<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=1500520490268011&amp;ev=PageView&amp;noscript=1"> La "Transizione": vantaggi, svantaggi, perplessità, criticità | Page 1172 | Il Forum di Quattroruote

La "Transizione": vantaggi, svantaggi, perplessità, criticità

verranno installati nuovi motori termici su auto che oggi offrono poca scelta?

  • si

    Votes: 7 26,9%
  • si torneranno le sportive o comunque quelle più pepate

    Votes: 3 11,5%
  • no dipende dalle case

    Votes: 4 15,4%
  • no il futuro è elettrico

    Votes: 12 46,2%
  • no i motori costano troppo e saranno sempre gli stessi

    Votes: 8 30,8%

  • Total voters
    26
Sento un forte rumore di unghie sul vetro. Come detto prima: non guardare i dati puntuali che risentono di millemila variabili, tira una retta di regressione tra le due serie di dati (vendite di combustibili e vendite di BEV), il risultato lo vedrai da solo.

Potrei rispondere, ma al gioco del flame (unghie sul vetro) non ci gioco.
 
In effetti mi sono spiegato molto male, dando per scontato il contesto.
Nulla da dire a livello personale, ma quando vai su certi temi sensibili, casca il palco

Tasse? Ah noi (norvegesi) siamo onesti. Poi però le studiano tutte per evadere alla grande (le aziende, intendo)

Quote rosa? Ah noi norvegesi applichiamo rigorosamente la parità di genere. Poi però ficcano in azienda madri mogli fidanzate e amiche con cariche simboliche per non avere problemi.

Lavoro nero? Non esiste! Poi però magheggi vari per pagare cash l’idraulico polacco.

Carte di identità? Ma non servono, noi siamo onesti per natura. Poi però scopri che l’identità viene provata dalle carte di credito emesse dalle banche, che hanno su la foto e scopri che di fatto il riconoscimento è privatizzato.

Burocrazia? Ah poveri italiani vi compatiamo …. Poi però scopri che non hanno manco idea di cosa sia la firma digitale se non quella di Adobe (che non è riconosciuta).

E queste sono solo le cose più “raccontabili”.

Il che nulla toglie alla loro cortesia ed educazione e nemmeno alla piacevolezza di stare insieme (gli svedesi sono peggio come rapporto umano ma più seri, anche sole con altri grossi problemi, i danesi meglio umanamente, ma ancora più ipocriti)

Mia opinione, ovviamente.

Onestamente, se questi sono i temi "sfavorevoli" a quel paese, quasi quasi avverto il mio amico di rientrare in Italia a 1500€ al mese.
 
Immagine 2024-09-02 104642.jpg


Di Gian Luca Pellegrini.

