la vecchia massima dice che "se un po' va bene, allora tanto e' meglio".
Ma sappiamo bene che non sempre e' vero.
L'esempio piu' palese sono le medicine, che possono curare alle giuste dosi, ma producono effetti collaterali anche gravi se prese in quantita' eccessive.
Ma veniamo ai crash test. Dall'epoca della pubblicazione del famoso libro "Unsafe at any Speed" (insicura a qualsiasi velocita') in cui nel 1965 Ralph Nader denunciava le inadeguatezze della maggioranza delle auto dell'epoca, tra cui principale imputata la Chevrolet Corvair, molto e' stato fatto e molta esperienza in materia e' stata guadagnata faticosamente.
Abbastanza, per esempio, da rendersi conto che il trattamento ricevuto dalla Corvair da parte di Nader era del tutto ingiustificato, e che l'auto aveva di fatto una guida anche migliore di molti altri modelli dell'epoca.
Ma molto s'e' fatto anche in termini di sicurezza.
Oggi, pero', c'e' piu' di un sospetto che lascia pensare che le stesse tecniche di "sicurezza" adottate dalle case costruttrici vengano sfruttate in modo propagandistico a fini commerciali.
Il problema della maggior parte dei test e' che sono (o dovrebbero essere) un modello della realta' sviluppato al fine di determinare la soluzione migliore a soddisfare una data richiesta.
Quando pero' i risultati di un test vengono usati a scopi commerciali (si pensi alle 5 stelle dei crash test EuroNCAP) accade che, per poter godere dei ritorni d'immagine garantiti da un buon esito del test, si inizino a produrre manufatti che sono pensati piu' per soddisfare le condizioni del test, che non le esigenze di sicurezza che il test e' preposto a misurare.
Col risultato che il test, invece di misurare la realta' stabilendo uno standard, la influenza distorcendola.
Ossia: un processo di osservazione non dovrebbe perturbare la realta' che osserva, pena vanificare lo scopo dell'osservazione stessa.
Uno penserebbe che le due cose si equivalgono: se soddisfo il test, soddisfo le esigenze di sicurezza, ma non dimentichiamoci che il test non e' che un MODELLO di realta'. Un modello basato su certi presupposti e valido entro certi limiti. Il test e' valido nel caso di auto costruite cercando di garantire sicurezza. Se invece costruisco auto cercando di soddisfare il test, "baro".
E' come un esame di cultura: se mi istruisco e faccio un esame e prendo un buon voto, ho certificato che ho una buona cultura. Ma se so a priori cosa chiede l'esame, e studio solo cio' che so che verra' chiesto all'esame, il buon voto che prendo e' fine a se stesso.
Il primo e piu' grave risultato di questo fenomeno di "feedback" e' che la costruzione dei veicoli viene alterata per soddisfare le specifiche del test, e i presupposti e i limiti del modello vengono applicati alla costruzione. Ma la realta' se ne infischia dei limiti del modello. Ne risulta un miglioramento apparente, o anche sostanziale in specifici ambiti della sicurezza, ma un peggioramento sotto altri aspetti, come e' risultato da recenti test condotti negli Stati Uniti che hanno evidenziato come modelli strutturati per ottenere risultati eccellenti negli impatti frontali siano poi risultati gravemente carenti o disastrosi nel caso di impatto posteriore.
Il secondo aspetto e' meno immediatamente evidente, e ha a che fare con la spirale di incremento dei requisiti e il suo effetto sui modelli esistenti.
Auto sempre piu' protette sono sempre piu' sicure ma sempre piu' pesanti. Dato che uno dei vincoli e presupposti base del test e' quello d'impatto con veicolo di pari massa, ne risulta che i veicoli "piu' sicuri" di oggi lo sono a danno di quelli di ieri, che sono sempre meno sicuri, perche' si devono confrontare con nuovi veicoli sempre piu' pesanti.
Ogni nuovo veicolo 5 stelle, dunque, non solo ha 5 stelle "illusorie" e destinate a durare solo fino al nuovo modello, ma degrada di fatto la sicurezza di tutti i veicoli attualmente circolanti, suoi potenziali "bersagli" in caso di incidente.
La soluzione?
Non ce n'e' una sola. Tanto per cominciare la rimozione del limite di "pari massa" potrebbe dare risultati molto piu' interessanti, ma si deve pensare al lato pratico: comporterebbe una quantita' di test molto maggiori, che si rifletterebbero in un notevole incremento dei costi di sviluppo e, infine, di vendita.
L'altra alternativa e' evitare di cedere alla scorciatoia dell'aumento delle dimensioni, che consente di ottenere facilmente risultati migliori perche' lascia maggiori spazi alle deformazioni che assorbono l'urto, ma comporta necessariamente un'aumento delle masse, e costruire invece modelli effettivamente piu' resistenti, capaci di assorbire piu' energia, con impatti controllati efficaci su dimensioni minori, per esempio adottando su larga scala la costruzione in materiali compositi. L'industria aeronautica e ogni forma di tecnologia, come quella dell'informatica, ci dimostrano che l'adozione su vasta scala di tecnologie avanzate permette una tale riduzione di costi che cio' che era tecnologia d'elite ieri diviene l'usa e getta di domani.
