Buongiorno, mi chiamo Roberto ho 55 anni e sono un artigiano che con l’automotive e la tecnologia in generale non ha niente da spartire. Ma essendo appassionato d’auto e per di più Lombardo il problema transizione non può più essere sottovalutato soprattutto per chi come me vive e lavora all’ombra del capoluogo e deve gestire oltre ai mezzi di famiglia anche quello/i da lavoro. E da un bel po di mesi che leggo questa discussione, prima di Natale, poi mi sono deciso di iscrivervi se volevo dare anche il mio punto di vista, oggi invece ho deciso di partecipare. Anche in virtù del fatto che questa discussione sulla transizione è la più longeva che mi è capitato di seguire. Per stabilire subito su quale parte della barricata mi colloco perché, questa transizione imposta, fisiologicamente non permette posizioni intermedie vorrei riportare uno dei più belli articoli se non il migliore che ho letto su questo tema scritto tra l’altro da Carlo Cavicchi ex direttore di Quattroruote.
Già il titolo devo ammettere che dice tutto : Quando è il momento lo decide il progresso.
Chi sono? Sono l’uomo della strada, figlio di un uomo della strada. Potrei andare indietro all’infinito perchè tutti i miei antenati erano figli della strada. Me lo ricorda la storia, comunque lo so fin da bambino. I miei più vecchi parenti andavano a piedi finché scoprirono il cavallo, l’asino, il cammello e, per questo, decisero che era più comodo e veloce avvalersene nei trasferimenti. Nessuno impose loro di farlo, se non la convenienza. Due secoli fa fu brevettato il velocipede, che diventerà presto la bicicletta come tutti noi la conosciamo, e qualche uomo della strada cominciò a utilizzarla al posto del cavallo. Bastava pedalare per spostarsi, in città era comoda e non sporcava le strade come i quadrupedi. Certo, costava più fatica, ma era economica e non abbisognava di una stalla. Nel frattempo era già arrivato anche il treno, perfetto per le lunghe distanze. Non era obbligatorio approfittarne, ma era pratico e confortevole. Al pari della bicicletta ebbe grande successo e l’uomo della strada non fece fatica a convertirsi. Quando un secolo fa le automobili cominciarono a farsi conoscere, qualcuno valutò che usarle era più pratico che spingere e faticare sui pedali o aspettare un treno che partiva quando voleva lui. L’uomo della strada operò delle scelte: in bicicletta quando gli pareva, in auto quando gli serviva, in treno se ne valeva la pena. E fece cosi per tante altre cose sotto la voce “progresso”. Utilizzava le poste per spedire le lettere, le cabine telefoniche per parlare a distanza, metteva le legna o il carbone nella stufa per scaldarsi. E, come quando ha avuto la possibilità di spedire le e-mail, ha smesso di leccare i francobolli, ha abbandonato i gettoni e le cabine telefoniche quando sono arrivati i telefonini; infine, con il gas o l’elettricità ha trovato il modo per scaldarsi meglio.
I passi avanti sono l’evoluzione naturale delle cose. L’Italia del secondo del dopoguerra concepiva solo le auto a benzina e considerava quelle a gasolio un sottoprodotto da poveracci. Poi i motori diesel hanno compiuto progressi prodigiosi, non c’era più bisogno di pre riscaldare le candelette e le prestazioni si sono fatte sorprendenti in parallelo con i consumi, sempre più contenuti. Il boom delle auto “a nafta” ha travolto il Vecchio Continente, Italia compresa, perchè per le esigenze di tanti erano la soluzione migliore. Nessuno aveva imposto il diesel, nessuno aveva imposto i telefonini e nemmeno internet, cosi come nessuno aveva imposto di passare dai dischi 78 giri a quelli a 45 e poi alle musicassette, sino ai file musicali di oggi.
Il progresso è tale perchè funziona, non perchè è stabilito per legge. Se l’auto elettrica sarà il futuro, e potrebbe esserlo, avverrà da se. L’uomo della strada che è quello che fa che fa strada, e soprattutto, che consuma la strada, valuterà da solo se sarà più conveniente approfittarne. Nel caso, sarà un passaggio veloce e naturale, così come è stato un attimo abbandonare il Telex per passare al Fax, prenotarsi un albergo da soli invece di passare dall’agenzia, scegliere un volo low cost piuttosto che uno di linea. Se però, qualcuno dall’alto decide quale vettura io dovrò guidare, alla lunga riuscirà nell’intento ma dovrà combattere. E soprattutto non si dovrà meravigliare se ci vorrà molto più tempo di quanto prevede perchè mi converta.
