<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> Giovani ed emigrazione + lavoro | Page 19 | Il Forum di Quattroruote

Giovani ed emigrazione + lavoro

sempre pensato che io vivo in un paese per un contratto non scritto tra me e lo stesso, se il contratto non mi soddisfa più sono in diritto di guardarmi altrove. Detta così sembra brutta perchè vivere socialmente in un paese dovrebbe basarsi anche su altri valori, ma francamente dalla mia generazione in poi ne abbiamo dovuti digerire di rospi per poi sentirsi anche dire che siamo generazioni non più come quelle di una volta, alla fine quindi chi se ne va lo capisco in pieno, dovrebbe essere chi resta che si dovrebbe impegnare per far si che chi è andato via abbia più di un motivo per tornare.
 
Un conto è vivere bene (ecnomicamente parlando). Un altro è godere di tutte le opportunità che altri paesi offrono, in tema di servizi e burocrazia. E comunque, anche ben formato, un ingegnere, un medico o un professionista analogo guadagna meno della metà dei colleghi d'oltralpe.
i confronti di stipendio lasciano il tempo che trovano perchè vanno parametrati al costo della vita in generale.
Se uno guadagna il doppio ma poi le case costano il triplo il potere d'acquisto è più basso.
Poi se prendiamo uno dei Paesi d'oltralpe ci sono anche là città più o meno care di altre e non dovunque il potere d'acquisto è lo stesso.

Con questo non voglio però negare che ci siano situazioni significativamente migliori delle nostre, ma che trasferirsi comporta anche dei sacrifici e delle rinunce per cui non sempre ne vale la pena.
Diversamente tutti noi, invece di lamentarci, ci saremmo concretamente trasferiti.

Chiudo poi dicendo che c'è una parte significativa del pianeta che se la passa decisamente peggio di noi e forse dovremmo anche apprezzare la fortuna che abbiamo ad essere nati italiani
 
Sinceramente sono contento di aver vissuto la mia gioventù e l'età lavorativa tra gli anni '70 e il 2019, anno della pensione. Il lavoro non mancava, almeno nella mia città, come si usava dire qui da me "Come scendi dal letto un posto di lavoro lo trovi" e in effetti era così. Tanti lavoratori venuti dal sud. Io, essendomi fermato alla 3^ media, non potevo pretendere chissà che, eppure il primo lavoro fu dietro a una scrivania all'INA assicurazioni, poi operaio chimico, poi magazziniere, autista e commesso in un ingrosso/negozio di giocattoli e alla fine collaboratore scolastico (bidello) + un periodo con partita IVA come rappresentante di giocattoli, in contemporanea del bidello. In tutti i lavori c'era il pro e il contro. O il tipo di lavoro, oppure lo stipendio o i colleghi. Adesso me la sto godendo, io e la moglie siamo in pensione, non ci sentiamo ancora vecchi (66 io, 63 lei) facciamo i nonni e appena possiamo ci regaliamo un viaggetto di 4/5 giorni. Certo se penso alle mie figlie che chissà a quanti anni andranno in pensione e con che cifra, non le invidio di certo. Come detto prima, penso proprio che chi è nato negli anni 50/60 ha vissuto il periodo migliore di questa nazione. Da piccolo non c'era niente e quando dico niente vuol dire niente. No frigorifero, no lavatrice, no telefono, no televisione. Tutte queste cose sono arrivate a in casa mia a metà degli anni '60. La prima auto nel '68. Poi certamente è vero che oggigiorno ci sono più possibilità, la vita è nettamente migliore. L'importante è essere felici di quello che si ha e non essere infelici per quello che si vuole avere.
 
Un conto è vivere bene (ecnomicamente parlando). Un altro è godere di tutte le opportunità che altri paesi offrono, in tema di servizi e burocrazia. E comunque, anche ben formato, un ingegnere, un medico o un professionista analogo guadagna meno della metà dei colleghi d'oltralpe.
Però è anche vero che all'estero la vita costa di più. Non in tutti gli stati, ma in qualcuno sì. Prendi ad esempio la Svizzera. L'ideale sarebbe lavorare là e vivere in Italia. Se penso che 8/9 anni fa a Lucerna una pizza margherita costava 17€, mi sembra giusto che lo stipendio sia più alto del nostro. Al contrario qui in Italia, per esempio, il mio ultimo lavoro (bidello) ero pagato, qui in Lombardia con la stessa cifra che prendeva un bidello in un paesino del meridione, solo che il costo della vita è un po' diverso
 
