<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Retribuzioni italiane sempre più in difficoltà | Page 7 | Il Forum di Quattroruote

Retribuzioni italiane sempre più in difficoltà

Disoccupazione diminuisce, occupati aumentano e retribuzione media cala.

Che significa?

Non sempre gli occupati sono assunti regolarmente e con contratto di lavoro
Definizione
Occupato è chi svolge un lavoro. In particolare, sono occupate le persone dai 15 anni in su che hanno lavorato almeno un’ora durante la settimana di riferimento o erano assenti solo temporaneamente dal luogo di lavoro. La condizione di occupato non dipende dal compenso. Gli occupati possono essere retribuiti per il lavoro svolto o non ricevere un compenso ma lavorare per un guadagno familiare (ad esempio, nella ditta di famiglia). Inoltre, essere occupato prescinde dalla sottoscrizione di un contratto, ragione per cui sono considerati occupati anche i lavoratori irregolari.
https://www.openpolis.it/parole/che-cosa-si-intende-per-occupati-disoccupati-e-inattivi/
Io le statistiche le prendo sempre con le pinze. Mi ricordo sempre cosa disse o scrisse Trilussa. "Tu mangi due polli e io manco uno. Però statisticamente ne mangiamo uno a testa"
http://www.summagallicana.it/Emblemata/Proverbi/Trilussa/Il_pollo_di_Trilussa.htm
 
Probabilmente alla fine della fiera o hanno mantenuto invariati i propri margini o in certi casi li hanno pure aumentati avendo la scusa per aumentare i prezzi.
credo che tutte le aziende si siano mosse per tutelare la propria reddittività.. alcune si sono mosse pure in anticipo e dato che tutti aumentavano hanno colto l'occasione per adeguarsi..
 
Disoccupazione diminuisce, occupati aumentano e retribuzione media cala.

Che significa?
Paghe basse
e
part time.
E cosi' si salva la faccia,
riguardo
il numero degli occupati:
ma non dei consumi;
vista la scarsita' di piccioli che da questo genere di occupazione deriva.
 
Ultima modifica:
La coperta è sempre troppo corta...

