<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> &#34;Figlio mio, lascia questo Paese&#34; | Page 4 | Il Forum di Quattroruote

&#34;Figlio mio, lascia questo Paese&#34;

replica della santanchè sul Giornale:

Figlio mio, lascia questo Paese». Non può non suscitare indignazione, prima ancora che amarezza, il saggio di qualunquismo somministrato al Paese su La Repubblica da un privilegiato di regime come Pier Luigi Celli con la scusa di scrivere una lettera al figlio Mattia che si sta per laureare. L?ex direttore generale della Rai (1998-2001 in piena orgia di sinistra), un miracolato che ha scalato mille incarichi senza un vero perché, se non quello della militanza politica, se la prende con questo mondo cinico e baro, «una società divisa, rissosa, fortemente individualista», in cui conta solo il «riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili, di carriere feroci fatte su meriti inesistenti». A meno che «non sia un merito l?affiliazione, politica, di clan, familistica».

Stupiscono queste parole nella penna di uno come Celli che, laureatosi in sociologia a Trento ai tempi di Renato Curcio e del dissenso per il dissenso, ha un cursus honorum, che se fa onore a lui non lo fa certo al Paese che suggerisce al figlio di abbandonare con la velocità della luce. Risorse per mantenerlo all?estero o comunque per dargli una mano a trovare una sistemazione certo non gliene mancano. Eppure la sua carriera è lo specchio fedele del Paese che aborrisce. Il Paese che gli ha consentito di coltivare la sua religione, il generalismo, quello che gli ha consentito di saltare da un incarico all?altro con la disinvoltura di uno che sa per certo che cadrà sempre in piedi: direttore delle Risorse umane dell?Eni, è passato, oltre che dalla Rai, da Omnitel e Wind a Unicredit, all?Enel fino alla direzione generale della Luiss con buona pace di Guido Carli, il fondatore della Libera università romana senza disdegnare numerosi consigli di amministrazione di cui ha fatto o fa ancora parte: Lottomatica, Hera, Messaggerie Libri. Da questo pulpito, che gli permette anche di presentarsi come narratore e saggista (è autore per chi non lo sapesse di un trattato che, con scarso senso dell?humour, ha intitolato Breviario di cinismo ben temperato, e che è un florilegio di battute da avanspettacolo), dice al figlio che questo è un «Paese che non ti merita». Ma non avrebbe meritato neanche lui, Pier Luigi Celli, se la sua militanza a sinistra non lo avesse proiettato verso traguardi altrimenti impensabili. Fatti di onori e prebende.

A mio figlio, al contrario, come penso la maggior parte dei genitori italiani, insegno ad amare la propria Patria e che deve sentire con orgoglio tale appartenenza. Gli spiego anche di non seguire i cattivi maestri e di impegnarsi perché il nostro Paese diventi migliore.
 
belpietro ha scritto:
moogpsycho ha scritto:
cosa centra se la lettera è stata riportata da repubblica o dal corriere, se l'autore era tizio o caio??
concordo in pieno.

resta la considerazione per quello che è: une esagerazione retorica di una realtà oggettiva.

allora, se può essere occasione per una riflessione vedo più appropriato alla riflessione lo spunto di demont ("perché non rimanere per migliorare") invece che la banalità qualunquista dello sfascio, che riflessiva lo è molto poco

Dico la mia: perchè non c'è la volontà comune di farlo.
Il marcio è talmente radicato e diffuso che alla maggior parte delle persone tutto sommato va bene così... magari ci si lamenta, ma non si è disposti a fare niente per cambiare le cose e alternative valide non ne vedo. Ormai il marcio è entrato nella mentalità e nel modo di pensare dell'italiano medio. Magari non nel forumita di quattroruote medio (lo spero!), ma nell'italiano si...
Mi dispiace ma di solitarie cariche contro i mulini a vento faccio volentieri a meno...
 
matteomatte1 ha scritto:
replica della santanchè sul Giornale:

Figlio mio, lascia questo Paese». Non può non suscitare indignazione, prima ancora che amarezza, il saggio di qualunquismo somministrato al Paese su La Repubblica da un privilegiato di regime come Pier Luigi Celli con la scusa di scrivere una lettera al figlio Mattia che si sta per laureare. L?ex direttore generale della Rai (1998-2001 in piena orgia di sinistra), un miracolato che ha scalato mille incarichi senza un vero perché, se non quello della militanza politica, se la prende con questo mondo cinico e baro, «una società divisa, rissosa, fortemente individualista», in cui conta solo il «riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili, di carriere feroci fatte su meriti inesistenti». A meno che «non sia un merito l?affiliazione, politica, di clan, familistica».