Quella che vedete nella foto non è un'installazione artistica volta a evocare l'attrazione utopica che vede uomini e macchine uniti nella realizzazione del proprio precario destino. È (sarebbe) una stazione di ricarica Be Charge ad alta potenza sita nella ridente Olgiate Olona, in provincia di Varese, peraltro – in una sottile ironia che spero non sfuggirà a nessuno – esattamente alle spalle di un distributore di carburante. In mezzo al prato, su un piano rialzato di 20 centimetri rispetto alla strada, si ergono questi desolati e costosissimi monoliti ovviamente inattivi, visto che non c'è modo di raggiungerli (e non è affatto detto che sia stato fatto l'allaccio alla rete). Un inguaribile ottimista potrebbe pensare che si tratti di un classico lavoro fatto sì alla carlona, ma la cui sistemazione è imminente. No. Quelle colonnine sono lì – piantate in mezzo al verde – almeno dall'ottobre del 2022, come risulta evidente guardando Google Maps. Abbiamo chiesto spiegazioni all'azienda, che ha preferito non replicare. Del resto, la risposta – quella vera, non la versione da ufficio stampa – la possiamo immaginare: le Hpc sono state installate perché c'erano da spendere di corsa i fondi del Pnnr, poi la responsabilità di costruire la piazzola tutt'attorno si sarà incastrata in un bizantino palleggio di responsabilità che soltanto la burocrazia italiana è in grado di produrre. L'Italia è piena di casi del genere, come peraltro Quattroruote ha più volte sottolineato. Ed è giunta l'ora di dirlo chiaramente: fra i numerosi inciampi generati dalla rivoluzione peggio costruita che la storia economica ricordi, il tema dell'infrastruttura di ricarica non può che evocare un clamoroso fallimento. Le colonnine sono messe dove non servono (e infatti rimangono per anni abbandonate), funzionano a singhiozzo, spesso non sono neppure collegate alla rete (l'11% delle 23.600 infrastrutture di ricarica censite risulta inattivo), sono progettate male (i cavi di quelle ad alta potenza sono troppo corti, obbligando a faticose manovre per disporsi a loro favore), erogano energia a velocità lontanissime da quelle nominali e scontano enormi problemi di connettività, sempre che non siano occupate abusivamente nel totale disinteresse delle polizie locali. E per carità di patria non accenniamo qui ai customer care, inutili nella loro insipienza, e alle app progettate da programmatori che evidentemente a una presa non si sono mai avvicinati. Non se ne parla perché il business – comunque sostenuto dai soldi pubblici – ha magnitudo relativa, perché chi ha un'elettrica carica di rado in giro e perché per il comune sentire queste difficoltà sono il giusto contrappasso per una scelta considerata stupida. Ma non è chi non veda come sia una situazione inaccettabile, se l'intenzione è di costruire una nuova normalità. Peraltro, è il classico caso di cane che si morde la coda: fino a quando ci saranno così poche elettriche in giro, non ci sarà interesse a mettere in piedi un ecosistema adeguato nel funzionamento; finché il servizio sarà così frammentario, la gente dalle Bev si terrà lontana. I costruttori si lamentano che nessuno compri ‘ste benedette elettriche, allontanando gli obiettivi di sostenibilità economica della trasformazione industriale (anche Gernot Döllner, nuovo capo dell'Audi, ha ammesso che «i margini di profitto tra le auto a combustione interna e quelle elettriche non stanno convergendo così rapidamente come speravamo»), ma continuano a sottovalutare come sia l'inconsistenza della ricarica a rappresentare lo scoglio principale all'affermazione che in teoria si vorrebbe favorire. Conoscendo i car maker, riconosco il retaggio di una cultura ingegneristica volta a vivere la ricarica come un'istanza corollaria al prodotto. Tale sensazione di estraneità si riflette nel disinteresse a educare il consumatore sull'aspetto dirimente della transizione: i tentativi di evangelizzazione sono scolastici, svogliati, centrati su dati (l'autonomia) che dicono poco o nulla. Nel frattempo, la Tesla fa il bello e il cattivo tempo, consapevole di avere nell'ecosistema proprietario un atout che nessun concorrente può vantare. Insomma, una volta di più risulta evidente come l'edificio della transizione sia stato costruito partendo dal tetto, obbligando oggi a sistemare ex post le conseguenze che in un piano organico e lungimirante avrebbero dovuto essere premesse.
 
Le "isole" elettriche dietro ai distributori non le vedo come ironia ma come futuro....
Mah..... non so. Secondo me, si cade sempre sul discorso del fare qualcosa durante la ricarica. Non è che tutti gli automobilisti hanno un lavoro per cui durante il tempo di attesa tirano fuori il laptop, si siedono al bar e si mettono a evadere mail o preparare il power point per la riunione del giorno dopo (e a dirla tutta, anch'io che un lavoro del genere ce l'ho non mi metto a farlo al bar...). Anzi, sono piuttosto convinto che la maggioranza degli utenti (e sto pensando in prospettiva a coloro che saranno costretti alla ricarica pubblica per i soliti motivi) quei tre quarti d'ora piuttosto che all'«isola» preferirebberlo impiegarlo a casa con la famiglia piuttosto che a tagliare l'erba o sistemare la cantina. Vabbè, sono il solito elettrolaggard ancorato al passato, me ne farò una ragione.....
 
