Peraltro, dal momento che in pratica nessuno vende la merce al prezzo "di listino", quest'ultimo diventa privo di significato, una sorta di presa in giro collettiva, una storiella che amiamo raccontarci per avere la sensazione di fare buoni affari.
Se un prodotto viene venduto (nei negozi, sulla rete, nei centri commerciali) a un prezzo tra 80 e 100 perché tutti, ovviamente ricavandone un guadagno che ritengono adeguato, applicano uno "sconto" rispetto al listino che sarebbe 120, allora il prezzo di quel prodotto è 80-100, probabilmente più 80 che 100.
Chi lo pagasse 110, pur sempre "scontato", prenderebbe una fregatura.
Se poi il prezzo di listino dello stesso identico prodotto fosse alzato a 140, tutti i venditori di cui sopra potrebbero vantare sconti assai più strepitosi, unici, irripetibili ecc., pur continuando a guadagnare esattamente come prima. Siccome a tutti i compratori piace molto l'idea di comprare la merce a prezzo "speciale", scontato (l'occasione, il colpaccio da raccontare e ricordare con orgoglio), la differenza tra il "listino" e la realtà diventa un ottimo strumento di persuasione.
Ho imparato questa cosa da bambino quando, mentre aiutavo un parente in un negozio di una località turistica, per errore applicai a una serie di oggetti l'etichetta con prezzo maggiorato (100 lire anziché 50). Resomi conto dell'errore quando ormai il negozio era aperto e affollato e sentendomi molto in colpa al pensiero di poter imbrogliare le persone, ebbi l'idea di dire che quegli oggetti quella sera si vendevano con il 50% di sconto; ne vennero venduti più del solito e chi li comprava (anche due o tre) aveva un'espressione molto soddisfatta.