Stupiscono queste parole nella penna di uno come Celli che, laureatosi in sociologia a Trento ai tempi di Renato Curcio e del dissenso per il dissenso, ha un cursus honorum, che se fa onore a lui non lo fa certo al Paese che suggerisce al figlio di abbandonare con la velocità della luce. Risorse per mantenerlo all?estero o comunque per dargli una mano a trovare una sistemazione certo non gliene mancano. Eppure la sua carriera è lo specchio fedele del Paese che aborrisce. Il Paese che gli ha consentito di coltivare la sua religione, il generalismo, quello che gli ha consentito di saltare da un incarico all?altro con la disinvoltura di uno che sa per certo che cadrà sempre in piedi: direttore delle Risorse umane dell?Eni, è passato, oltre che dalla Rai, da Omnitel e Wind a Unicredit, all?Enel fino alla direzione generale della Luiss con buona pace di Guido Carli, il fondatore della Libera università romana senza disdegnare numerosi consigli di amministrazione di cui ha fatto o fa ancora parte: Lottomatica, Hera, Messaggerie Libri. Da questo pulpito, che gli permette anche di presentarsi come narratore e saggista (è autore per chi non lo sapesse di un trattato che, con scarso senso dell?humour, ha intitolato Breviario di cinismo ben temperato, e che è un florilegio di battute da avanspettacolo), dice al figlio che questo è un «Paese che non ti merita». Ma non avrebbe meritato neanche lui, Pier Luigi Celli, se la sua militanza a sinistra non lo avesse proiettato verso traguardi altrimenti impensabili. Fatti di onori e prebende.

A mio figlio, al contrario, come penso la maggior parte dei genitori italiani, insegno ad amare la propria Patria e che deve sentire con orgoglio tale appartenenza. Gli spiego anche di non seguire i cattivi maestri e di impegnarsi perché il nostro Paese diventi migliore.

matteomatte1 ha scritto:
importa invece chi lo dice: sia Celli che Guidi mi sembra che abbiano piazzato bene i propri figli. Si potrebbe dire da che pulpito viene la predica ma questa è l'Italia, prendere o lasciare...

ora capisco meglio cosa intendevi ;)
 
purtroppo il problema dell'italia sono proprio gli italiani, per la maggior parte arroganti e prepotenti, dalle strade al lavoro, ai rapporti interpersonali........ io ho risolto :D
 
matteomatte1 ha scritto:
replica della santanchè sul Giornale:

Figlio mio, lascia questo Paese». Non può non suscitare indignazione, prima ancora che amarezza, il saggio di qualunquismo somministrato al Paese su La Repubblica da un privilegiato di regime come Pier Luigi Celli con la scusa di scrivere una lettera al figlio Mattia che si sta per laureare. L&#8217;ex direttore generale della Rai (1998-2001 in piena orgia di sinistra), un miracolato che ha scalato mille incarichi senza un vero perché, se non quello della militanza politica, se la prende con questo mondo cinico e baro, «una società divisa, rissosa, fortemente individualista», in cui conta solo il «riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili, di carriere feroci fatte su meriti inesistenti». A meno che «non sia un merito l&#8217;affiliazione, politica, di clan, familistica».