Il termine «gradualità» ricorre più volte nel testo della delega fiscale votata definitivamente venerdì dal Senato, e a ragione, perché sia che si tratti della madre di tutte le imposte, ovvero l'Irpef, sia che si ragioni su Ires, Irap o Iva basta un intervento minimo per perdere miliardi di gettito. Anche per questa ragione la tanto propagandata flat tax estesa a tutti gli italiani, lavoratori dipendenti compresi, è già stata rinviata da tempo a fine legislatura. Stime molto prudenziali, infatti, segnalano che applicare a tutti un'aliquota del 15% costerebbe almeno 65 miliardi di euro.
Per questo si procederà per gradi, ma già il primo step ipotizzato, ovvero il passaggio da 4 a 3 aliquote Irpef, ha un costo significativo per le casse pubbliche. Secondo il governo per avviare da subito un'operazione del genere potrebbero bastare anche solo 4 miliardi di euro.
Ma in vista del varo della prossima legge di Bilancio, per quanto relativamente contenuta, una spesa del genere non è facile da mettere in conto. Anche perché […[ l'anno prossimo il governo non potrà non confermare il taglio del cuneo fiscale che scade a fine anno e si stima costi 10 miliardi di euro. E questa è solamente una delle spese da mettere in conto, poi ci sono le pensioni (compresa la nuova tornata di rivalutazioni), il rinnovo dei contratti pubblici, la necessità di rifinanziare per 4-5 miliardi la sanità e tanto altro ancora.
Le spese sono tante e le risorse sul tavolo certamente molto poche, visto che si parte infatti da una dotazione certa di appena 5-6 miliardi di euro. Rispetto all'Irpef, secondo alcune stime, passare dalle 4 aliquote di oggi costa tra 6 e 10 miliardi a seconda delle ipotesi. La prima, la più economica, prevede di lasciare invariata l'aliquota più bassa, quella del 23%, e la relativa fascia di reddito per accorpare al 28% le due aliquote centrali (oggi al 25 e 35%), lasciando invariata quella più alta. Per realizzare questa operazione occorre reperire all'incirca 6 miliardi.
Una seconda ipotesi costa, invece, 10 miliardi e prevede di mantenere sempre al 23% l'aliquota più bassa, alzando però da 15 a 28 mila euro la fascia di reddito a cui si applica e di fissare al 33% l'aliquota intermedia tra 28 e 50 mila euro, lasciando poi immutato il 43% di prelievo sopra 50 mila euro. […]
Cosa cambia passando da 4 a 3 aliquote Irpef come pensa di fare il governo […] ? E, soprattutto, chi ci guadagna (e quanto)? In generale, secondo le simulazioni della Fondazione nazionale dei commercialisti, le modifiche di riforma dell'Irpef ipotizzate sino ad oggi comportano guadagni in valore assoluto maggiori per i redditi più alti per via della struttura progressiva dell'Irpef a scaglioni, ma in termini relativi, i guadagni sono maggiori per le fasce più basse. Con qualche eccezione.
Se non si introducono correzioni, magari ampliando la no tax area, infatti, in base all'ipotesi che prevede di fissare al 28% l'aliquota centrale per i redditi compresi tra 15 e 50 mila euro, un contribuente che in un anno dichiara al Fisco 20 mila euro rischia di vedere aumentare (anziché scendere) il proprio carico fiscale che salirebbe di 150 euro l'anno, sia per i lavoratori dipendenti, che per i pensionati e gli autonomi. I primi, infatti, passerebbero dal dover versare 2.207 euro di tasse all'anno invece di 2.057, i secondi salirebbero a 3.635,13 mentre chi lavora in proprio dovrà versare 4.078 euro. In tutti gli altri casi, invece, il contribuente (da poco a tanto) ci guadagna.
Conti alla mano si vede che l'ipotesi di abbassare di 7 punti l'aliquota del 35% produce un guadagno abbastanza elevato in corrispondenza delle fasce reddituali dai 50.000 euro in su, qualcosa nell'ordine di 1.150 euro all'anno: entrambe le tre tipologie di contribuenti, infatti, con 50 mila euro di reddito lordo sarebbero chiamate a versare 13.250 euro anziché 14.400, mentre a quota 60 mila euro invece da 18.700 euro dovrebbero pagare 17.550 euro.
Nella fascia dei 35 mila euro, invece, si risparmierebbero 11 volte in meno delle fasce più alte, 100 euro appena, col lavoratore dipendente che verserà 7.682 euro anziché 7.782, il pensionato 8.572 anziché 8.672 e l'autonomo 8.709 invece di 8.809.
Nell'altra ipotesi, che prevede di alzare a quota 28 mila euro la prima fascia dell'Irpef tassata con l'aliquota più bassa del 23% e di fissare al 33% il prelievo sino a 50 mila euro, invece, in proporzione i guadagni sarebbero maggiori per le prime due soglie individuate e minori per quelle da 50.000 euro in su: sino a 20 mila euro si risparmierebbero infatti 100 euro l'anno (col dipendente che dovrebbe versare 1.957 euro anziché 2.057, il pensionato 3.385 e l'autonomo 3.828), per salire poi ad un risparmio di 400 euro annui dichiarandone 35 mila euro. Il dipendente, in questo caso, verserebbe 7.382 anziché 7.782, il pensionato 8.272 invece di 8.672 euro e l'autonomo 8.409 invece di 8.809.
Dai 50 mila euro in su per tutte e tre le categorie il risparmio sarebbe di 700 euro: dichiarando 50 mila si pagherebbero infatti 13.700 invece 14.400, con 60 mila andrebbero versati 18.000 euro anziché 18.700.
La Fondazione nazionale commercialisti ha elaborato una terza soluzione, una modifica più limitata abbassando di appena due punti la seconda aliquota intervenendo quindi solo sui redditi o sulla quota di redditi compresa tra 15 e 28 mila euro. In questo caso sino a 20 mila euro di reddito si avrebbe un risparmio di 100 e di 260 per tutte le fasce dai 28 mila euro in su.
Questi, dunque, i numeri che potremmo definire «grezzi» e che inevitabilmente dovranno essere corretti. Se si parla di No tax area, ad esempio l'indicazione è di privilegiare l'equiparazione tra i redditi di lavoro dipendente e i redditi di pensione. Oggi, la fascia, entro la quale non si pagano tasse è differente da soggetto a soggetto: vale infatti 8.174 euro per i dipendenti, 8.500 per chi è andato in quiescenza e 5.500 per gli autonomi.
Come conferma la stessa Fondazione nazionale dei commercialisti - in ogni caso - l'effetto finale della riforma dell'Irpef dipenderà dalle modifiche eventualmente apportate alla No tax rea e al sistema delle detrazioni e delle altre spese deducibili che potranno incidere in maniera significativa anche sui redditi più elevati a seconda delle scelte operate» (La Stampa)
 
