 6 associazioni firmatarie della seconda nota si dicono «disponibili a collaborare con tutte le parti interessate» chiedono però «un coinvolgimento di tutti gli operatori della filiera alimentare nel senso più ampio», coloro che contribuiscono a formare i costi di produzione e quindi il prezzo finale: «Un impegno sul valore del prodotto finito che non consideri l’incidenza di questi costi sarebbe totalmente sbilanciato sugli attori della filiera a valle». Quindi, o tutti o nessuno. Ma il presidente di Federdistribuzione Carlo Alberto Buttarelli attacca: «Sono mesi che chiediamo all’industria di mostrare senso di responsabilità verso le famiglie, abbassando, dove possibile, i propri listini di vendita», ma «l’industria di trasformazione, sollevando argomentazioni pretestuose e strumentali, si dichiara indisponibile: la distribuzione moderna conferma invece la volontà di continuare la collaborazione con il governo».[ Corriere.it]
 
io non credo sia solo la qualifica scolastica dei lavoratori.
Anzi penso che una parte rilevante della così detta bassa produttività dipenda dalle dimensioni troppo piccole delle aziende italiane.
Aziende piccole hanno minore potere competitivo, minore capacità di investimenti ed innovazione, una direzione tipicamente familiare e quindi meno meritocratica e potenzialmente meno performante.
Sono meno appetite dai laureati (chiedetevi dove espatriano i nostri studenti), fanno meno formazione e sono meno propense a programmi di crescita.
Tutto questo nel corso della vita lavorativa incide tantissimo sulla qualifica dei lavoratori e sul fatturato per dipendente che le aziende esprimono.

Su Briatore concordo.. la butta sempre sull'impegno e sulla quantità di lavoro svolto quando invece è più importante la qualità
Hai ragione. C'è anche questo elemento. Direi che c'è una relazione però. Alla fine se i laureati sono pochi, c'è meno inclinazione a innovare investire, fare ricerca e sviluppo. Con impatti evidenti sulla competitività e produttività.
 
Sono d'accordo. Abbiamo un tessuto industriale fatto in gran parte di aziende medio-piccole che ha vantaggi in termini di flessibilità e velocità di risposta, ma non riesce a stare dietro ai grandi in termini di investimenti in ricerca, per cui, alla lunga, si rimane indietro come produttività e anche retribuzioni, di conseguenza.
Aggiungerei anche che, spesso, ci posizioniamo in settori a valore aggiunto medio-basso.
basti pensare al campo automotive dove i Tier 1 devono necessariamente essere aziende strutturate con personale altamente qualificato e formato.
Molto raro che una piccola realtà fornisca direttamente un OEM perchè prodotto a parte, non avrebbe all'interno tutte le necessarie competenze.. dal finance al legal od ai processi qualitativi richiesti
 
Si riferisce a quella GDO che paga l’ortofrutta (ripeto ortofrutta!!!) a 180 giorni con estrazione? Per me, come dicono i romani, possono anda’ a morire ammazzati … massimo disprezzo, disistima e biasimo.

Io non tanto tempo fa ho parlato con una persona che lavora per la grande distribuzione.
Solita manfrina su quanto sia aumentato tutto anche per loro.
Poi gli fai due domande in più e ti dicono che l'energia non è aumentata perchè i loro contratti avevano i prezzi bloccati fino a fine 2023.
Poi senti i trasportatori che si lamentano perchè dicono che quando il gasolio rincara la GDO gli dice di arrangiarsi e che continuerà a pagare come e quanto vuole.
Poi senti i coltivatori e viene fuori che gli aumenti a doppia cifra che vediamo noi nei supermercati sono frutto più di rincari che si sommano nei vari passaggi di mano del prodotto che dell'aumento dei prezzi all'ingrosso.
Probabilmente alla fine della fiera o hanno mantenuto invariati i propri margini o in certi casi li hanno pure aumentati avendo la scusa per aumentare i prezzi.
 
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