Marco, ritorno un po' sul Dolcetto perché un paio di settimane fa sono stato a trovare un piccolo produttore di Dogliani (conosciuto anche per lavoro) che mi ha fatto assaggiare un prodotto più "leggero" sui 12°.Premesso che il vitigno Dolcetto non rientra nei miei gusti, concordo col tuo parere e non con quello dei viticoltori che hanno scelto di trattarlo come fosse Nebbiolo da Barolo, con lunghe macerazioni ed affinamento in legno (pure piccolo), creando vini caricaturali. Mi sembra, però, che siano eccessi risalenti a qualche anno fa, ora in via di diradazione (almeno, me lo auguro).
Secondo lui le estati più calde hanno influito davvero minimamente sulle gradazioni in Langa, più ha fatto il diradamento e la maturazione delle uve che, a differenza del passato, vengono raccolte praticamente tutte allo stesso livello. Quindi non ci sono più "grappoloni" con all'interno acini ancora non perfettamente maturi (perché non prendono sole) e all'esterno sì. Il che si traduceva in un mosto dal minor contenuto zuccherino.
La maturazione uniforme e i grappoli più piccoli danno alla fine un mosto più carico di zuccheri, che sviluppa giocoforza più alcol dopo la fermentazione. Ma nessuno vieta di coltivare e raccogliere il Dolcetto "alla vecchia" che da un vino in effetti meno complesso e intenso ma più fresco e beverino.
Probabilmente non è più di moda o, come giustamente tu, non si presta alle mille elucubrazioni del "marketing di cantina" con affinamenti vari. Ah, e il produttore in questione usa pochissima solforosa ed è certificato Bio già dagli anni Novanta, uno dei primi in Italia.