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Canone Rai trasparente
Il Consiglio di stato blocca il decreto sul pagamento in bolletta
(Italia Oggi del 15 aprile 2016, pag. 35, di Giorgia Pacione Di Bello )
Il governo dovrà chiarire che cosa si intenda per apparecchio televisivo su cui sarà dovuto il canone tv. A chiederlo è stata la sezione consultiva del Consiglio di stato attraverso il parere 615/2016 pubblicato ieri, a seguito dell'esame del decreto del Ministero dello sviluppo economico (Mise) sul pagamento del canone tv in bolletta. Dall'esame, che nei fatti ha bloccato il via libera al decreto proprio per il supplemento di informazioni richiesto dai giudici, si «rileva che nel testo del regolamento manca un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo, la cui detenzione comporta il pagamento del relativo canone di abbonamento e al fatto che il succitato canone deve essere corrisposto per un apparecchio, prescindendo dall'effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo utente». Questo aspetto risulta di particolare importanza visto che la tecnologia ha messo a disposizione diversi apparecchi (come smartphone, e tablet) che permettono la visione di programmi Rai anche in remoto. Quello che chiedono i giudici di Palazzo Spada è quindi che nel regolamento sia specificato che il canone tv sia dovuto solo a fronte del possesso di uno o più apparecchi televisivi in grado di ricevere il segnale del digitale terreste o satellitare direttamente o indirettamente, tramite un decoder. Questo «costituirebbe un elemento informativo particolarmente utile per i cittadini sia in relazione agli obblighi contributivi che i medesimi dovranno assolvere sia in riferimento all'autodichiarazione concernente il mancato possesso di apparecchi e alle conseguenze di carattere penale che possono derivare da una dichiarazione mendace, in base alle norme vigenti in materia». L'aspetto interessante è come il Consiglio di stato non abbia tenuto conto della nota del Mise del 2012, dove in una tabella si riassume quali sono gli apparecchi atti e adattabili alla ricezione della radiodiffusione e quali apparecchi invece non lo sono. La Sezione rileva, anche, che a causa del procedimento di addebito e riscossione del canone tv, saranno necessarie misure di tutela della privacy, che ad oggi non sono previste nel decreto Mise. Questo perché ci dovrebbe essere uno scambio di dati fra gli enti coinvolti nell'attività di riscossione del canone quali l'anagrafe tributaria, l'autorità per l'energia e il gas e il sistema idrico. Si è altresì rilevato che non tutte le norme, presenti nel decreto Mise, risultano di facile comprensione, tenendo conto dell'ampia platea a cui il legislatore si vuole rivolge. Dal parere della Sezione emerge, inoltre, che non sono previste forme adeguate di pubblicità per tutti gli adempimenti previsti per gli utenti (come la richiesta del rimborso ) che agevolerebbero l'applicazione delle norme. La conclusione, come già anticipato da ItaliaOggi (14/03/2016) è che la Sezione consultive sospende il suo parere in attesa che il Mise apporti le adeguate modifiche al decreto.
Il Consiglio di stato blocca il decreto sul pagamento in bolletta
(Italia Oggi del 15 aprile 2016, pag. 35, di Giorgia Pacione Di Bello )
Il governo dovrà chiarire che cosa si intenda per apparecchio televisivo su cui sarà dovuto il canone tv. A chiederlo è stata la sezione consultiva del Consiglio di stato attraverso il parere 615/2016 pubblicato ieri, a seguito dell'esame del decreto del Ministero dello sviluppo economico (Mise) sul pagamento del canone tv in bolletta. Dall'esame, che nei fatti ha bloccato il via libera al decreto proprio per il supplemento di informazioni richiesto dai giudici, si «rileva che nel testo del regolamento manca un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo, la cui detenzione comporta il pagamento del relativo canone di abbonamento e al fatto che il succitato canone deve essere corrisposto per un apparecchio, prescindendo dall'effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo utente». Questo aspetto risulta di particolare importanza visto che la tecnologia ha messo a disposizione diversi apparecchi (come smartphone, e tablet) che permettono la visione di programmi Rai anche in remoto. Quello che chiedono i giudici di Palazzo Spada è quindi che nel regolamento sia specificato che il canone tv sia dovuto solo a fronte del possesso di uno o più apparecchi televisivi in grado di ricevere il segnale del digitale terreste o satellitare direttamente o indirettamente, tramite un decoder. Questo «costituirebbe un elemento informativo particolarmente utile per i cittadini sia in relazione agli obblighi contributivi che i medesimi dovranno assolvere sia in riferimento all'autodichiarazione concernente il mancato possesso di apparecchi e alle conseguenze di carattere penale che possono derivare da una dichiarazione mendace, in base alle norme vigenti in materia». L'aspetto interessante è come il Consiglio di stato non abbia tenuto conto della nota del Mise del 2012, dove in una tabella si riassume quali sono gli apparecchi atti e adattabili alla ricezione della radiodiffusione e quali apparecchi invece non lo sono. La Sezione rileva, anche, che a causa del procedimento di addebito e riscossione del canone tv, saranno necessarie misure di tutela della privacy, che ad oggi non sono previste nel decreto Mise. Questo perché ci dovrebbe essere uno scambio di dati fra gli enti coinvolti nell'attività di riscossione del canone quali l'anagrafe tributaria, l'autorità per l'energia e il gas e il sistema idrico. Si è altresì rilevato che non tutte le norme, presenti nel decreto Mise, risultano di facile comprensione, tenendo conto dell'ampia platea a cui il legislatore si vuole rivolge. Dal parere della Sezione emerge, inoltre, che non sono previste forme adeguate di pubblicità per tutti gli adempimenti previsti per gli utenti (come la richiesta del rimborso ) che agevolerebbero l'applicazione delle norme. La conclusione, come già anticipato da ItaliaOggi (14/03/2016) è che la Sezione consultive sospende il suo parere in attesa che il Mise apporti le adeguate modifiche al decreto.