La coperta è sempre troppo corta...

Il termine «gradualità» ricorre più volte nel testo della delega fiscale votata definitivamente venerdì dal Senato, e a ragione, perché sia che si tratti della madre di tutte le imposte, ovvero l'Irpef, sia che si ragioni su Ires, Irap o Iva basta un intervento minimo per perdere miliardi di gettito. Anche per questa ragione la tanto propagandata flat tax estesa a tutti gli italiani, lavoratori dipendenti compresi, è già stata rinviata da tempo a fine legislatura. Stime molto prudenziali, infatti, segnalano che applicare a tutti un'aliquota del 15% costerebbe almeno 65 miliardi di euro.
Per questo si procederà per gradi, ma già il primo step ipotizzato, ovvero il passaggio da 4 a 3 aliquote Irpef, ha un costo significativo per le casse pubbliche. Secondo il governo per avviare da subito un'operazione del genere potrebbero bastare anche solo 4 miliardi di euro.
Ma in vista del varo della prossima legge di Bilancio, per quanto relativamente contenuta, una spesa del genere non è facile da mettere in conto. Anche perché […[ l'anno prossimo il governo non potrà non confermare il taglio del cuneo fiscale che scade a fine anno e si stima costi 10 miliardi di euro. E questa è solamente una delle spese da mettere in conto, poi ci sono le pensioni (compresa la nuova tornata di rivalutazioni), il rinnovo dei contratti pubblici, la necessità di rifinanziare per 4-5 miliardi la sanità e tanto altro ancora.
Le spese sono tante e le risorse sul tavolo certamente molto poche, visto che si parte infatti da una dotazione certa di appena 5-6 miliardi di euro. Rispetto all'Irpef, secondo alcune stime, passare dalle 4 aliquote di oggi costa tra 6 e 10 miliardi a seconda delle ipotesi. La prima, la più economica, prevede di lasciare invariata l'aliquota più bassa, quella del 23%, e la relativa fascia di reddito per accorpare al 28% le due aliquote centrali (oggi al 25 e 35%), lasciando invariata quella più alta. Per realizzare questa operazione occorre reperire all'incirca 6 miliardi.
Una seconda ipotesi costa, invece, 10 miliardi e prevede di mantenere sempre al 23% l'aliquota più bassa, alzando però da 15 a 28 mila euro la fascia di reddito a cui si applica e di fissare al 33% l'aliquota intermedia tra 28 e 50 mila euro, lasciando poi immutato il 43% di prelievo sopra 50 mila euro. […]
Cosa cambia passando da 4 a 3 aliquote Irpef come pensa di fare il governo […] ? E, soprattutto, chi ci guadagna (e quanto)? In generale, secondo le simulazioni della Fondazione nazionale dei commercialisti, le modifiche di riforma dell'Irpef ipotizzate sino ad oggi comportano guadagni in valore assoluto maggiori per i redditi più alti per via della struttura progressiva dell'Irpef a scaglioni, ma in termini relativi, i guadagni sono maggiori per le fasce più basse. Con qualche eccezione.
