75TURBO/TP ha scritto:
Merosi1910 ha scritto:
Per vecchioAlfista: ti ringrazio e ovviamente contraccambio la stima.
Il Portello è parte fondamentale della storia d'Italia. Voglio riportare un aneddoto che avevo letto e che fa capire quanta storia ci fosse dietro quella fabbrica.
Nel 1944 gli alleati stavano pianificando il bombardamento del Portello, poi avvenuto. Un ufficiale alleato dell'Intelligence cercò allora il figlio di Ugo Gobbato, direttore dell'Alfa. Il figlio di Gobbato infatti era militare nell'aeronautica, non ricordo con quale grado, ed era passato alle forze alleate come tanti altri italiani in quei terribili giorni. L'ufficilale alleato voleva avere informazioni da Gobbato per rendere più efficace il bombardamento.
Gobbato però si rifiutò di dare informazioni ricordando che in quella fabbrica lavorava anche il padre,oltre a tanti altri connazionali. L'ufficiale alleato, pur non avendo ottenuto ciò che voleva, gli strinse la mano e si congratulò riconoscendo l'umanità e l'onore dell'uomo.
L'ing. gobbato, il padre, sopravvissuto ai bombradamenti, si opererà poi in tutti i modi per far ripartire la produzione al Portello e inoltre riuscirà ad evitare che molti operai vengano deportati
Ciao Merosi ma in questo momento ho un vuoto di memoria,c'entra per caso l'Alfetta 158 perche' ricordo di averne parlato in una tua discussione,fu Gobbato a salvarla dai Tedeschi(rischiando anche la vita) che volevano portarla in Germania assieme ai macchinari della Fabbrica?
Ho recuperato il vecchio post. Sicuramente l'ordine partì da Gobbato, chi eseguì materialmente la cosa è scritto qui:
Bonini non lasciò l?Alfa e la sua lunga ed apprezzata attività fu riconosciuta dalla casa milanese che si adoprò affinché fosse premiato dalla Camera di Commercio di Milano nell?ambito del Concorso per la premiazione della fedeltà al lavoro e del progresso economico che si svolse nel mese di novembre del 1956. L?amicizia con il pilota tedesco non s?incrinò per quel rifiuto, e quando Caracciola morì per una malattia, Bonini si trovò incluso tra gli eredi.
L?Alfa gli affidò incarichi diversi ma che richiedevano disponibilità, competenza e anche tanto coraggio come quando, insieme a Consalvo Sanesi e altri colleghi, riuscì a salvare le Alfetta 158 che allo scoppio della guerra erano state nascoste a Monza negli uffici sfollati dell?Automobil Club di Milano. Il colonnello Covacivic, direttore dell?Automobil Club, avvertì la direzione dell?Alfa Romeo che i tedeschi si stavano interessando troppo ai rossi bolidi e che c?era il rischio che li portassero via. Con il suo aiuto, due camion riuscirono a raggiungere il nascondiglio per caricare le vetture, ma la manovra non passò inosservata; infatti, arrivò un soldato tedesco che, pistola in pugno, cominciò ad urlare. Ne arrivarono degli altri e la situazione cominciò a diventare seria.
Grazie alla conoscenza della lingua e al possesso di uno speciale tesserino rilasciatogli da uno dei due comandi tedeschi che avevano assunto il controllo diretto dell?Alfa (tesserino che fu sventolato prontamente sotto il naso dell?infuriato soldato tedesco) Pietro Bonini riuscì a caricare le vetture con l?aiuto dei suoi colleghi e a trasportarle ad Abbiategrasso, nell?officina del famoso pilota di motonautica Achille Castoldi, dove rimasero nascoste dietro un muro fino alla fine della guerra.
Un altro importante incarico gli fu affidato dal direttore generale Ugo Gobbato che lo inviò in missione segreta a Berlino dal ministro Albert Speer, capo dell?organizzazione Todt, con una lettera nella quale chiedeva garanzie che non venissero più saccheggiati dai magazzini del Portello materiali preziosi come l?acciaio, il magnesio e il rame. Dopo mille traversie ed un?estenuante attesa di due giorni, Bonini portò a Gobbato la risposta che permise all?Alfa la ripresa e i successi sportivi alla fine del conflitto.