Stupiscono queste parole nella penna di uno come Celli che, laureatosi in sociologia a Trento ai tempi di Renato Curcio e del dissenso per il dissenso, ha un cursus honorum, che se fa onore a lui non lo fa certo al Paese che suggerisce al figlio di abbandonare con la velocità della luce. Risorse per mantenerlo all&#8217;estero o comunque per dargli una mano a trovare una sistemazione certo non gliene mancano. Eppure la sua carriera è lo specchio fedele del Paese che aborrisce. Il Paese che gli ha consentito di coltivare la sua religione, il generalismo, quello che gli ha consentito di saltare da un incarico all&#8217;altro con la disinvoltura di uno che sa per certo che cadrà sempre in piedi: direttore delle Risorse umane dell&#8217;Eni, è passato, oltre che dalla Rai, da Omnitel e Wind a Unicredit, all&#8217;Enel fino alla direzione generale della Luiss con buona pace di Guido Carli, il fondatore della Libera università romana senza disdegnare numerosi consigli di amministrazione di cui ha fatto o fa ancora parte: Lottomatica, Hera, Messaggerie Libri. Da questo pulpito, che gli permette anche di presentarsi come narratore e saggista (è autore per chi non lo sapesse di un trattato che, con scarso senso dell&#8217;humour, ha intitolato Breviario di cinismo ben temperato, e che è un florilegio di battute da avanspettacolo), dice al figlio che questo è un «Paese che non ti merita». Ma non avrebbe meritato neanche lui, Pier Luigi Celli, se la sua militanza a sinistra non lo avesse proiettato verso traguardi altrimenti impensabili. Fatti di onori e prebende.

A mio figlio, al contrario, come penso la maggior parte dei genitori italiani, insegno ad amare la propria Patria e che deve sentire con orgoglio tale appartenenza. Gli spiego anche di non seguire i cattivi maestri e di impegnarsi perché il nostro Paese diventi migliore.

Ok, ora capisco meglio. Personalmente non sapevo che la cosa fosse stata passata solo a Repubblica, nè di quale Celli si stesse parlando. Io però faccio mie queste considerazioni, perchè lo sono da ben prima che un noto dinosauro di regime le inoltrasse al quotidiano più fazioso d'Italia. E lo sono perchè su tante porcherie ho sbattuto la faccia personalmente, non perchè lo legga sulla stampa.

E' un bel dire allora "facciamo in modo che il paese cambi". E' una rivoluzione che va fatta usando come carne da cannone quanto abbiamo di più caro? Un po' rischioso. Anche perchè - e qui sposo la tesi di qualcun altro - siamo tutti così, probabilmente io per primo.
 
matteomatte1 ha scritto:
replica della santanchè sul Giornale:

Figlio mio, lascia questo Paese». Non può non suscitare indignazione, prima ancora che amarezza, il saggio di qualunquismo somministrato al Paese su La Repubblica da un privilegiato di regime come Pier Luigi Celli con la scusa di scrivere una lettera al figlio Mattia che si sta per laureare. L?ex direttore generale della Rai (1998-2001 in piena orgia di sinistra), un miracolato che ha scalato mille incarichi senza un vero perché, se non quello della militanza politica, se la prende con questo mondo cinico e baro, «una società divisa, rissosa, fortemente individualista», in cui conta solo il «riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili, di carriere feroci fatte su meriti inesistenti». A meno che «non sia un merito l?affiliazione, politica, di clan, familistica».

Stupiscono queste parole nella penna di uno come Celli che, laureatosi in sociologia a Trento ai tempi di Renato Curcio e del dissenso per il dissenso, ha un cursus honorum, che se fa onore a lui non lo fa certo al Paese che suggerisce al figlio di abbandonare con la velocità della luce. Risorse per mantenerlo all?estero o comunque per dargli una mano a trovare una sistemazione certo non gliene mancano. Eppure la sua carriera è lo specchio fedele del Paese che aborrisce. Il Paese che gli ha consentito di coltivare la sua religione, il generalismo, quello che gli ha consentito di saltare da un incarico all?altro con la disinvoltura di uno che sa per certo che cadrà sempre in piedi: direttore delle Risorse umane dell?Eni, è passato, oltre che dalla Rai, da Omnitel e Wind a Unicredit, all?Enel fino alla direzione generale della Luiss con buona pace di Guido Carli, il fondatore della Libera università romana senza disdegnare numerosi consigli di amministrazione di cui ha fatto o fa ancora parte: Lottomatica, Hera, Messaggerie Libri. Da questo pulpito, che gli permette anche di presentarsi come narratore e saggista (è autore per chi non lo sapesse di un trattato che, con scarso senso dell?humour, ha intitolato Breviario di cinismo ben temperato, e che è un florilegio di battute da avanspettacolo), dice al figlio che questo è un «Paese che non ti merita». Ma non avrebbe meritato neanche lui, Pier Luigi Celli, se la sua militanza a sinistra non lo avesse proiettato verso traguardi altrimenti impensabili. Fatti di onori e prebende.