Partendo da questi indelebili concetti che hanno segnato la nostra storia cosa rappresenta per me oggi, anch’io uomo della strada, l’auto elettrica? Poco o nulla, perchè tecnologicamente non è ancora matura ed ecologicamente ancora e credo ancora per molti anni, insignificante. Qualcuno sobbalzerà dalla sedia e penserà che è arrivato un altro negazionista, terrapiattista legato a fumi del petrolio ma è bene ricordare che una tecnologia funziona se funziona tutta la sua filiera non un singolo componente. Qualcuno può anche farmi notare che esistono auto elettriche molto efficienti e che con appositi compressori energetici si possono ricaricare in poco tempo ma è innegabile complici anche i prezzi alti che è “roba” per pochi. Ai più non è possibile accedervi perchè nella loro zona questi compressori non ci sono, e per la verità mancano del resto anche delle semplici colonnine, e cosa più importate molti non hanno un ricovero da dove prelevare la corrente. E come avere un iPhone 14 che da solo farebbe impallidire il computer di uno shuttle ma quando, ad esempio, ci si trova tra i monti si è spesso senza copertura di rete adeguata e/o con una qualità internet scarsa, praticamente è inutilizzabile se non per fare foto.
Ecologicamente insignificante dicevo. La mobilità privata ha un impatto in termini di Co2 del 10-12%, a livello globale ad oggi le auto elettriche numericamente sull’intero parco circolante (sempre più vecchio) sono sul 1,5 - 2%. Basta fare un paio di semplici conti per verificare che considerando la lenta penetrazione nel mercato che tra qui e a distanza di anche 5 anni il loro impatto è e sarà praticamente nullo. E anche dire che da qualche parte si deve pur iniziare è una considerazione che non mi torna e mi sta molto stretta. Primo perchè prima di iniziare si devono gettare le basi impostando le condizioni favorevoli e non il contrario, qui si sta cercando di fare prima il tetto e poi le fondamenta. Secondo, se solo una parte del mondo sposa questa politica allora questo accanimento di risorse sulla transizione per quello che rappresenta, o per quello che la si vuole far passare, è solo uno spreco e farsi del male da soli. Mi sembra di vedere i miei vicini. Quello che sta sulla mia destra ricicla tutto, dividere meticolosamente ogni cosa mettendo tutti in bidoncini dedicati che poi porta all’isola ecologica, in più raccoglie l’acqua piovana per non sprecare quella dell’acquedotto quando deve innaffiare il giardino. Quello che sta sulla mia sinistra e dietro nei sacchi ci fanno finire di tutto e gli irrigatori spesso partono anche quando piove o nonostante il comune stabilisce orari dedicati. Se per uno che “risparmia” che ne sono 100 che sprecano e se ne infischiano allora è tutto un lavoro inutile, quello che è da rivedere è l’intero sistema e non accanirsi sull’aspetto più facile da colpire.
Infine ritornando al progresso e all’uomo della strada vorrei raccontarvi questo. In settimana qualche mattina esco presto (ore 6:30) per una piccola e blanda corsetta, da qualche tempo a quell’ora spesso vedo una Mercedes EQB nuova fiammante parcheggiata in ricarica al Lidl e il proprietario in auto a leggere il giornale probabilmente acquistato all’edicola che dista poche decine metri. Di solito nel ritorno dopo poco più di una mezzoretta l’auto è ancora li e il proprietario sempre in auto a leggere il giornale. Ora, io non discuto assolutamente sulle motivazioni che hanno portato ad acquistare quel tipo di auto ma qualche ragionamento mi sorge spontaneo. Indipendentemente del perchè di tale pratica, so solo che io al suo posto con un’auto endotermica, ibrida o plug-in che sia, mi potrei alzare più tardi, o leggere il giornale sfruttando un abbonamento sul tablet o sul portatile comodamente a casa mia, al caldo, magari nel mentre facendo anche una buona colazione.
Spero di non avervi annoiato e ancora buona giornata.