Sinceramente sono contento di aver vissuto la mia gioventù e l'età lavorativa tra gli anni '70 e il 2019, anno della pensione. Il lavoro non mancava, almeno nella mia città, come si usava dire qui da me "Come scendi dal letto un posto di lavoro lo trovi" e in effetti era così. Tanti lavoratori venuti dal sud. Io, essendomi fermato alla 3^ media, non potevo pretendere chissà che, eppure il primo lavoro fu dietro a una scrivania all'INA assicurazioni, poi operaio chimico, poi magazziniere, autista e commesso in un ingrosso/negozio di giocattoli e alla fine collaboratore scolastico (bidello) + un periodo con partita IVA come rappresentante di giocattoli, in contemporanea del bidello. In tutti i lavori c'era il pro e il contro. O il tipo di lavoro, oppure lo stipendio o i colleghi. Adesso me la sto godendo, io e la moglie siamo in pensione, non ci sentiamo ancora vecchi (66 io, 63 lei) facciamo i nonni e appena possiamo ci regaliamo un viaggetto di 4/5 giorni. Certo se penso alle mie figlie che chissà a quanti anni andranno in pensione e con che cifra, non le invidio di certo. Come detto prima, penso proprio che chi è nato negli anni 50/60 ha vissuto il periodo migliore di questa nazione. Da piccolo non c'era niente e quando dico niente vuol dire niente. No frigorifero, no lavatrice, no telefono, no televisione. Tutte queste cose sono arrivate a in casa mia a metà degli anni '60. La prima auto nel '68. Poi certamente è vero che oggigiorno ci sono più possibilità, la vita è nettamente migliore. L'importante è essere felici di quello che si ha e non essere infelici per quello che si vuole avere.

Io dico spesso che bisogna essere contenti del tanto che abbiamo; quelli che hanno poco (anzi non hanno niente) risiedono in ben altre zone del mondo
 
i confronti di stipendio lasciano il tempo che trovano perchè vanno parametrati al costo della vita in generale.
Se uno guadagna il doppio ma poi le case costano il triplo il potere d'acquisto è più basso.
Poi se prendiamo uno dei Paesi d'oltralpe ci sono anche là città più o meno care di altre e non dovunque il potere d'acquisto è lo stesso.

Con questo non voglio però negare che ci siano situazioni significativamente migliori delle nostre, ma che trasferirsi comporta anche dei sacrifici e delle rinunce per cui non sempre ne vale la pena.
Diversamente tutti noi, invece di lamentarci, ci saremmo concretamente trasferiti.

Chiudo poi dicendo che c'è una parte significativa del pianeta che se la passa decisamente peggio di noi e forse dovremmo anche apprezzare la fortuna che abbiamo ad essere nati italiani

Io, anche se non si direbbe da quanto scritto precedentemente, odio lamentarmi, certo l'ideale sarebbe lavorare la metà con le stesse entrate, per godersi un po' di più la vita, la famiglia, gli amici e avere qualche hobby.
Ma sono cosciente che ci sono persone che stanno peggio di me.

Il fatto di far parte di una comunità fin dalla nascita, per me è molto importante, ripartire completamente da zero, trasferendosi, per qualcuno può essere stimolante, per me invece non lo sarebbe.
Quindi come detto in uno dei primi post, a parità di entrate e lavorando la metà delle ore, ugualmente non lo farei.
Ma capisco chi lo fa, mentre mi dispiace molto per chi ci è costretto.
 
Io dico spesso che bisogna essere contenti del tanto che abbiamo; quelli che hanno poco (anzi non hanno niente) risiedono in ben altre zone del mondo
Il fatto di tornare di sera a casa (magari di proprietà), dalla propria famiglia (che si ama), al caldo, coi vestiti puliti senza aver mosso un muscolo, lavarsi ugualmente, scegliere cosa mangiare senza pensare minimamente al lato economico, lo si da' troppo spesso per scontato.
Sembra retorica, ma per me che sono stato cresciuto da nonni che hanno affrontato guerra e povertà, e conducevano la propria vita facendo economia quasi come quei periodi, non lo è.
 
Io dico spesso che bisogna essere contenti del tanto che abbiamo; quelli che hanno poco (anzi non hanno niente) risiedono in ben altre zone del mondo
tendenzialmente non sarebbe un problema ...

se quel "tanto" che abbiamo non diminuisse per numero di x persone ogni anno, mentre aumentano i "costi" o semplicemente non ci sono piu' i servizi sanitari o scolastici, per esempio , o la casa o peggio la "prospettiva" di acquistare una casa pagata con il proprio lavoro "onesto".

, tenendo presente che le "persone" in età di lavoro "autoctone" in buona salute nel nostro paese saranno sempre meno....ed una parte emigrano .

e tenendo presente che "dall'estero" vedi stellantis, nato, pnrr et similia ci saranno sempre meno "investimenti".

a chi ripete la guerra dei "nonni"
se ne e' usciti da quella situazione con una serie di elementi di cambiamento, politici, economici, istruzione e di investimenti ben precisi,scelte ben precise, se non ci fossero stati saremmo ancora la....con le pezze nel di dietro come "ben" prima della guerra.
 
Io, anche se non si direbbe da quanto scritto precedentemente, odio lamentarmi, certo l'ideale sarebbe lavorare la metà con le stesse entrate, per godersi un po' di più la vita, la famiglia, gli amici e avere qualche hobby.
Ma sono cosciente che ci sono persone che stanno peggio di me.