A mio figlio, al contrario, come penso la maggior parte dei genitori italiani, insegno ad amare la propria Patria e che deve sentire con orgoglio tale appartenenza. Gli spiego anche di non seguire i cattivi maestri e di impegnarsi perché il nostro Paese diventi migliore.

che se sò passati er pulpito :?:
 
"Andarmene? E' una scelta difficile
deciderò dopo aver preso la laurea"

ROMA - "Condivido le riflessioni di mio padre, ma al momento non ho ancora deciso se andare a vivere all'estero. Deciderò dopo aver preso la laurea". Mattia Celli risponde così, attraverso un'intervista dell'agenzia Adnkronos, alla lettera aperta con la quale il padre Pier Luigi dalle colonne di Repubblica lo invita a "lasciare questo paese". Una lettera che ha suscitato un acceso dibattito su Repubblica.it: sono arrivati migliaia di commenti a sostegno o di critica delle parole di Celli padre.

Mattia Celli, 23 anni maturità scientifica, al secondo anno di specialistica in ingegneria meccanica alla Sapienza di Roma, non nasconde che comunque si tratta di una decisione difficile.

"L'analisi di mio padre - sottolinea - mi trova d'accordo, ma l'Italia è sempre l'Italia. L'idea di andare comunque all'estero per un paio di anni e dopo decidere se restare o meno dipenderà anche dall'argomento della tesi di laurea. Mi piacerebbe fare qualcosa nell'ambito della ricerca.Un settore dove in Italia ci sono enormi difficoltà e quindi sarebbe inevitabile andare all'estero".

Mattia Celli, comunque, "esclude scelte definitive". "Nel nostro paese gli ingegneri - osserva - hanno spazi e possibilità per sfondare se possiedono un'adeguata base di conoscenza, anche se spesso la loro professionalità non è adeguatamente considerata, soprattutto da un punto di vista economico".
(30 novembre 2009)
 
moogpsycho ha scritto:
"Andarmene? E' una scelta difficile
deciderò dopo aver preso la laurea"

ROMA - "Condivido le riflessioni di mio padre, ma al momento non ho ancora deciso se andare a vivere all'estero. Deciderò dopo aver preso la laurea". Mattia Celli risponde così, attraverso un'intervista dell'agenzia Adnkronos, alla lettera aperta con la quale il padre Pier Luigi dalle colonne di Repubblica lo invita a "lasciare questo paese". Una lettera che ha suscitato un acceso dibattito su Repubblica.it: sono arrivati migliaia di commenti a sostegno o di critica delle parole di Celli padre.

Mattia Celli, 23 anni maturità scientifica, al secondo anno di specialistica in ingegneria meccanica alla Sapienza di Roma, non nasconde che comunque si tratta di una decisione difficile.

"L'analisi di mio padre - sottolinea - mi trova d'accordo, ma l'Italia è sempre l'Italia. L'idea di andare comunque all'estero per un paio di anni e dopo decidere se restare o meno dipenderà anche dall'argomento della tesi di laurea. Mi piacerebbe fare qualcosa nell'ambito della ricerca.Un settore dove in Italia ci sono enormi difficoltà e quindi sarebbe inevitabile andare all'estero".

Mattia Celli, comunque, "esclude scelte definitive". "Nel nostro paese gli ingegneri - osserva - hanno spazi e possibilità per sfondare se possiedono un'adeguata base di conoscenza, anche se spesso la loro professionalità non è adeguatamente considerata, soprattutto da un punto di vista economico".
(30 novembre 2009)

tu nun te preoccupa' fijo mio che per te na tazza de minestra ce sara' sempre pure in italia capissci a me
 
moogpsycho ha scritto:
"Andarmene? E' una scelta difficile
deciderò dopo aver preso la laurea"

ROMA - "Condivido le riflessioni di mio padre, ma al momento non ho ancora deciso se andare a vivere all'estero. Deciderò dopo aver preso la laurea". Mattia Celli risponde così, attraverso un'intervista dell'agenzia Adnkronos, alla lettera aperta con la quale il padre Pier Luigi dalle colonne di Repubblica lo invita a "lasciare questo paese". Una lettera che ha suscitato un acceso dibattito su Repubblica.it: sono arrivati migliaia di commenti a sostegno o di critica delle parole di Celli padre.

Mattia Celli, 23 anni maturità scientifica, al secondo anno di specialistica in ingegneria meccanica alla Sapienza di Roma, non nasconde che comunque si tratta di una decisione difficile.

