Analisi economica e prospettive di un settore che, ogni giorno, fornisce notizie negative – Francesco Zirpoli professore di Technology and Innovation Management all’Università Ca’ Foscari di Venezia, «Non parliamo di un problema nato oggi»
Il caso tedesco fa impressione, dopo decenni di retorica sulla «locomotiva d’Europa», e non riguarda soltanto il settore auto, visto che tutto il Paese sta andando verso una crescita economica zero e il settore manifatturiero è in recessione. Volkswagen per la prima volta in quasi 90 anni di storia potrebbe chiudere stabilimenti, e lo stesso scenario c’è per Audi (anch’essa peraltro del gruppo Volkswagen), mentre Mercedes, BMW e Porsche hanno tagliato le stime dei profitti. Quale la causa primaria di questa crisi tedesca?
È una crisi di sovracapacità produttiva.
Non è comunque un problema nato oggi, era evidente che le 6 milioni di auto all’anno prodotte nel pre-COVID in Germania non sarebbero più state sostenibili. E a questo si è aggiunta la sovracapacità produttiva della Cina». Una situazione che di sicuro farà male alla Germania: «L’auto vale circa l’11% del manifatturiero tedesco, qualsiasi sua crisi ha un impatto immediato su tutto il sistema.
La politica europea e anche quella locale hanno soltanto assecondato le esigenze dei produttori di auto, in particolare tedeschi, favorendo il posizionamento dell’industria europea sui segmenti che hanno maggiore marginalità». E le grandi marginalità, in assoluto e in proporzione, ci sono sulle auto più grandi, quelle che comunque sarebbero le più costose e rivolte a un target alto..
Il tema della competitività dell’Europa secondo Draghi: e proprio l’automotive è il settore in cui più manca una politica industriale europea: «Esempio chiave di mancanza di pianificazione dell’UE, che applica una politica per il clima senza una politica industriale.
Se i produttori hanno sbagliato strategie, sovrastimando il numero di persone disposte a separarsi in scioltezza da un minimo di 50.000 euro, senza contare la scomodità della ricarica, va detto che per quanto riguarda l’auto elettrica, europea, americana o cinese che sia, esiste da parte dei consumatori una certa resistenza ideologica.
Traduzione: l’auto elettrica non la vogliono. Zirpoli la vede diversamente: «Dal punto di vista del consumatore il primo problema è l’incertezza. Perché spendere tanti soldi per l’acquisto di un’auto elettrica, con tecnologia, fra batterie e tutto il resto, che sta cambiando a ritmi altissimi..
Penso che sia un'analisi molto interessante e schietta, cosa ne pensate?
Il caso tedesco fa impressione, dopo decenni di retorica sulla «locomotiva d’Europa», e non riguarda soltanto il settore auto, visto che tutto il Paese sta andando verso una crescita economica zero e il settore manifatturiero è in recessione. Volkswagen per la prima volta in quasi 90 anni di storia potrebbe chiudere stabilimenti, e lo stesso scenario c’è per Audi (anch’essa peraltro del gruppo Volkswagen), mentre Mercedes, BMW e Porsche hanno tagliato le stime dei profitti. Quale la causa primaria di questa crisi tedesca?
È una crisi di sovracapacità produttiva.
Non è comunque un problema nato oggi, era evidente che le 6 milioni di auto all’anno prodotte nel pre-COVID in Germania non sarebbero più state sostenibili. E a questo si è aggiunta la sovracapacità produttiva della Cina». Una situazione che di sicuro farà male alla Germania: «L’auto vale circa l’11% del manifatturiero tedesco, qualsiasi sua crisi ha un impatto immediato su tutto il sistema.
La politica europea e anche quella locale hanno soltanto assecondato le esigenze dei produttori di auto, in particolare tedeschi, favorendo il posizionamento dell’industria europea sui segmenti che hanno maggiore marginalità». E le grandi marginalità, in assoluto e in proporzione, ci sono sulle auto più grandi, quelle che comunque sarebbero le più costose e rivolte a un target alto..
Il tema della competitività dell’Europa secondo Draghi: e proprio l’automotive è il settore in cui più manca una politica industriale europea: «Esempio chiave di mancanza di pianificazione dell’UE, che applica una politica per il clima senza una politica industriale.
Se i produttori hanno sbagliato strategie, sovrastimando il numero di persone disposte a separarsi in scioltezza da un minimo di 50.000 euro, senza contare la scomodità della ricarica, va detto che per quanto riguarda l’auto elettrica, europea, americana o cinese che sia, esiste da parte dei consumatori una certa resistenza ideologica.
Traduzione: l’auto elettrica non la vogliono. Zirpoli la vede diversamente: «Dal punto di vista del consumatore il primo problema è l’incertezza. Perché spendere tanti soldi per l’acquisto di un’auto elettrica, con tecnologia, fra batterie e tutto il resto, che sta cambiando a ritmi altissimi..
Penso che sia un'analisi molto interessante e schietta, cosa ne pensate?