Non ci servite più.
E adesso ve ne potete andare.
Questo il messaggio che le 'ndrine hanno voluto dare ai braccianti»:
ossia i meno docili, ma trattati in maniera più disumana.
E che alla fine si sarebbero ribellati.
Sergio Genco coordina la Cgil calabrese e sui motivi della «seconda
rivolta» dei migranti di Rosarno ha idee chiare.
Il mercato di arance e clementine è asfittico, i prezzi sono crollati, molti
piccoli produttori lasceranno marcire i frutti sui rami pur di non
affrontare i costi della manodopera alla raccolta, e i rosarnesi e le cosche
infiltrate nel mediazione tra produttore e consumatore non volevano più la
massa di lavoratori irregolari, oltre 1200, deportati tra sabato e domenica
dai «lager» Rognetta, Opera sila e Colline di Rizziconi.
«I clementini? Per me sui rami possono marcire! Ma almeno non mi devo vedere
tutti questi neri tra i piedi!»;
il signor Giovinazzo abita in contrada Bosco, dove i braccianti inferociti
della ex Opera Sila giovedì sera hanno dato alle fiamme la vettura della
31enne Antonella Bruzzese, picchiandola e intimidendo i suoi due figli di 10
e 2 anni,e scatenando così la più violenta delle ritorsioni rosarnesi di
questi giorni.
Allo «Spartimento» il quadrivio <CS9.6>tra Statale 18 e la poderale per il
mega Inceneritore della Piana, per giorni gli abitanti del posto hanno
atteso al passo con le mazze i migranti uscissero in fuga per vendicarsi.
Ma molti di loro prima impiegavano gli immigrati nei loro «giardini», come i
calabresi chiamano i fondi agricoli.
Ma da un paio d'anni a questa parte, non più.
Da quando la politica agricola dell'unione europea è cambiata con l'ingresso
di Romania e Bulgaria, mutando il sistema dei rimborsi per gli agrumeti.
«All'agricoltore calabrese, come in tutto il Meridione, paradossalmente
entrano più soldi in tasca a lasciare i frutti marcire,che a farli
raccogliere dagli intermediari che li destinano alle industrie della
trasformazione insucchi e marmellate - spiega Antonino Calogero, un
sindacalista di Gioja Tauro che studia la filiera produttiva degli agrumi da
decenni - i prezzi sono crollati a 6 centesimi al chilo per le arance».
Più remunerative le clementine, i mandarini della Piana: ben 10 centesimi
per chilo raccolto «sulla pianta».
L'associazione di categoria Coldiretti precisa che il prezzo delle arance
dall'albero alla nostra tavola subisce una moltiplicazione del 474 percento.
Cifre folli, e con un prezzo indicato dai rappresentanti degli agricoltori
che non rispecchiano nemmeno i reali prezzi contrattati al mattino dai
contadini con i capibastone che acquistano per le 'ndrine locali, padrone
del settore.
Per Coldiretti il prezzo delle arance è 27 centesimi al chilo per il frutto
da tavola.
I «purtualli» (per un calabrese) destinati al succo di frutta non vengono
pagati più di 6 centesimi al chilo.
«I rimborsi Ue con il nuovo sistema comunitario, garantiscono una resa
maggiore per ettaro» spiega Calogero. prima si pagava l'agricoltore per i
quintali prodotti dai fondi, certificati dalla Regione;
ora i soldi vengono rifondati a seconda degli ettari di terra posseduti, e
dichiara di aver coltivato;
se lamenta invenduto si consola con gli euro di Bruxelles.
Se consideriamo che anche pagando in nero i braccianti 20 euro algiorno,
per cassetta di arance raccolte il costo di raccolta non scende sotto gli
8centesimi.
Raccogliere è un gioco al ribasso.
Ecco perché i migranti di Rosarno erano diventati un peso.
«Ai pochi che ancora volessero raccogliere i frutti, o i grandi possidenti
che su tonnellate di prodotto raccolto, hanno ancora un utile, bastano e
avanzano i rumeni, ucraini bulgari e maghrebini residenti in città, quasi
tutti in case in affitto» - spiega Pino, un ex bracciante alla «Casa del
popolo Valarioti», nel centro città.
Era già così l'anno scorso; chi si fosse avventurato sulla statale 18 alle 6
del mattino con Gabriele Del Grande, il blogger di «Fortress Europe» e
studioso della migrazione, avrebbe passato una mattinata insieme a ragazzi
maliani, burkinabè e senegalesi che aspettavano invano agli angoli delle
strade perché le porte dei furgoncini dei «capi neri» (come i migranti
chiamavano i caporali del primo livello, gli sfruttatori extracomunitari,
unici a poter trattare prezzi e disponibilità di giornata con i caporali
calabresi) si aprissero per portarli a lavorare.
Già nell'inverno 2009 i «neri» non erano più graditi dopo aver osato
manifestare contro la 'ndrina per le strade rosarnesi nel dicembre 2008.