Perché, ripeto, chi sono sti alfisti?
Bella domanda, roba da analisi sociologica, la fenomenologia dell' "alfista".
Quella futura poi, tutta da scrivere: si evolverà (ammesso che sia evoluzione), sparirà, muterà, mah....
Posso parlare di quello del passato, magari potremo capire se esistono dei presupposti comuni, dei fattori immutabili potenzialmente applicabili anche a quelli del futuro.
Un alfista non significava solo possedere un'auto del Biscione. Era un vero e proprio stile di vita, che si contraddistingueva per una passione sfrenata per il marchio e per i suoi valori.
Forse valori è un parola grossa, ma per taluni l' alfismo era una vera e propria religione.
Significava essere innanzitutto un appassionato di motori, e considerare l' auto non semplice mezzo di trasporto, ma un'estensione di sé, del proprio ego. Il vero alfista amava guidare in modo sportivo e godersi le prestazioni della sua vettura; poteva essere una berlina, ma la sua berlina Alfa era come quella che "vinceva le corse".
C'era nostalgia e amore per la tradizione, c'era rispetto per la storia del marchio e suoi iconici modelli, per i piloti di cui raccontare le gesta eroiche.
L' alfista però non era solo meccanico, ma pure poeta ed esteta: attento al design, alle linee, alle curve, alla bellezza ed eleganza di vetture che per lui erano delle vere e proprie opere d' arte.
E vogliamo parlare della fedeltà al marchio? Non c' erano mode per lui: il suo mantra era "non avrai altra auto all' infuori di Alfa". Per sempre.
Un credo (sì un vero credo) che doveva condividere con i suoi simili: raduni, eventi erano un obbligo da santificare.
Ovviamente emergono anche aspetti criticabili (e criticati): i tratti distintivi dell' alfista primordiale spesso sono diventati dei stereotipi non sempre positivi.
Individualista e ribelle, amante del rischio (un pizzico di follia è ciò che contraddistingue un vero alfista, che non ha paura di mettersi alla prova e di osare), il tutto contornato (almeno fino a un decennio fa più o meno) da un certo maschilismo se non machismo, se guardiamo la cosa con gli occhi di oggi. Innegabile che l'auto stessa era spesso vista come un simbolo di virilità e di potere (questo ovviamente non solo per Alfa). Non a caso però, le Alfa Romeo erano spesso guidate da uomini facoltosi e di successo, oppure era la vettura delle forze dell' ordine, spesso auto blu degli uomini del potere politico.
Anche della malavita.
Oggi la società vuole essere inclusiva: desiderio e valore sicuramente positivo e condivisibile. Viene da porsi il problema se l' alfista di oggi (o almeno chi pensa di esserlo o chi vorrebbe diventarlo) che vive in questa società in evoluzione (volente o dolente) ha ancora senso di esistere, considerati quei particolari tratti che lo caratterizzavano?
Io credo che l'identità alfista è sicuramente in evoluzione, dovendo confrontarsi con una società che pone sempre più attenzione a valori come l'inclusività e l'eguaglianza.
E come dice una AI interrogata da me sulla questione di come dovrebbe essere l' alfista del futuro", sentite un po': "
L'alfista del futuro sarà colui che saprà coniugare la passione per la tradizione con i valori della società odierna, creando un'identità più moderna, aperta e inclusiva. In questo modo, l'alfismo potrà continuare a vivere e ad essere un punto di riferimento per tutti gli appassionati di auto sportive e del marchio Alfa Romeo. In fondo, ciò che conta è la passione per le Alfa Romeo e il piacere di guidare. Se questi valori sono condivisi da tutti, l'alfismo non solo ha senso di esistere, ma ha anche un grande potenziale per crescere e svilupparsi.
In quest' ottica l' Alfa Romeo Milano ha il suo perchè.