Se non si introducono correzioni, magari ampliando la no tax area, infatti, in base all'ipotesi che prevede di fissare al 28% l'aliquota centrale per i redditi compresi tra 15 e 50 mila euro, un contribuente che in un anno dichiara al Fisco 20 mila euro rischia di vedere aumentare (anziché scendere) il proprio carico fiscale che salirebbe di 150 euro l'anno, sia per i lavoratori dipendenti, che per i pensionati e gli autonomi. I primi, infatti, passerebbero dal dover versare 2.207 euro di tasse all'anno invece di 2.057, i secondi salirebbero a 3.635,13 mentre chi lavora in proprio dovrà versare 4.078 euro. In tutti gli altri casi, invece, il contribuente (da poco a tanto) ci guadagna.
Conti alla mano si vede che l'ipotesi di abbassare di 7 punti l'aliquota del 35% produce un guadagno abbastanza elevato in corrispondenza delle fasce reddituali dai 50.000 euro in su, qualcosa nell'ordine di 1.150 euro all'anno: entrambe le tre tipologie di contribuenti, infatti, con 50 mila euro di reddito lordo sarebbero chiamate a versare 13.250 euro anziché 14.400, mentre a quota 60 mila euro invece da 18.700 euro dovrebbero pagare 17.550 euro.
Nella fascia dei 35 mila euro, invece, si risparmierebbero 11 volte in meno delle fasce più alte, 100 euro appena, col lavoratore dipendente che verserà 7.682 euro anziché 7.782, il pensionato 8.572 anziché 8.672 e l'autonomo 8.709 invece di 8.809.
Nell'altra ipotesi, che prevede di alzare a quota 28 mila euro la prima fascia dell'Irpef tassata con l'aliquota più bassa del 23% e di fissare al 33% il prelievo sino a 50 mila euro, invece, in proporzione i guadagni sarebbero maggiori per le prime due soglie individuate e minori per quelle da 50.000 euro in su: sino a 20 mila euro si risparmierebbero infatti 100 euro l'anno (col dipendente che dovrebbe versare 1.957 euro anziché 2.057, il pensionato 3.385 e l'autonomo 3.828), per salire poi ad un risparmio di 400 euro annui dichiarandone 35 mila euro. Il dipendente, in questo caso, verserebbe 7.382 anziché 7.782, il pensionato 8.272 invece di 8.672 euro e l'autonomo 8.409 invece di 8.809.
Dai 50 mila euro in su per tutte e tre le categorie il risparmio sarebbe di 700 euro: dichiarando 50 mila si pagherebbero infatti 13.700 invece 14.400, con 60 mila andrebbero versati 18.000 euro anziché 18.700.
La Fondazione nazionale commercialisti ha elaborato una terza soluzione, una modifica più limitata abbassando di appena due punti la seconda aliquota intervenendo quindi solo sui redditi o sulla quota di redditi compresa tra 15 e 28 mila euro. In questo caso sino a 20 mila euro di reddito si avrebbe un risparmio di 100 e di 260 per tutte le fasce dai 28 mila euro in su.
Questi, dunque, i numeri che potremmo definire «grezzi» e che inevitabilmente dovranno essere corretti. Se si parla di No tax area, ad esempio l'indicazione è di privilegiare l'equiparazione tra i redditi di lavoro dipendente e i redditi di pensione. Oggi, la fascia, entro la quale non si pagano tasse è differente da soggetto a soggetto: vale infatti 8.174 euro per i dipendenti, 8.500 per chi è andato in quiescenza e 5.500 per gli autonomi.
Come conferma la stessa Fondazione nazionale dei commercialisti - in ogni caso - l'effetto finale della riforma dell'Irpef dipenderà dalle modifiche eventualmente apportate alla No tax rea e al sistema delle detrazioni e delle altre spese deducibili che potranno incidere in maniera significativa anche sui redditi più elevati a seconda delle scelte operate» (La Stampa)