Ma sappiamo bene che non sempre e' vero.
L'esempio piu' palese sono le medicine, che possono curare alle giuste dosi, ma producono effetti collaterali anche gravi se prese in quantita' eccessive.
Ma veniamo ai crash test. Dall'epoca della pubblicazione del famoso libro "Unsafe at any Speed" (insicura a qualsiasi velocita') in cui nel 1965 Ralph Nader denunciava le inadeguatezze della maggioranza delle auto dell'epoca, tra cui principale imputata la Chevrolet Corvair, molto e' stato fatto e molta esperienza in materia e' stata guadagnata faticosamente.
Abbastanza, per esempio, da rendersi conto che il trattamento ricevuto dalla Corvair da parte di Nader era del tutto ingiustificato, e che l'auto aveva di fatto una guida anche migliore di molti altri modelli dell'epoca.
Ma molto s'e' fatto anche in termini di sicurezza.
Oggi, pero', c'e' piu' di un sospetto che lascia pensare che le stesse tecniche di "sicurezza" adottate dalle case costruttrici vengano sfruttate in modo propagandistico a fini commerciali.
Il problema della maggior parte dei test e' che sono (o dovrebbero essere) un modello della realta' sviluppato al fine di determinare la soluzione migliore a soddisfare una data richiesta.
Quando pero' i risultati di un test vengono usati a scopi commerciali (si pensi alle 5 stelle dei crash test EuroNCAP) accade che, per poter godere dei ritorni d'immagine garantiti da un buon esito del test, si inizino a produrre manufatti che sono pensati piu' per soddisfare le condizioni del test, che non le esigenze di sicurezza che il test e' preposto a misurare.
Col risultato che il test, invece di misurare la realta' stabilendo uno standard, la influenza distorcendola.
Ossia: un processo di osservazione non dovrebbe perturbare la realta' che osserva, pena vanificare lo scopo dell'osservazione stessa.
Uno penserebbe che le due cose si equivalgono: se soddisfo il test, soddisfo le esigenze di sicurezza, ma non dimentichiamoci che il test non e' che un MODELLO di realta'. Un modello basato su certi presupposti e valido entro certi limiti. Il test e' valido nel caso di auto costruite cercando di garantire sicurezza. Se invece costruisco auto cercando di soddisfare il test, "baro".
E' come un esame di cultura: se mi istruisco e faccio un esame e prendo un buon voto, ho certificato che ho una buona cultura. Ma se so a priori cosa chiede l'esame, e studio solo cio' che so che verra' chiesto all'esame, il buon voto che prendo e' fine a se stesso.
Il primo e piu' grave risultato di questo fenomeno di "feedback" e' che la costruzione dei veicoli viene alterata per soddisfare le specifiche del test, e i presupposti e i limiti del modello vengono applicati alla costruzione. Ma la realta' se ne infischia dei limiti del modello. Ne risulta un miglioramento apparente, o anche sostanziale in specifici ambiti della sicurezza, ma un peggioramento sotto altri aspetti, come e' risultato da recenti test condotti negli Stati Uniti che hanno evidenziato come modelli strutturati per ottenere risultati eccellenti negli impatti frontali siano poi risultati gravemente carenti o disastrosi nel caso di impatto posteriore.
Il secondo aspetto e' meno immediatamente evidente, e ha a che fare con la spirale di incremento dei requisiti e il suo effetto sui modelli esistenti.
Auto sempre piu' protette sono sempre piu' sicure ma sempre piu' pesanti. Dato che uno dei vincoli e presupposti base del test e' quello d'impatto con veicolo di pari massa, ne risulta che i veicoli "piu' sicuri" di oggi lo sono a danno di quelli di ieri, che sono sempre meno sicuri, perche' si devono confrontare con nuovi veicoli sempre piu' pesanti.
Ogni nuovo veicolo 5 stelle, dunque, non solo ha 5 stelle "illusorie" e destinate a durare solo fino al nuovo modello, ma degrada di fatto la sicurezza di tutti i veicoli attualmente circolanti, suoi potenziali "bersagli" in caso di incidente.
La soluzione?
Non ce n'e' una sola. Tanto per cominciare la rimozione del limite di "pari massa" potrebbe dare risultati molto piu' interessanti, ma si deve pensare al lato pratico: comporterebbe una quantita' di test molto maggiori, che si rifletterebbero in un notevole incremento dei costi di sviluppo e, infine, di vendita.
L'altra alternativa e' evitare di cedere alla scorciatoia dell'aumento delle dimensioni, che consente di ottenere facilmente risultati migliori perche' lascia maggiori spazi alle deformazioni che assorbono l'urto, ma comporta necessariamente un'aumento delle masse, e costruire invece modelli effettivamente piu' resistenti, capaci di assorbire piu' energia, con impatti controllati efficaci su dimensioni minori, per esempio adottando su larga scala la costruzione in materiali compositi. L'industria aeronautica e ogni forma di tecnologia, come quella dell'informatica, ci dimostrano che l'adozione su vasta scala di tecnologie avanzate permette una tale riduzione di costi che cio' che era tecnologia d'elite ieri diviene l'usa e getta di domani.