Il fatto di far parte di una comunità fin dalla nascita, per me è molto importante, ripartire completamente da zero, trasferendosi, per qualcuno può essere stimolante, per me invece non lo sarebbe.
Quindi come detto in uno dei primi post, a parità di entrate e lavorando la metà delle ore, ugualmente non lo farei.
Ma capisco chi lo fa, mentre mi dispiace molto per chi ci è costretto.
anche a me dispiace molto per chi è costretto
mantenere la propria cultura ed i legami con il proprio luogo di origine è impagabile.
Certo un esperienza lontano da casa è sempre utile e formativa ma poi poter rientrare sarebbe sempre l'ideale.
Basti pensare al supporto dei nonni coi genitori o dei figli ai genitori non più autosufficienti.
 
Da emigrato 'per caso' (nel senso che nel 2016 ho colto un'opportunità professionale, pur senza mai aver fino ad allora programmato di lasciare l'Italia) i miei sentimenti sono contrastanti, da un lato qui in Francia sto benissimo, dall'altro è indubbio che la nostalgia per il mio habitat d'origine sia sempre presente sottotraccia. Credo che in gran parte il bilancio dipenda da fattori psicologici, personali, insomma soggettivi. Quello che è oggettivo è la superiorità del potere d'acquisto in praticamente QUALUNQUE città europea (pure alcune dell'est) rispetto a QUALUNQUE città italiana (e qui mi sento di dissentire da qualche intervento precedente ). Fatevi un giro su Numbeo e guardate i numerelli . Poi esisterà sempre chi dice che è meglio essere senza fissa dimora a Roma che a Parigi per via del clima più mite, ma parlando di persone medie con entrate medie il quadro è ahimè chiarissimo e non ha bisogno di molte interpretazioni (ha solo bisogno di difficili ricette per cambiare lo stato delle cose, che dubito saranno mai messe in atto).
 
anche a me dispiace molto per chi è costretto
mantenere la propria cultura ed i legami con il proprio luogo di origine è impagabile.
Certo un esperienza lontano da casa è sempre utile e formativa ma poi poter rientrare sarebbe sempre l'ideale.
Basti pensare al supporto dei nonni coi genitori o dei figli ai genitori non più autosufficienti.
Di italiani che ho conosciuto appena arrivato in Irlanda nel 2007 e negli anni successivi, ne sono rimasti pochi a tutt'oggi. Quelli che sono rimasti hanno piú o meno la mia etá (sui 50) e come me non sono tornati perché consapevoli di non avere cosa fare in Italia, ma soprattutto perché si sono sposati e hanno famiglia. Quelli che sono rientrati in Italia o si sono spostati altrove (tipo Spagna, Malta e Gibilterra) erano tutti piú giovani (20-30 anni) e molti erano arrivati solo per fare un'esperienza di lavoro limitata nel tempo. Altri sono rientrati perché non si sono trovati bene, soprattutto per il clima (che invece io prediligo rispetto alla Sicilia), o perché comunque non volevano restare piú di un certo tempo. E questo non riguarda solo gli italiani ma anche altre nazionalitá come i finlandesi e gli svedesi che avevano un ricambio continuo e sempre molto giovani. Poi ci sono gli italiani che sono rientrati in Italia, non hanno trovato un lavoro decente e sono tornati in Irlanda, spesso nella stezza azienda che avevano lasciato (succedeva spesso di essere riassunti). Tutti peró avevano un denominatore comune: la nostalgia per l'Italia e la voglia di tornare, che io, a parte la lontananza dalla mia famiglia, non ho mai condiviso: sará che trovavo Palermo insopportabile e non mi mancava proprio, anzi. Sará che per me con Cork ( e non con l'Irlanda tutta) é stato amore a prima vista. Sará anche probabilmente che 6 mesi dopo che mi sono trasferito ho conosciuto quella che poi é diventata mia moglie, per cui c'era una motivazione molto forte a restare. E' anche vero che io sono stato molto fortunato ad emigrare in quegli anni in cui era molto facile sia trovare lavoro che alloggio, e a sfruttare la bolla immobiliare irlandese del 2009 per comprare casa ad un prezzo praticamente stracciato. Oggi la situazione é molto piú complicata per chi decide di espatriare: tutti gli stranieri che per via della Brexit non hanno potuto piú emigrare in UK si sono riversati in Irlanda e in altri paesi europei, ma per l'inglese restava solo l'Irlanda. Il risultato e' che c'é una crisi di alloggi cronica, aggravata anche dal fatto che molti sono stati trasformati in affitti brevi per turisti. Il prezzo delle case é mostruosamente alto. Multinazionali che continuano ad aprire sedi e ricambio costante di lavoratori. Penso che al massimo in 2 settimane chiunque possa trovare un lavoro messo in regola, ma il problema é che non si trova nulla da affittare se non in condivisione e comunque é caro. Penso che probabilmente oggi come oggi neanche io emigrerei, o forse si se fossi disoccupato come lo ero allora, ma stringendo molto la cinghia.
 
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