In un mondo che è sull?orlo di una crisi di traffico, l?Italia detiene in Europa il primato della densità automobilistica: più di 600 macchine ogni mille abitanti.
Ma nella storia dei trasporti l?automobile in sé è una splendida invenzione e una risorsa di lavoro. Se però la risposta alla domanda di mobilità è sbilanciata sull?automobile, allora la libertà di movimento e la velocità negli spostamenti si trasformano in congestione delle città, inquinamento e in una modalità di trasporto che provoca in assoluto più morti.
Il modello automobile fa sistema, l?industria automobilistica è un grande volano dell?economia: intorno c?è tutta l?industria del petrolio, delle infrastrutture e delle costruzioni. Si fanno grandi affari a far crescere le città selvaggiamente, tanto c?è l?automobile a collegare quartieri sempre più lontani. Risultato?
La rendita immobiliare cresce per pochi, sul resto della collettività sono spalmate le conseguenze negative: traffico intenso, smog, incidenti.
In più, poi, c'è una tassa occulta: quella sulla mobilità delle famiglie che devono acquistare una o più automobili per necessità altrimenti non ci si muove. Una tassa che grava fortemente sulle tasche del nucleo familiare.
Segnali di controtendenza esistono. In Germania e in Svezia si sono sperimentati, in alcune città, modelli abitativi e di trasporto senza obbligo di possedere un?automobile. La ricetta sembra facile e banale: forte impegno pubblico a raggiungere questo obiettivo.
Ma ovunque il modello dominante è l?industria automobilistica, con il suo indotto, che occupa milioni di persone. Se non si vendono automobili l?industria è in crisi, quindi si crea disoccupazione. Allora bisogna fabbricarne altre, ma in Europa e in Italia sono già tante: il mercato è saturo, ormai è solo un mercato di sostituzione. Per cui aiuti di Stato per sostenere la domanda ovvero l?indebitamento collettivo. La spirale è questa. Se si interrompe è crisi.
Ma nella storia dei trasporti l?automobile in sé è una splendida invenzione e una risorsa di lavoro. Se però la risposta alla domanda di mobilità è sbilanciata sull?automobile, allora la libertà di movimento e la velocità negli spostamenti si trasformano in congestione delle città, inquinamento e in una modalità di trasporto che provoca in assoluto più morti.
Il modello automobile fa sistema, l?industria automobilistica è un grande volano dell?economia: intorno c?è tutta l?industria del petrolio, delle infrastrutture e delle costruzioni. Si fanno grandi affari a far crescere le città selvaggiamente, tanto c?è l?automobile a collegare quartieri sempre più lontani. Risultato?
La rendita immobiliare cresce per pochi, sul resto della collettività sono spalmate le conseguenze negative: traffico intenso, smog, incidenti.
In più, poi, c'è una tassa occulta: quella sulla mobilità delle famiglie che devono acquistare una o più automobili per necessità altrimenti non ci si muove. Una tassa che grava fortemente sulle tasche del nucleo familiare.
Segnali di controtendenza esistono. In Germania e in Svezia si sono sperimentati, in alcune città, modelli abitativi e di trasporto senza obbligo di possedere un?automobile. La ricetta sembra facile e banale: forte impegno pubblico a raggiungere questo obiettivo.
Ma ovunque il modello dominante è l?industria automobilistica, con il suo indotto, che occupa milioni di persone. Se non si vendono automobili l?industria è in crisi, quindi si crea disoccupazione. Allora bisogna fabbricarne altre, ma in Europa e in Italia sono già tante: il mercato è saturo, ormai è solo un mercato di sostituzione. Per cui aiuti di Stato per sostenere la domanda ovvero l?indebitamento collettivo. La spirale è questa. Se si interrompe è crisi.