Mah..... non so. Secondo me, si cade sempre sul discorso del fare qualcosa durante la ricarica. Non è che tutti gli automobilisti hanno un lavoro per cui durante il tempo di attesa tirano fuori il laptop, si siedono al bar e si mettono a evadere mail o preparare il power point per la riunione del giorno dopo (e a dirla tutta, anch'io che un lavoro del genere ce l'ho non mi metto a farlo al bar...). Anzi, sono piuttosto convinto che la maggioranza degli utenti (e sto pensando in prospettiva a coloro che saranno costretti alla ricarica pubblica per i soliti motivi) quei tre quarti d'ora piuttosto che all'«isola» preferirebberlo impiegarlo a casa con la
famiglia piuttosto che a tagliare l'erba o sistemare la cantina. Vabbè,
sono il solito elettrolaggard ancorato al passato, me ne farò una
ragione.....

Slot Machine a Gogò?
 
Uno studio italiano dimostra che il PM10 emesso dagli pneumatici
è in molti casi superiore a quello del motore. In barba alla retorica che, sempre
e comunque, individua in modo semplicistico i nemici da combattere.

Fabrizio Pini, Phd in ingegneria
e consulente del Citera (il Centro
interdipartimentale territorio edilizia
restauro architettura della Sapienza),
è uno dei tre autori di "PM10 emissions
from tires: A disruptive estimate
questioning present pollution mitigation
strategies", il paper che ha dimostrato
come le gomme, sulle vetture più recenti,
producano più PM10 dei gas di scarico
dei motori termici.
Ingegnere, da dove è nata l'idea
per questo studio?
Sarà forse colpa del mio lavoro, ma sono
una persona che si pone domande
e non accetta acriticamente ciò che vede
o legge. Pensiamo ai blocchi stradali per
ridurre gli inquinanti: sono davvero utili?
Ecco, questa è una delle domande a cui
ho cercato di rispondere con lo studio.
Mi occupo d'inquinamento da più di
vent'anni e da uomo di scienza non posso
"bere" passivamente tutto ciò che viene
detto. L'inquinamento da PM10,
per esempio, è un fenomeno molto
complesso, che teoricamente cambia
istante per istante. Non richiede quindi
semplificazioni, ma studi complessi basati
sull'osservazione di molte variabili.
Quali strumenti avete impiegato?
Questo studio è frutto di due
metodologie. Da una parte abbiamo
raccolto i dati delle stazioni di rilevamento
fisse dell'Arpa, quelle che misurano
costantemente i livelli d'inquinamento
nelle nostre città, monitorando di
continuo inquinanti come ossidi di azoto,
biossido di zolfo, monossido di carbonio,
ozono, PM10, PM2.5 e benzene.
Per le gomme, invece, ci siamo basati
su una simulazione che ha incrociato
i dati di consumo del pneumatico in base
alle sue dimensioni e all'uso che se ne fa.
Quali obiettivi si prefigge con questa
ricerca?
La speranza è esporre le nostre
conclusioni al grande pubblico, mostrargli
i risultati e incentivare la discussione
pubblica sui veri dati relativi
all'inquinamento dei trasporti. La sfida
è far capire ai guidatori che le auto
devono essere piccole e poco potenti,
se vogliamo che inquinino meno.
Ora che il paper è pubblicato, quali
saranno i prossimi passi?
Adesso che abbiamo un'idea chiara
del PM10 emesso dai pneumatici,
penso che studieremo le altre
componenti responsabili
delle polveri sottili, analizzando
anche i freni e le frizioni.