Rischiamo di entrare in discorsi proibiti per il forum, ma questa fissazione di ridurre il numero delle aliquote, veramente, non la capisco.
Tutti i paesi a economia evoluta hanno un numero di aliquote anche superiore al nostro che consente una progressività un po' meno fatta con l'accetta.
La Germania, addirittura, ha un'aliquota che varia progressivamente, tipo CVT, per firla in termini automobilistici.
Non vado a controllare, ma mi pare che gli USA abbiano 7 marce/aliquote.
Perché noi fobbismo scendere da 4 a 3, per inseguire il monomarcia/flat tax non la ho mai capita.
Che siano da rivedere le aliquote sono d'accordo, il 35% a 28.000 € grida vendetta, ma non è con la riduzione del numero fi aliquote che di migliorano le cose
 
Ultima modifica:
Rischiamo di entrare in discorsi proibiti per il forum, ma questa fissazione di ridurre il numero delle aliquote, veramente, non la capisco.
Tutti i paesi a economia evoluta hanno un numero di aliquote anche superiore al nostro che consente una progressività un po' meno fatta con l'accetta.
La Germania, addirittura, ha un'aliquota che varia progressivamente, tipo CVT, per firla in termini automobilistici.
Non vado a controllare, ma mi pare che gli USA abbiano 7 marce/aliquote.
Perché noi fobbismo scendere da 4 a 3, per inseguire il monomarcia/flat tax non la ho mai capita.
Che siano da rivedere le aliquote sono d'accordo, il 35% a 28.000 € grida vendetta, ma non è vongole la riduzione del numero fi aliquote che di migliorano le cose
Ma infatti, il numero di scaglioni e aliquote è una foglia di fico, il vero problema è la base imponibile per le imprese che è assurda e il carico fiscale sulle persone fisiche che è del tutto sproporzionato a ciò che si riceve.

Porto un esempio reale, di una soc coop per azioni di cui abbiamo approvato il bilancio lo scorso mese.:
utile ante imposte € 33.677
imposte € 28.242
utile dopo le imposte: € 5.435

Stiamo parlando di siggetti che da sempre hanno l'imposta proprorzionale che oggi fa chic chiamare flat tax (24% di Ires e 3,9% di Irap)

E non voglio sentire storie tipo "ah ma è una coop che ha tanti vantaggi" e menate varie: 5,8 i milioni di euro di fatturato, 5,3 mln di costo lordo del personale ovvero remunerazione dei soci, il resto sono normalissimi oneri di produzione.
 
il numero di scaglioni e aliquote è una foglia di fico, il vero problema è la base imponibile

Base imponibile che ogni anno, anche per i professionisti, a parità di fatturato, aumenta sempre ...

Sono arrivato alla conclusione che sia un regime ordinario che semplificato, non ci sia scampo. Ormai lavorare non è più redditizio, ma una semplice necessità fisiologica per sopravvivere, quasi quanto respirare.

E non va bene, perché anche così si è creata e si sta ampliando una nuova forma di schiavitù...
 
Base imponibile che ogni anno, anche per i professionisti, a parità di fatturato, aumenta sempre ...

Sono arrivato alla conclusione che sia un regime ordinario che semplificato, non ci sia scampo. Ormai lavorare non è più redditizio, ma una semplice necessità fisiologica per sopravvivere, quasi quanto respirare.

E non va bene, perché anche così si è creata e si sta ampliando una nuova forma di schiavitù...

Pure io, ormai, quello che faccio extra scuola, è più per "passatempo" che per quello che guadagno.
Credo che mi rimanga 1/3, dopo che ho pagato tutto.
 
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