Un gruppo di skate-boy vicentini che supplicano gli agenti di non multare quella macchina. Una signora che insorge: «Come sarebbe, questo è divieto, portatela via!». Arriva un carro attrezzi, i ragazzi insistono come se il bolide nero in questione fosse loro, la signora invece rema contro in nome della legge uguale per tutti, mentre gli operatori, confusi dall'incomprensibile baccano, tentano di infilare l'asse sotto il pianale per sollevare l'R8 dai vetri neri, qualcosa di mai visto a Vicenza.
Il ferro non passa perché l'auto è bassa come quella di Batman, si giustificano gli addetti. «Macché, non hanno voluto rimuoverla», accusa la signora. Alla fine il poliziotto sceglie la terza via che scontenta un po' tutti: multa da 36 euro per divieto di sosta. «Potevano lasciar perdere, dai, eh, azz, è l'R8 di Mario Balotelli, Ba-lo-telli », si dispiacciono i giovani scuotendo la testa e rivelando il loro tifo incondizionato nerazzurro. «I soldi quello ce li ha, paghi», sentenzia l'elegante madame dall'accento straniero che lavora nel vicino negozio beauty e che alla fine allarga le braccia: «Non tifo per nessuno io, solo per la giustizia. Quello l'ha messa dove non si può e io ho chiamato il carro». Chapeau, annuisce un signore col cappello che forse non conosce Supermario. Strega, pensano i giovani interisti che vorrebbero gonfiarla. Vicenza, ore 18, via Verdi. Succede tutto sulle strisce gialle riservate ai residenti, dove Mario Balotelli ha parcheggiato senza accorgersi del divieto giallo e dei lampi blu sputati a poca distanza da una pantera della stradale. Ieri sera l'attaccante italiano più discusso era infatti a Vicenza. Ha visto il posto libero, ha piazzato la Superauto e si è precipitato con il fratello Corrado e l'avvocato vicentino Vittorio Rigo all'Associazione italiana calciatori (Aic), un po' il sindacato dei tesserati di A B e Lega pro che a Vicenza ha addirittura la sede nazionale. Lì lo aspettava Gianni Grazioli, il segretario generale e amministratore delegato. Giubbotto militare, jeans, scarpe da tennis e solita aria seria e sospettosa. «Bellisssima città Vicenza, bella come Verona, è la prima volta che vengo qui e che la vedo», dice ignorando che nel frattempo i vicentini si stavano disputando il suo gioiello a quattro ruote. Viene solleticato sul caso «razzismo Chievo-Verona» da un paio di giornalisti che lo aspettavano all'interno dell'Aic e che lui non pensava di trovare, a giudicare dall'espressione stupita e dal fare circospetto. Quella volta a Verona non aveva usato perifrasi: «Più gioco qui e più il pubblico di Verona mi fa schifo».
La città scaligera l'aveva bollato come immaturo e lui aveva fatto retromarcia. Ora è tornato segretamente nel Veneto, per parlare di contratti e per una visita di cortesia all'Associazione. Ma Inter, Mourinho, il Milan, la Nazionale sono argomenti intoccabili, dice Corrado. Vedrai i Mondiali? «Andrò in vacanza e non penso di andare in una capanna, quindi il Mondiale lo vedrò in televisione», banalizza Supermario. Poi osserva i calciatori in miniatura della vetrinetta dell'associazione. «Non ci sono io!». Grazioli gli spiega che sono le vecchie glorie del calcio, non le star diciannovenni. «Fra qualche anno faremo fare anche il tuo e lo mettiamo con gli altri», dice il segretario. «No, lo dai a me», fa la battuta lui. Qualcuno parla dell'ultima lista di Lippi e del fatto che ha lasciato a casa Legrottaglie inserendo Giuseppe Rossi. «Ha ragione», si fa scappare stimolando una smorfia di disappunto nel volto più maturo del fratello italiano Corrado. Balotelli guarda l'ora sul cipollone bianco- oro che ha al polso e decide che è meglio salutare. Sui sanpietrini del centro è come se passasse un novello Mosè. Bocche aperte, teste rotanti, foto, autografi. Lui è molto disponibile, firma quaderni, libri, maglie a ragazzine, madri, nonne. Talvolta sorride. Entra nella chiesa dei Filippini perché qualcosa lo incuriosisce. «E' un ragazzo colto», scherza l'avvocato. Ci vieni mai in Veneto, Mario? «Sì che ci vengo, vado spesso al Gardaland». Risata. Piazza Castello, corso Palladio. E qui arriva il gruppo di interisti che nel frattempo si era battuto strenuamente con la polizia vicentina per evitare la rimozione, aspettandolo. La macchina è il pretesto dell'aggancio. «Mario, guarda che la polizia te la stava portando via, noi gliel'abbiamo detto e alla fine ti hanno messo solo una multa, posso fare una foto?...». Supermario si preoccupa, guarda Corrado, cerca di capire cosa sta succedendo e, naturalmente, sospetta. L'avvocato Rigo scherza. «Ridi ridi - gli dice lui e sembra serio -. Guarda che se non la trovo me la prendi tu». E' come vedere una delle sue bizze calcistiche. Dribbla dunque la folla, si affretta in via Verdi, cerca con gli occhi il bolide e finalmente lo vede. Tempo trenta secondi e l'auto viene presa d'assalto da fan di ogni tipo. Le righe gialle, le luci blu. «Il gialloblù per te è una maledizione, Mario», dice un tipo alludendo al Chievo. Mentre sale nell'R8 arriva un gruppo di ghanesi che rischiano la mano per tenere aperto il suo finestrino. «Mario, per favore». «Mario, dove vai». «Mario, il mio nome è...». Lui ascolta gentilmente, abbozza un ultimo sorriso, poi torna serio, chiude il cristallo e se ne va.
