Quando iniziai a fare i primi giretti sul motorino, la benzina costava 80 lire al litro, mentre oggi ne costa tremiladuecento, 40 volte tanto. Ciò significa che il prezzo è già aumentato a dismisura nel corso degli anni, senza che le vendite di auto si siano arrestate affatto, anzi. L'interesse dei compratori di automobili nei confronti degli effettivi consumi di carburante (e costi di esercizio in generale) si è sempre dimostrato irrisorio e comunque assai inferiore rispetto all'interesse nei confronti dei cavalli, delle turbine, delle finiture "di prestigio", degli accessori vistosi ecc.
Per arrivare (forse) ad imporre concrete e sistematiche rinunce negli spostamenti non necessari, che tutti facciamo (seppure in misure diverse), il prezzo del carburante dovrebbe non solo diventare almeno tre o quattro volte più alto ma anche farlo nel giro di qualche settimana. L'esperienza ha già dimostrato, infatti, che se il prezzo aumenta a dismisura gradualmente, ovvero nell'arco di alcuni semestri o anni, le rinunce non si fanno.
Se ad esempio il prezzo oggi raddoppiasse, la gita programmata per domani verrebbe a costare diciamo 30 o 40 euro in più, meno di quello che si spende per un pasto in trattoria. Per l'uscita di questa sera il sovrapprezzo sarebbe magari di 10 o 20 euro, cifra che molti frequentatori di locali, sebbene per nulla ricchi, spendono regolarmente con disinvoltura.
La maggior parte delle persone quindi pagherebbe quegli euro in più (si vive una volta sola, chi me lo fa fare, i soldi non sono tutto nella vita, dopo una settimana di lavoro...) e si concederebbe la gita o l'uscita serale.
Producendo contemporaneamente fiumi di lamentele e brontolamenti e "proteste" che, peraltro, nessun tipo di rinuncia o sacrificio comportano.
Nulla di vergognoso o illegittimo, ovviamente, specie se non condito di ipocrisia. Resta però un particolare, inconfutabile: non riducendo i propri acquisti e quindi dimostrando con i fatti di accettare le speculazioni, si contribuisce attivamente a convalidarle e favorirle.