Va bene. Facciamo in modo che il 30% di ciò che è indispensabile venga prodotto in Italia. Ovviamente, prodotto, non assemblato. Quindi, per produrre il 30% dei televisori, dei telefonini, in genere della strumentazione elettronica dobbiamo produrre in casa microprocessori adeguati, schermi led, oled o simili, ecc… Peccato che la nostra industria non sia attrezzata per farlo, e ciò ci costringerebbe ad importare i componenti coreani o cinesi. Per colmare il gap tecnologico su questi componenti quanto ci servirebbe in tempo e denaro? ovviamente con la regola del 30% non possiamo comprare i brevetti all’estero. E mentre noi costruiamo la base tecnologica, gli altri vanno avanti, inventando prodotti sempre migliori.
Altra ovvietà: il 30% che produciamo non deve sfigurare troppo nel contesto mondiale. I consumatori non sono sciocchi, non comprano prodotti inferiori. E se vengono costretti a comprarli, scendono in piazza con i forconi (o votano per l’opposizione). E se per convincere gli Italiani a comprare il 30% "autarchico" vengono imposti dazi, il resto del mondo mette dazi su vino, olio d’oliva, Ferrari…
Il nostro 30% purtroppo l’abbiamo perso quando investitori italiani (e il direttore dei Telegrafi del Regno delle due Sicilie, Settimio Volpicelli) rifiutarono i finanziamenti ad Antonio Meucci che tentava di brevettare negli States il suo "telettrofono", quando il ministro delle Poste e Telegrafi neanche rispose alle lettere di Guglielmo Marconi che descrivevano il telegrafo senza fili, quando Enrico Fermi emigrò negli States per sfuggire alle leggi razziali, quando Federico Faggin fu capo progetto dell'Intel 4004 e responsabile dello sviluppo dei microprocessori 8008, 4040 e 8080 – ovviamente negli States… e così via fino ai giorni nostri.[/QUOTE
Hai ragione, il problema della ricerca è "fuga di cervelli",un problema che mi sono posto anch'io. Il problema è che in Italia non si riesce a fare ricerca e finanziaria. La mia soluzione che a moltissimi non piacerà, ma penso sia una casa da prendere in considerazione. Qual è una tassa.. , si, si. Una tassa, che tutti dobbiamo pagare. Dico tutti, e in proporzione ai redditi. Sento già i commenti, "Assurdo" , *non ci penso neanche morto", "un'altra ancora". Certo vogliamo, andare avanti nello sviluppo industriale, informatico, agricolo, sanitario, educativo, allora bisogna investire denaro. Sicuramente, io che sono in un settore voglio che i miei soldi vengano investiti in un determinato campo, logico..ma questo deve seguire prima certe priorità di beni Indispensabili. Un esempio molto semplice, Teleton ha finanziato la ricerche su malattie rare, questo ha permesso all'italia di diventare un punto di riferimento mondiale su questo settore. Cosa voglio dire, che in Italia si può fare ricerca e ottenere grandi risultati. La scuola, l'università e la ricerca, non parlano con il mondo del lavoro, eppure tutti questi soggetti vorrebbero interlocutore tra di loro, ma non ci riescono. C'è un blocco, generazionale, culturale, diffidenza, mancanza di confronto o paura di cambiare, non saprei quale di questi, ma forse un po' di tutto. Qui interviene lo stato, e obbliga tutti a partecipare alla ricerca. Offre a tutti dei "pacchetti di ricerca", da" finaziare" con la propria tassa.. Assurdo, utopia, perché?
Fa' pausa la ricerca? O perché abbiamo paura di non riuscire? I paesi che investono in ricerca, hanno un reddito più alto e un tenore di vita migliore. Basterebbe questo per giustificare una tassa sulla ricerca. Immagino i commenti, "Ma sei ubriaco? Ma cosa ti sei fumato? Hai preso una botta in testa?". Non importa, importante per me è fatti pensare, metterti dei dubbi, fatti vedere che c'è anche un'altra prospettiva. Non ci sono situazioni irreversibile, tutto può cambiare basta provare. Non ci sono certe, abbiamo perso la tecnologia e gli altri sono troppo avanti... Forse no. Io dico solo una cosa, di certo c'è solo la morte. Il coronavirus lo stato dimostrando, non ci sono cose certe.. Ci vuole solo impegno.