"L'analisi di mio padre - sottolinea - mi trova d'accordo, ma l'Italia è sempre l'Italia. L'idea di andare comunque all'estero per un paio di anni e dopo decidere se restare o meno dipenderà anche dall'argomento della tesi di laurea. Mi piacerebbe fare qualcosa nell'ambito della ricerca.Un settore dove in Italia ci sono enormi difficoltà e quindi sarebbe inevitabile andare all'estero".

Mattia Celli, comunque, "esclude scelte definitive". "Nel nostro paese gli ingegneri - osserva - hanno spazi e possibilità per sfondare se possiedono un'adeguata base di conoscenza, anche se spesso la loro professionalità non è adeguatamente considerata, soprattutto da un punto di vista economico".
(30 novembre 2009)

Un bel tacer non fu mai scritto...
 
Gunsite ha scritto:
purtroppo il problema dell'italia sono proprio gli italiani, per la maggior parte arroganti e prepotenti, dalle strade al lavoro, ai rapporti interpersonali........ io ho risolto :D

.... menefreghisti ed egoisti; sono ben rappresentati dai vecchi film di A.Sordi. Aggiungo, sempre pronti a declamare i diritti ed a nascondersi quando si parla di doveri.Senza far di tutta l'erba un fascio.
 
DEMONT ha scritto:
...e se invece restiamo e cerchiamo di migliorarlo questo Paese ?

Cosa ti devo dire?
Ti do' cinque stelle per lo spirito, ma una per il realismo.
La penso anche io come te ma, sempre piu', non posso che concordare con le parole della lettera che apre il thread. :(

Questo paese, e questa gente, campa proprio su chi si illude di cambiare e migliorare le cose: i muli che tirano la carretta, mentre il carnevale dei crapuloni se la spassa a bordo. :rolleyes:
 
testerr ha scritto:
Gunsite ha scritto:
purtroppo il problema dell'italia sono proprio gli italiani, per la maggior parte arroganti e prepotenti, dalle strade al lavoro, ai rapporti interpersonali........ io ho risolto :D

.... menefreghisti ed egoisti; sono ben rappresentati dai vecchi film di A.Sordi. Aggiungo, sempre pronti a declamare i diritti ed a nascondersi quando si parla di doveri.Senza far di tutta l'erba un fascio.

Il politically correct deve concludere così.....
Certo che, se già erano malmessi ai tempi dei vecchi film di Sordi (buonanima...si starà beando per quanto aveva visto lungo..) e col tempo sono evidentemente peggiorati, l'erba che eventualmente rimarrebbe fuori dal suddetto fascio ( ommadonna... :shock:...ho scritto fascio.... :rolleyes:....ma ricordo che anche lui disse, molto tempo fa, prima ancora di Sordi, che fare l'italia non era un problema ma fare gli italiani lo sarebbe stato..) sarebbe oramai veramente poca. A questo punto, tanto vale farne veramente un fascio solo.......e bruciarla.....o fumarsela :D
 
belpietro ha scritto:
Grattaballe ha scritto:
ma ricordo che anche lui disse, molto tempo fa, prima ancora di Sordi, che fare l'italia non era un problema ma fare gli italiani lo sarebbe stato..)
non è "sua"
e di D'Azeglio.

Hai ragione a metà.....D'Azeglio disse: fatta l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani. Senza però accenno a quanto poteva essere problematico il compito. In effetti "lui" mi pare avesse detto: governare gli italiani non è difficile, è inutile.
Concettualmente si avvicina di più a ciò che intendevo io... :D
 
Grattaballe ha scritto:
belpietro ha scritto:
Grattaballe ha scritto:
ma ricordo che anche lui disse, molto tempo fa, prima ancora di Sordi, che fare l'italia non era un problema ma fare gli italiani lo sarebbe stato..)
non è "sua"
e di D'Azeglio.

Hai ragione a metà.....D'Azeglio disse: fatta l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani. Senza però accenno a quanto poteva essere problematico il compito. In effetti "lui" mi pare avesse detto: governare gli italiani non è difficile, è inutile.
Concettualmente si avvicina di più a ciò che intendevo io... :D
anche questa è dubbia.
pare sia di Giolitti.
:lol:

"a prescindere" (che è di Totò) il concetto è chiaro.

:D
 
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