PM10.jpg


Come in un dramma a puntate ricco di colpi di scena, i pneumatici sono soltanto uno degli antagonisti della salute pubblica. Accanto a essi ci sono i freni (le pastiglie rilasciano polveri nell'aria quando entrano in azione), la frizione (che inciderà sempre meno, vista l'attuale evoluzione del mercato verso i cambi automatici) e l'asfalto. Anch'esso emette PM10 e, come intuibile, i tanto vituperati (e scivolosi) sampietrini sono più virtuosi. Si deve quindi continuare a studiare (e a finanziare la ricerca), perché ci sono tanta retorica da sconfessare, tanti miti da sfatare e tante soluzioni da trovare. Una la propongono proprio gli autori dello studio. Può apparire bizzarra e, invece, è scientifica. Hanno provato che il lavaggio delle strade non solo le rende più sicure e pulite, ma aiuta «a ridurre ulteriormente l'accumulo e la risospensione dei prodotti dell'attrito». Come dire che, se vuoi l'aria pulita in alto, devi guardare in basso. Alle gomme, prima di tutto, ma anche al terreno.
 
Ultima modifica:
quella del lavaggio e' ormai cosa nota da decenni, ma nessuno si prende la briga di usare l'acqua per lavare le strade.
i verdi, probabilmente, sosterranno che sia uno spreco.
eppure, a milano, basta fare un foro per terra, per far zampillare l'acqua.
magari non e' potabile ma, per lavare le strade, sarebbe anche troppo buona.

solo che, immagino costi dei soldi.
meglio un divieto, e scaricare il costo su altri
 
quella del lavaggio e' ormai cosa nota da decenni, ma nessuno si prende la briga di usare l'acqua per lavare le strade.
i verdi, probabilmente, sosterranno che sia uno spreco.
eppure, a milano, basta fare un foro per terra, per far zampillare l'acqua.
magari non e' potabile ma, per lavare le strade, sarebbe anche troppo buona.

solo che, immagino costi dei soldi.
meglio un divieto, e scaricare il costo su altri

bentornato, mi mancavi :emoji_sweat_smile:
 
Vedi l'allegato 33980

Di Gian Luca Pellegrini.

Quella che vedete nella foto non è un'installazione artistica volta a evocare l'attrazione utopica che vede uomini e macchine uniti nella realizzazione del proprio precario destino. È (sarebbe) una stazione di ricarica Be Charge ad alta potenza sita nella ridente Olgiate Olona, in provincia di Varese, peraltro – in una sottile ironia che spero non sfuggirà a nessuno – esattamente alle spalle di un distributore di carburante. In mezzo al prato, su un piano rialzato di 20 centimetri rispetto alla strada, si ergono questi desolati e costosissimi monoliti ovviamente inattivi, visto che non c'è modo di raggiungerli (e non è affatto detto che sia stato fatto l'allaccio alla rete). Un inguaribile ottimista potrebbe pensare che si tratti di un classico lavoro fatto sì alla carlona, ma la cui sistemazione è imminente. No. Quelle colonnine sono lì – piantate in mezzo al verde – almeno dall'ottobre del 2022, come risulta evidente guardando Google Maps. Abbiamo chiesto spiegazioni all'azienda, che ha preferito non replicare. .
La colonnina doveva venir attivata ad Aprile 2024, ed è stata installata li per poi adeguare la zona parcheggi. Non di rado si nota prima l'installazione della colonnina e successivamente i lavori su marciapiedi ed allacci.
 
La colonnina doveva venir attivata ad Aprile 2024, ed è stata installata li per poi adeguare la zona parcheggi. Non di rado si nota prima l'installazione della colonnina e successivamente i lavori su marciapiedi ed allacci.

Quelle colonnine sono lì – piantate in mezzo al verde – almeno dall'ottobre del 2022, come risulta evidente guardando Google Maps. Abbiamo chiesto spiegazioni all'azienda, che ha preferito non replicare.

La frase sopra è estrapolata dall'articolo che hai citato, del gennaio 2024, quindi adesso è tutto a posto? Sarebbe una notizia.
 
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