CORSERA
Il ferro non passa perché l'auto è bassa come quella di Batman, si giustificano gli addetti. «Macché, non hanno voluto rimuoverla», accusa la signora. Alla fine il poliziotto sceglie la terza via che scontenta un po' tutti: multa da 36 euro per divieto di sosta. «Potevano lasciar perdere, dai, eh, azz, è l'R8 di Mario Balotelli, Ba-lo-telli », si dispiacciono i giovani scuotendo la testa e rivelando il loro tifo incondizionato nerazzurro. «I soldi quello ce li ha, paghi», sentenzia l'elegante madame dall'accento straniero che lavora nel vicino negozio beauty e che alla fine allarga le braccia: «Non tifo per nessuno io, solo per la giustizia. Quello l'ha messa dove non si può e io ho chiamato il carro». Chapeau, annuisce un signore col cappello che forse non conosce Supermario. Strega, pensano i giovani interisti che vorrebbero gonfiarla. Vicenza, ore 18, via Verdi. Succede tutto sulle strisce gialle riservate ai residenti, dove Mario Balotelli ha parcheggiato senza accorgersi del divieto giallo e dei lampi blu sputati a poca distanza da una pantera della stradale. Ieri sera l'attaccante italiano più discusso era infatti a Vicenza. Ha visto il posto libero, ha piazzato la Superauto e si è precipitato con il fratello Corrado e l'avvocato vicentino Vittorio Rigo all'Associazione italiana calciatori (Aic), un po' il sindacato dei tesserati di A B e Lega pro che a Vicenza ha addirittura la sede nazionale. Lì lo aspettava Gianni Grazioli, il segretario generale e amministratore delegato. Giubbotto militare, jeans, scarpe da tennis e solita aria seria e sospettosa. «Bellisssima città Vicenza, bella come Verona, è la prima volta che vengo qui e che la vedo», dice ignorando che nel frattempo i vicentini si stavano disputando il suo gioiello a quattro ruote. Viene solleticato sul caso «razzismo Chievo-Verona» da un paio di giornalisti che lo aspettavano all'interno dell'Aic e che lui non pensava di trovare, a giudicare dall'espressione stupita e dal fare circospetto. Quella volta a Verona non aveva usato perifrasi: «Più gioco qui e più il pubblico di Verona mi fa schifo».
La città scaligera l'aveva bollato come immaturo e lui aveva fatto retromarcia. Ora è tornato segretamente nel Veneto, per parlare di contratti e per una visita di cortesia all'Associazione. Ma Inter, Mourinho, il Milan, la Nazionale sono argomenti intoccabili, dice Corrado. Vedrai i Mondiali? «Andrò in vacanza e non penso di andare in una capanna, quindi il Mondiale lo vedrò in televisione», banalizza Supermario. Poi osserva i calciatori in miniatura della vetrinetta dell'associazione. «Non ci sono io!». Grazioli gli spiega che sono le vecchie glorie del calcio, non le star diciannovenni. «Fra qualche anno faremo fare anche il tuo e lo mettiamo con gli altri», dice il segretario. «No, lo dai a me», fa la battuta lui. Qualcuno parla dell'ultima lista di Lippi e del fatto che ha lasciato a casa Legrottaglie inserendo Giuseppe Rossi. «Ha ragione», si fa scappare stimolando una smorfia di disappunto nel volto più maturo del fratello italiano Corrado. Balotelli guarda l'ora sul cipollone bianco- oro che ha al polso e decide che è meglio salutare. Sui sanpietrini del centro è come se passasse un novello Mosè. Bocche aperte, teste rotanti, foto, autografi. Lui è molto disponibile, firma quaderni, libri, maglie a ragazzine, madri, nonne. Talvolta sorride. Entra nella chiesa dei Filippini perché qualcosa lo incuriosisce. «E' un ragazzo colto», scherza l'avvocato. Ci vieni mai in Veneto, Mario? «Sì che ci vengo, vado spesso al Gardaland». Risata. Piazza Castello, corso Palladio. E qui arriva il gruppo di interisti che nel frattempo si era battuto strenuamente con la polizia vicentina per evitare la rimozione, aspettandolo. La macchina è il pretesto dell'aggancio. «Mario, guarda che la polizia te la stava portando via, noi gliel'abbiamo detto e alla fine ti hanno messo solo una multa, posso fare una foto?...». Supermario si preoccupa, guarda Corrado, cerca di capire cosa sta succedendo e, naturalmente, sospetta. L'avvocato Rigo scherza. «Ridi ridi - gli dice lui e sembra serio -. Guarda che se non la trovo me la prendi tu». E' come vedere una delle sue bizze calcistiche. Dribbla dunque la folla, si affretta in via Verdi, cerca con gli occhi il bolide e finalmente lo vede. Tempo trenta secondi e l'auto viene presa d'assalto da fan di ogni tipo. Le righe gialle, le luci blu. «Il gialloblù per te è una maledizione, Mario», dice un tipo alludendo al Chievo. Mentre sale nell'R8 arriva un gruppo di ghanesi che rischiano la mano per tenere aperto il suo finestrino. «Mario, per favore». «Mario, dove vai». «Mario, il mio nome è...». Lui ascolta gentilmente, abbozza un ultimo sorriso, poi torna serio, chiude il cristallo e se ne va.
CORSERA