In effetti comunque forse si esagera nel valutare i mali del proprio paese (questo lo fanno un po' tutti, non solo gli Italiani)
Ho una coppia di amici originari di Palermo come me che vivono a Vancouver e non vedono l'ora di ritornare in Italia.
Sono appena stati in vacanza per oltre un mese ed hanno speso un bel po' di tempo nella zona di Milano e dintorni.
Sono entusiasti del centro di Milano pieno di vita e ben organizzato, i Navigli , etc...hanno 2 nipoti laureate che vivono in centro in un'appartamento grande e carino e lavorano (da immigrate, sono entrambe nate a Palermo ed hanno fatto gli studi li) facendo il mestiere per le quali hanno studiato , una architetto, l'altra consulente aziendale.
Stanno seriamente considerando di spostarsi a Monza.
A Vancouver sono ben piazzati (lui e' insegnante, lei lavora in amministrazione per un sindacato Italiano), insomma non fanno gli scopini.
A loro manca la cultura, il cibo, le bellezze architettoniche, le distanze brevi per andare da un posto all'altro.
Mi hanno detto, "perche' i giovani scappano?? Le nostre nipoti hanno trovato dei buoni lavori a Milano e non fanno una vita peggiore dei loro omologhi a Vancouver, anzi forse pure meglio....e Vancouver e' considerata una delle citta' piu' vivibili al mondo (vabbe' che sono classifiche che lasciano il tempo che trovano).
Indubbiamente dipende da situazione a situazione.
Milano è un po’ una realtà a se, un po’ come Londra lo è in Inghilterra.
Di architetti disoccupati, male-occupati o che fanno tutt’altro ne conosco parecchi sparsi in tutta la Penisola.
A Milano forse, dico forse, se sei uno brillante, laureato bene, che ha voglia di farsi il mazzo ed è disposto a fare (grossi) sacrifici i primi anni di lavoro, qualche speranza ce l’hai.
Una amica di mia moglie fa l’architetto a Milano da diversi anni, ho “seguito” tutta la sua “carriera lavorativa”, sinceramente non so se io l’avrei fatto tutto lo sbattimento che ha fatto lei.
Adesso lavora per un grosso studio come p.iva (con tutti i limiti del caso), guadagna una percentuale sui lavori fatti, ma deve seguire il cliente da zero, rispettare i tempi di consegna, lavorare fino a tardi la sera, trascurando se stessa, gli amici ecc.
Alla fine dei conti, una volta tolti i costi dei vari software, trasporti, formazione, commercialista, IVA, dichiarazione dei redditi ecc porta a casa quanto me (se non di meno) senza un contratto di assunzione, senza ferie nè malattia pagata, senza tutele legali o protezioni sindacali...
Alla fine, mi chiedo se valga la pena.
Anche perchè, fino a qualche anno fa, tutti questi sacrifici erano “giustificati” in un’ottica di carriera, ma adesso, che lei ha 35 anni ed avrebbe intenzione di farsi una famiglia dovrà inevitabilmente rivedere i suoi ritmi di lavoro.